lunedì 11 febbraio 2013

Quando toccherà a noi?

I greci senza soldi per il riscaldamento. «Moriamo di freddo, costretti a bruciare vecchie sedie»




I greci non hanno più soldi neanche per pagare il riscaldamento elettrico o a gas delle case, per questo hanno ripreso a usare la legna, bruciando vecchie sedie o recandosi fuori dalle città, nei boschi, ad abbattere gli alberi. La crisi si fa sempre più pesante in Grecia, i disoccupati sono saliti al 26,8 per cento, e a causa dell’ultima trovata del governo per rastrellare soldi, eliminare l’agevolazione sul combustibile per il riscaldamento, ora i greci non possono neanche più scaldarsi. «C’è una barzelletta che si racconta da noi e che fa capire la gravità della situazione» spiega a tempi.it Dimitri Deliolanes, corrispondente in Italia della radio TV pubblica greca ERT. «Negli anni 60 si rimorchiava semplicemente dicendo “Vieni, che ho la macchina”. Ora basta dire: “Vieni a casa, che c’ho il riscaldamento”».

Secondo il New York Times, grazie alla nuova tassa lo Stato ci ha addirittura rimesso perché nell’ultimo trimestre del 2012 la vendita di petrolio per il riscaldamento è scesa del 70 per cento, una perdita di circa 190 milioni di dollari.
Diciamo che lo Stato guadagna esattamente quello che guadagnava prima. Il consumo è diminuito drasticamente, ma essendo aumentata la tassa, lo Stato ricava lo stesso. Con la differenza però che la gente muore di freddo.

Nessun vantaggio dunque?
No.

È vero che in Grecia la gente è tornata al riscaldamento a legna?
Sì, perché costa di meno. Ma bruciare legna ha due effetti negativi: il primo è che bruciando la legna che ognuno si trova in casa, come vecchie sedie, è aumentato l’inquinamento atmosferico. Già Atene era la capitale più inquinata d’Europa, oggi per la città c’è una puzza di vernice bruciata insopportabile. Il governo ha anche rilasciato dei comunicati chiedendo ai cittadini di bruciare solo legna acquistata.

Il secondo effetto negativo?
Siccome la gente non ha più soldi, va in giro o a raccogliere legnetti per strada oppure va nei parchi e nelle foreste ad abbattere alberi per caricarseli in macchina. E questo è un disastro ecologico.

Se lo Stato non ci guadagna, perché il governo non toglie la tassa?
Il ministro delle Finanze, durante un’interrogazione parlamentare su questo tema, ha affermato che ci sono nuovi introiti per lo Stato. Peccato che nessuno sappia in base a quali elementi abbia fatto queste affermazioni. Io ho un sospetto.

Quale?
Il governo è stato obbligato a mettere questa tassa dalla Troika (Ue-Bce-Fmi), si è accorto che non porta vantaggi ma non ha il coraggio di dire alla popolazione che non può toglierla.

Qual è lo stato dei rapporti tra Grecia e Troika?
La situazione è semplice: il Fondo monetario internazionale ha pubblicamente ammesso che nel caso della Grecia la previsione sugli effetti recessivi delle misure di austerità è stata completamente sbagliata. hanno riconosciuto di avere sbagliato, insomma. Bene, a questa affermazione che fa anche onore al Fmi, non è seguito nessun cambio di rotta, nessun ammorbidimento delle misure di austerità. E in Grecia il governo non ha assunto di conseguenza un atteggiamento più rivendicativo perché venga corretto l’errore.

Dunque, nessuna speranza per un ritorno alla crescita?
Alla fine del mese la Troika tornerà in Grecia per verificare quello che è stato fatto. Ora siamo nella fase delle privatizzazioni, che vengono fatte a prezzi di saldo, perché le grandi imprese e gli asset dello Stato in un momento di crisi come questo vengono svenduti fino a un terzo del prezzo reale. Io non so che tipo di sviluppo si potrà ottenere in questo modo.

L’obiettivo non è fare cassa?
Esatto, ma siccome l’unico obiettivo è tranquillizzare i creditori tutto viene fatto in maniera raffazzonata. Questa non è una logica sana, il governo dovrebbe, senza arrivare a rotture, fare valere le proprie ragioni. Bisogna anche considerare l’interesse dei greci.

E qual è?
Facciamo un esempio. La Troika ragiona così: se si privatizza, arriveranno in Grecia investitori esteri che porteranno sviluppo. Questo ragionamento è molto semplicistico. Un progetto di sviluppo, tra virgolette, importante è quello della litoranea che va da Atene a Capo Sounion. Un posto molto bello, dove lo Stato possiede spiagge, alberghi, eccetera. Molte società sono interessate a comprare per costruire casinò. Ora, molti greci sono perplessi: che sviluppo portano i casinò? Io non sono economista ma la domanda è lecita: queste aziende poi straniere reinvestono i loro profitti nel nostro paese? Non ci sono rassicurazioni.

La Grecia non ha più certezze?
Sì qualcuna ne abbiamo. Che per ascoltare i soloni della finanza, ci dimentichiamo dell’economia reale. Quei pochi settori che funzionano, come quello dell’olio e del vino, cher hanno mercato e possono esportare, non vengono avvantaggiati. Anzi: proprio in questi giorni i contadini sono in strada perché sono state tagliate le convenzioni per il carburante dei trattori, che anche l’Italia ha. Di conseguenza, produrre diventa non conveniente. Ma come si fa a crescere seguendo un piano così meccanicistico e cieco davanti alla realtà?

Da greco, come giudica la campagna elettorale italiana?
Molto interessante. L’opinione pubblica greca guarda con grande interesse al dibattito italiano perché qui si vede questa spaccatura tra economia reale e finanza. È evidente. Qui infatti, oltre ai sindacati che vogliono più lavoro, anche Confindustria protesta per avere più incentivi all’economia reale. Perché loro producono, esportano, lo sanno di che cosa hanno bisogno.

Però non si può chiudere gli occhi davanti a debiti pubblici enormi come quelli di Grecia e Italia.
Certo, e infatti è giusto perseguire il risanamento, perché abbiamo capito che non possiamo più andare avanti come prima. Ma non c’è solo il debito.

I greci hanno preferenze sull’esito delle elezioni in Italia?
No, ma sperano che chiunque vinca possa portare l’Italia, che ha ovviamente un peso maggiore rispetto alla Grecia nell’UE, a contenere la dittatura finanziaria sostenuta dalla Germania, perché altrimenti avremo solo l’Europa della povertà e della disoccupazione. E anche la Germania finirà per rimetterci.

In Grecia si parla ancora di uscire dall’Europa?
No, per fortuna. E neanche in Europa si parla più di espellere la Grecia. Né l’Eurozona né l’UE potrebbe reggere all’impatto psicologico e politico, non dico di una espulsione della Grecia, che è una stupidaggine, ma di una defezione volontaria del nostro paese. Non sarebbe ammissibile.

Mesi fa si parlava della Grecia che potrebbe gettarsi tra le braccia della Russia. Scenario plausibile?
Nel caso di Cipro è già realtà. Quel paese ha preso due miliardi e mezzo dalla Russia e ha concordato tempi di restituzione molto favorevoli. La Russia è disponibile ad aiutare la Grecia, ma noi siamo un paese Nato, per cui ci sono difficoltà politiche, anche se neanche il centrodestra sarebbe sfavorevole a bussare ad altre porte. Il punto è questo: l’Europa vuole questo dalla Grecia? Vuole una frontiere a Est così instabile? Ci sono preoccupazioni anche geopolitiche a cui bisognerebbe fare attenzione. I signori della finanza europei dovrebbero stare molto attenti.

Il problema economico della Grecia riflette un problema europeo più generale?
Ma certo. Guardiamo a come l’Europa si è comportata con l’Italia durante la crisi in Libia: vi ha lasciato soli a gestire l’immigrazione. Così noi siamo soli sul fronte turco, perché il 67 per cento degli immigrati clandestini entrano in Europa dalla Grecia e molti restano qui. La situazione è insostenibile ma non possiamo stupirci se poi qui nasce un partito di ispirazione esplicita nazista. Tutta Europa poi si lamenta, ma chiediamoci perché questo è stato possibile. Non esiste solo il deficit e chi comanda in Germania dovrebbe far capire ai contribuenti tedeschi che l’Europa non può dipendere da ciò che fa piacere a loro. Altrimenti, la Russia potrebbe davvero diventare una via d’uscita per la Grecia.
(Fonte)
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