martedì 19 febbraio 2013

SARANNO ELEZIONI DA CANI

La più brutta campagna elettorale che l’Italia ricordi, nella consapevolezza che si tornerà al voto


Tra insulti, allusioni sessuali e cani sulle ginocchia, non c’è più spazio per parlare di programmi e intenti (quelli seri). La campagna elettorale più triste che l’Italia repubblicana ricordi sta (per fortuna?) volgendo al termine. Con un’unica certezza: i maggiori leader (Grillo, Berlusconi, Bersani e Monti), guidati solo dai loro sondaggi (pubblici e privati) che ne indirizzano la linea politica (a cui probabilmente non credono più nemmeno loro), lanciano numeri manco fossero giocatori di Lotto. E il risultato è che tra un anno o poco più si tornerà al voto. Speriamo con altri protagonisti sulla scena.


 

Non c’è che dire: la campagna elettorale che stiamo vivendo (la più brutta che l’Italia ricordi. E se lo dice un autorevole storico come Guido Crainz c’è da credergli) si è dimostrata essere ancora una volta berlusconiana. Probabilmente, la più berlusconiana degli ultimi venti anni. Facili insulti, battute degne del migliore Bagaglino, comici-politici che snobbano sovieticamente interviste (come sottolinea a giusta ragione Stefano Feltri, “i giornalisti saranno pure servi di un sistema da abbattere, ma sono pure lavoratori dipendenti che meritano un minimo di rispetto”), cani sulle ginocchia e zero programmi.

È soprattutto il peso dei sondaggi ad influenzare la linea politica di tutti i maggiori candidati per Palazzo Chigi. Ed è proprio questa una delle intuizioni più pragmaticamente efficaci di Silvio Berlusconi, oggi emulata un po’ da tutti. Basti pensare alla telenovela - degna delle migliori soap – messa in scena (e il termine non è affatto casuale) da Pier Luigi Bersani, Nichi Vendola e Mario Monti: mi alleo con te, no con te no, forse sì, stiamo a vedere. Aperture, chiusure, porte socchiuse. Un caos intellettuale-politico che nemmeno Freud sarebbe riuscito a comprendere. Il motivo è presto detto: opportunismo politico. Nient’altro.

Dopo settimane e settimane in cui tanto il professore quanto il segretario avevano parlato chiaro ai propri elettori dichiarando che mai si sarebbero alleati, d’improvviso – influenzati appunto dai sondaggi – si sono dichiarati amore eterno. Con buona pace del povero Nichi Vendola. Anche se c’è da dire che il leader di Sel avrebbe dovuto immaginare da tempo che il Pd, per governare, non avrebbe potuto far altro che scendere a compromessi con il polo centrista.  Delle due, dunque, una: o Nichi non si è reso conto di nulla, di quanto sia successo nell’ultimo anno di governo tecnico in cui l’alleato Pd ha sempre votato a favore delle misure montiane; oppure sa bene da tempo che alternativa ad un’alleanza col centro non c’è. Né ci sarà, visto il funzionamento distorto della legge elettorale. Insomma, alla fine per governare molto probabilmente Vendola dovrà rinunciare alle sue pretese, soprattutto in ambito di diritti civili.

Che i sondaggi abbiano influenzato un po’ tutti, d’altronde, è evidente anche analizzando il repentino e radicale cambio di registro del professore bocconiano prestato (o, ormai, venduto a titolo definitivo?) alla politica. Prima sottile tanto con Berlusconi quanto con Bersani (reo di essere giunto a patti con Vendola); ora cattivo (politicamente parlando) con il Cavaliere e decisamente più aperto nei confronti dei democratici, segno che un’alleanza si può e s’ha da fare.

 Sono ancora i numeri ad essere il parametro numero uno per la condotta politica anche degli altri due importanti sfidanti, Silvio Berlusconi e Beppe Grillo. Il primo, svegliandosi anche lui dal letargo e probabilmente su spinta dei suoi intuitivi spin doctor, ha cominciato a scagliarsi proprio contro il movimento del comico-politico-blogger (e chi più ne ha, più ne metta), reo di aver rubato voti proprio al suo partito. E allora ecco le strampalate accuse secondo cui il M5S sarebbe un covo di estrema sinistra, di gente dei centri sociali stregati dal “baraccone” (così l’ha definito proprio oggi) Grillo. Tutto per spaventare quell’elettorato non certo di sinistra che fino a poco tempo fa avrebbe votato per lui, nella speranza di farlo rinsavire.
 
Infine, lo stesso Grillo. Certamente il comico ha un grosso merito, quello di aver riempito le piazze in tutta Italia riportando la politica alla sua dignità (si badi: solo e soltanto in questo). Prescindendo da tale aspetto, anche la sua pare essere una campagna elettorale giocata e studiata in funzione di quello che dicono i sondaggi. Basti pensare all’ultima trovata di lanciare una sua apparizione in Tv (nella speranza di crescere con i consensi), per poi rimangiarsela il giorno stesso della trasmissione con un misero tweet (nella certezza che una sua intervista avrebbe tolto voti al movimento piuttosto che farglieli acquisire). Come leggere, d’altronde, il suo dietrofront se non nell’ottica di una paura di fare qualche figuraccia dannosa per gli attivisti candidati a Camera e Senato? Senza dimenticare, poi, l’assurdo quando il comico (o ex comico, che dir si voglia) ha lanciato fantomatici sondaggi europei che darebbero il suo movimento addirittura al 42 per cento.
Insomma, questa campagna elettorale è proseguita (e proseguirà in questi ultimi giorni) a suon di numeri campati in aria, barzellette, accuse facili e cagnolini. Con l’unica certezza che, visto il malfunzionamento del sistema elettorale, tra poco più di un anno (ad essere ottimisti) si tornerà al voto.

Guardiamo per esempio il sondaggio Demos pubblicato da Repubblica l’8 febbraio, prima del silenziatore imposto ai rilevamenti elettorali dalla legge: Pd sotto il 30 per cento, Pdl al 20,4, Monti e Grillo al 16, Maroni al 5, Ingroia al di sopra del 5, Vendola al 3,7. Senza contare la lista di Giannino, che soprattutto al Nord viaggia a gonfie vele. Risultato: il caos. Tutti contro tutti, una torre di Babele. Parlamento ingovernabile, dunque.

Non se ne avrà coscienza da subito, ovviamente. Troppi incarichi da spartirsi tra Presidenza della Repubblica, quelle di Camera e Senato; e poi tutti i ministeri, sottoministeri e presidenze di commissioni. “Il mal di pancia, però, guasterà la digestione”, come afferma a giusta ragione il costituzionalista Michele Ainis.  

Quanto reggerà l’asse tra Bersani e Vendola, soprattutto in vista di un’alleanza con Monti? Quanto quello Berlusconi-Monti? Quanto tempo impiegheranno gli attivisti Cinque Stelle per sfaldarsi alle prese con problemi reali, cosa ben diversa della critica populista via web? Insomma, troppi partiti, troppi movimenti, ognuno con i propri interessi.
Troppi buchi neri, insomma. E lo sanno bene i partecipanti alla partita politica: questa legislatura non avrà vita lunga. Si tornerà alle urne. E, forse, non è poi così un peccato, vista la squallida campagna elettorale senza temi a cui stiamo assistendo.
(Di Carmine Gazzanni - Fonte)
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