FINMECCANICA - Le responsabilità di Monti: ecco perché il Prof sapeva. E non ha mosso un dito
Il numero uno di Finmeccanica Giuseppe Orsi è stato arrestato per un’incredibile storia di mazzette. Il sistema perverso impiantato nell’azienda, però, trova anche importanti (e pesanti) responsabilità politiche: dalla Lega al Pdl, dal Pd all’Udc.
Tutti sembrerebbero coinvolti, secondo le parole dei testimoni. Una
storia, dunque, di tangenti e nomine politiche impressionante. Né Mario Monti è avulso da responsabilità: la prova nell’esposto presentato alla Corte dei Conti nell’ottobre scorso da Antonio Di Pietro, di fronte al quale il Professore ha continuato a chiudere gli occhi e tapparsi la bocca. Il
motivo? In un’intercettazione del dicembre 2011 la prova dell’appoggio
tecnico (e di Corrado Passera in primis) a Giuseppe Orsi.
Le
indagini andavano avanti da mesi. Ieri è arrivata l’ordinanza
di custodia cautelare che
dipinge un quadro più che fosco sugli affari del gruppo pubblico
Finmeccanica
e
che ha portato all’arresto del suo presidente Giuseppe
Orsi.
Secondo i magistrati la “filosofia
aziendale”
delle tangenti sarebbe addirittura un “fattore
naturale”
degli affari dell’azienda. L’accusa nei confronti di Orsi è di
corruzione
internazionale, peculato e concussione
per le presunte mazzette (da 51 milioni di euro) che sarebbero state
pagate per la vendita di dodici elicotteri Agusta
Westland
al governo indiano, tanto che il gip della Procura di Busto Arsizio
ha disposto anche gli arresti domiciliari proprio per l’ad di
Augusta Westland, Bruno
Spagnolini,
con le stesse accuse.
Le
indagini, insomma, hanno sconquassato un sistema
deviato
i cui tratti erano diventati, se così vogliamo dire, una pratica
abituale.
Mazzette
come strumento necessario per fare affari.
Questa la politica di Finmeccanica. Il che, peraltro, è ancora più
grave se pensiamo che stiamo parlando della prima azienda pubblica
italiana, leader nel suo settore a livello mondiale. A questo punto
la domanda. Guardiamo la questione da un punto di vista politico. A
chi attribuire le responsabilità? Perché Orsi non è stato
allontanato da una posizione così autorevole nonostante la indagini
condotte prima a Napoli, poi a Busto Arsizio fossero note già da
tempo?
Perché si è dovuti arrivare addirittura all’arresto di Orsi? Da
un punto di vista strettamente politico, responsabilità sono
ascrivibili, come vedremo, praticamente a tutti: da
Maroni,
legato da anni a Orsi, a
Berlusconi, Casini e Bersani
(dei tre partiti parla abbondantemente il testimone ex Finmeccanica
Lorenzo
Borgogni),
fino a Monti,
della cui vicenda era stato informato da una mole
impressionante di interrogazioni parlamentari e,
addirittura, da un esposto
alla Corte dei Conti presentato lo scorso 31 ottobre da Antonio Di
Pietro.
IL
FALLIMENTO DELLA GESTIONE ORSI, TRA SVENDITE E CABLI WIKILEAKS –
Quello
che è riuscito a fare Giuseppe Orsi in meno di due anni (è
presidente e amministratore delegato di Finmeccanica dal maggio 2011)
è a tratti impressionante. Basti pensare a quanto emergerebbe da
alcuni cabli
di Wikileaks,
l’organizzazione di Julian
Assange,
sui rapporti milionari tra l’azienda italiana e il regime
siriano di Assad:
la Finmeccanica, attraverso la sua controllata Selex
Sistemi Integrati,
avrebbe venduto al governo di Damasco tecnologie
sofisticatissime tutte potenzialmente utili per fini bellici.
“Il
materiale
– ha detto in un comunicato Juliane Assange – è
compromettente per la Siria ma lo è anche per i suoi oppositori. Ci
aiuta a non criticare solamente un gruppo o l’altro, ma a
comprendere i loro interessi e pensieri. Solo se riusciremo a capire
questo conflitto possiamo sperare di risolverlo”.
Secondo un’inchiesta de L’Espresso
del 12
luglio, Finmeccanica avrebbe permesso alla Siria di entrare in
possesso sopratutto del sistema
di comunicazione Tetra,
venduto all’ente controllato dal governo siriano Syrian Wireless
Organisation per 40
milioni di euro.
Il sistema consiste in una rete di comunicazione senza fili, che
attraverso apparecchi fissi o mobili permette di inviare dati
multimediali a grande velocità. E soprattutto permette comunicazioni
criptate a prova di intercettazione e collega qualunque tipo di
veicolo, elicotteri inclusi.
Non solo. Tra le mail rese pubbliche spicca quella datata febbraio
2012
– quando dunque il dramma del paese, dove si stima vi siano stati
15mila e 800 morti in 16 mesi, era già diventato un caso mondiale –
in cui si preannuncia addirittura l’arrivo degli ingegneri
della Selex a Damasco,
per istruire all’uso della rete di comunicazione Tetra, una
tecnologia evidentemente pericolosa se affidata a mani sbagliate.
Senza
dimenticare, peraltro, l’incomprensibile
gestione economica impiantata da Orsi.
Basti pensare alla volontà di (s)vendere la controllata Ansaldo
Energie spa
al colosso tedesco della Siemens
per un’offerta che si aggirerebbe intorno a 1,3
miliardi di euro.
Come detto, una scelta incomprensibile, considerando l’attivo della
controllata, leader nel settore energetico. Secondo il bilancio 2010
(ultimo dato consolidato disponibile), infatti, la Ansaldo vanta
ricavi per 1,4
miliardi di euro
e oltre tremila
dipendenti.
Addirittura secondo diversi sindacati produrrebbe un indotto di quasi
diecimila
posti di lavoro per 700 milioni di euro.
Una società, dunque, sana e in forte crescita che, tuttavia, gli
organi dirigenziali vorrebbero vendere. A differenza, invece, di
Alenia
e
Selex,
le principali controllate in campo militare, in costante
indebitamento: basti pensare che soprattutto queste hanno comportato
una perdita
per le casse di mamma Finmeccanica pari a circa 2,5 miliardi di euro.
Come giustificare una tale politica economica? Difficile dirlo. Ma,
probabilmente, quanto sta affiorando in questi giorni potrebbe
servire a dare una risposta.
L’AMICIZIA
CON GOTTI TEDESCHI: “IL SISTEMA TI PROTEGGERÀ” – Il
fallimento della gestione Orsi, però, non è segnata solo da
svendite, cabli e storie di mazzette. Il suo nome, infatti, emerge
anche in un’altra inchiesta, in mano alla Procura di Roma, che vede
tra gli indagati l’ex numero uno dello Ior Ettore
Gotti Tedeschi
per violazione
delle norme antiriciclaggio in relazione alla movimentazione sospetta
di 23 milioni di euro.
Un’inchiesta, questa, che si intreccia fortemente con quella che ha
portato all’arresto di Giuseppe Orsi. Secondo gli inquirenti,
infatti, questi avrebbe affidato alla custodia del banchiere
documenti relativi a indagini giudiziarie e contratti
stipulati da Finmeccanica in India e in Panama,
tanto che gli uffici dell’ex numero uno dello Ior sono stati anche
perquisiti. Eloquenti le parole che i due si scambiano in un
ristorante (registrate da una microspia). È il 23 maggio, soltanto
il giorno dopo Orsi saprà di essere indagato per la mazzetta da 51
milioni di euro per l’appalto sugli elicotteri. “Il
sistema è in tuo favore e ti difenderà”,
lo rassicura l’ex banchiere del Vaticano. E ancora, sempre rivolto
a Orsi: “Tu
sei l’unico che può restare lì”.
L’UOMO
DELLA LEGA NORD E QUELLA MAZZETTA DA DIECI MILIONI – A
questo punto la domanda: cosa
vuol dire “sistema”? E perché lo “proteggerà”?
Difficile dirlo. Quello che è certo, però, è che a
Orsi non mancava l’appoggio politico.
A cominciare dalla Lega
Nord.
A leggere bene le carte, infatti, è evidente che una
“padanizzazione”
di Finmeccanica sia in atto non da ora, bensì da anni. E nessuno –
tranne i diretti interessati – se n’è mai accorto. Basti
pensare, ad esempio, ad Alenia
Aeronautica,
la cui sede strategica è stata trasferita da Pomigliano
d’Arco
(Napoli) a Venegono
(Varese) dove poi si è fusa con la AerMacchi,
in cui lavora come dirigente – guarda un po’ – la moglie
di Roberto Maroni.
E, in cambio, la Lega Nord – sempre stando alla ricostruzione dei
pm e del supertestimone, l’ex responsabile delle pubbliche
relazioni del gruppo Finmeccanica Lorenzo Borgogni – avrebbe
permesso a Orsi un’impressionante
scalata:
prima amministratore delegato di Agusta Westland, la controllata di
Finmeccanica implicata nel giro di tangenti, poi ad di Finmeccanica,
infine presidente.
D’altronde
basti pensare che, secondo quanto denunciato ancora da Borgogni, la
tangente milionaria che è costata il carcere preventivo a Orsi,
sarebbe servita anche per finanziare il partito di Maroni: sarebbero
stati infatti dieci
i milioni che il Presidente di Finmeccanica avrebbe destinato
“per
soddisfare le esigenze dei partiti e in particolare della Lega Nord”.
Ci sono, peraltro, diverse intercettazioni che attestano la vicinanza
tra Maroni e Orsi. È il primo
dicembre 2011
quando l’uomo Finmeccanica confessa all’ex ministro degli
Interni: “io
dico sempre comunque se non c’è Roberto Maroni a fare l’ultimo
miglio, col cavolo che io qua c’ero, penso fanno tutti i bravi”.
Senza dimenticare, infine, le nomine
ad partitum.
Nel corso dei diversi interrogatori a cui è stato sottoposto
Borgogni, è venuto fuori che solo “formalmente”
i componenti del cda di Finmeccanica provengono dal ministero del
Tesoro, essendo in realtà, “il
prodotto di una mediazione politica all’interno delle componenti
della maggioranza di governo”.
L’ex responsabile delle pubbliche relazioni, infatti, ha parlato
proprio di diversi uomini della Lega: da Dario
Galli
(nel cda) a Giancarlo
Giorgetti,
“presidente
della commissione Bilancio della Camera ma soprattutto referente per
la Lega in materia di nomine”.
TUTTI
I PARTITI COINVOLTI. GLI UOMINI PDL – Il
sistema deviato ormai intrinseco a Finmeccanica, d’altronde, non
nasce oggi:
secondo diverse indagini e stando alle rivelazioni di tanti
testimoni, l’azienda avrebbe instaurato già da tempo un insano (e
corrotto) rapporto con le forze politiche. Accanto alle parole di
Borgogni, infatti, spiccano anche quelle di Lorenzo
Cola,
ex superconsulente Finmeccanica, il quale tempo fa aveva dichiarato:
“sul
piano sostanziale la nomina era il frutto di una precisa
ripartizione politica.
In concreto, nella prima fase, ossia tra il 2001 e il 2002, vi era un
cosiddetto tavolo delle nomine o laboratorio all’interno della
maggioranza, composto da Brancher,
Cesa,
Gasparri
o La
Russa
e un
uomo della Lega”.
Insomma, precise nomine politiche che toccano praticamente tutti:
erano emersi i nomi di Piergiorgio
Alberti,
espressione dell’ex ministro dello Sviluppo Economico Claudio
Scajola;
Nicola
Squillace
referente dell’ex ministro della Difesa Ignazio
La Russa.
Non solo. In ballo anche i nomi di due ex ministri, Giulio
Tremonti
e Altero
Matteoli.
”Martini
(Luigi,
presidente Enav, ndr) – ha affermato tempo fa Cola - è
espressione anche di Matteoli, a sua volta molto vicino a
Optimatica”.
Per quanto riguarda l’ex ministro dell’Economia, invece, il
referente della holding sarebbe stato Marco
Milanese,
braccio destro di Tremonti.
GLI
UOMINI UDC - E
poi l’Udc. Secondo l’accusa Franco
Bonferroni,
membro del cda di Finmeccanica e rappresentante (sebbene non sia
tesserato) dell’Udc, avrebbe ricevuto una tangente
di 300 mila euro.
Non a caso Bonferroni è iscritto nel registro degli indagati per
finanziamento
illecito al partito centrista,
il quale sarebbe stato previsto da Cola (come lui stesso ha
dichiarato) e fatto arrivare tramite Lorenzo
Borgogni
a Bonferroni. Nell’interrogatorio del 9 dicembre 2010, infatti,
Cola dichiara ai pm di Roma di aver consegnato “agli
inizi del 2008”
300 mila euro in contanti “all’on.
Bonferroni”,
spiegando che “per
noi del gruppo Bonferroni era espressione dell’Udc”,
“un
riferimento politico preciso”.
Nelle carte, peraltro, si parla anche di un’altra tangente: 200
mila euro consegnati da Tommaso Di Lernia
(un imprenditore in affari con la consociata di Finmeccanica, Enav)
direttamente al
tesoriere Giuseppe Naro:
“Pugliesi
(Guido, amministratore delegato Enav, ndr) – ha detto lo stesso Di
Lernia durante un interrogatorio - mi
disse che erano destinati a Casini. Vennero consegnati al tesoriere
dell’Udc perché erano assenti sia Cesa
(Lorenzo Cesa, segretario del partito, ndr) che
Casini, impegnati in un’operazione di voto, secondo quanto disse il
tesoriere”.
GLI
UOMINI PD -
Infine il Pd. Nel corso delle varie inchieste e dei vari filoni
d’indagini spuntano, qua e là, anche alcuni nomi
importanti del Partito Democratico.
Stando a quanto riferito sempre da Borgogni, infatti, diverse
sarebbero state anche le assunzioni
avvenute su raccomandazione politica.
Tra queste l’ex Finmeccanica parla anche di quella del figlio di
Nicola
Latorre,
uomo di punta del Pd. Il figlio sarebbe stato contrattualizzato “per
assicurarsi buoni rapporti con il Pd”.
Altro nome interessante è quello di Marco
Follini,
oggi responsabile comunicazione dei democratici. A citarlo è ancora
l’imprenditore Tommaso
Di Lernia,
anche se in riferimento al periodo in cui era vicepresidente del
Consiglio e militava con l’Udc. Follini – è bene precisare –
ha immediatamente smentito e querelato Di Lernia.
ORSI,
MARONI E PASSERA: LA PROVA DELL’APPOGGIO TECNICO ALL’UOMO
FINMECCANICA -
Pd, Pdl, Udc. Quasi tutti – stando sempre alle rivelazioni dei
supertestimoni – sarebbero coinvolti. E
il professor Mario Monti?
Non sono pochi i motivi per cui pensare che Orsi abbia cercato di
trovare anche un appoggio
per così dire tecnico.
Il 21
dicembre
Orsi chiama (ancora) Roberto Maroni e parlano dell’appoggio
ottenuto nel nuovo Governo Monti. Dice l’ex ministro leghista:
“Come
va .. Infatti. Io
avevo parlato con Passera per altre cose e lui mi ha detto che era
stato lui a insistere non solo per la tua riconferma
ma anche per l’estensione a .. poi non so se è vero o no”.
Queste parole sono determinanti: Maroni
avrebbe cercato (e ottenuto) il placet
del governo tecnico
affinchè Orsi restasse nella sua posizione di comando, parlando
direttamente con Corrado
Passera.
Ma non era questo, per gli uomini della Lega, il governo
dei banchieri
con cui non si poteva trattare? Si vede, allora, che in alcuni casi
si può.
MARIO
MONTI SAPEVA. MA NON HA MOSSO UN DITO –
La questione, però, non finisce certamente qui. È
impossibile, infatti, pensare che Mario Monti non sapesse.
Bastava d’altronde leggere i giornali per capire la gravità della
questione. Eppure il bocconiano ha preferito, nei mesi del suo
mandato, tacere. Ha taciuto, peraltro, anche di fronte l’imponente
mole di interrogazioni parlamentari presentate.
Soltanto negli ultimi mesi, l’Italia
dei Valori,
uno dei pochi partiti non coinvolti (perlomeno politicamente) nello
scandalo Finmeccanica, ha presentato ben 24
interrogazioni
nelle quali, oltre a ricostruire il perverso sistema impiantato da
Orsi, si chiedevano a più riprese “le
immediate dimissioni del presidente e amministratore delegato
Giuseppe Orsi”
palesando la necessità di “rinnovare
radicalmente il management dell’impresa e delle sue controllate”.
Ma niente da fare. Monti
ha fatto orecchie da mercante.
Così come le ha fatte dinanzi all’esposto,
presentato ancora da Antonio
Di Pietro
lo scorso 31 ottobre, alla Corte
dei Conti.
Niente
da fare. I mesi sono passati nel silenzio generale di maggioranza
(Pd, Pdl e Udc) e di governo tecnico. Ed oggi siamo arrivati
all’arresto di Orsi. L’unica nota positiva per tutti questi
soggetti politici coinvolti è che, se il numero uno di Finmeccanica
dovesse votare, non c’è dubbio che il suo voto ricadrà su uno di
loro.
Un
elettore in più, dunque. Ma, forse, tanti in meno.
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