martedì 22 gennaio 2013

La valutazione delle politiche pubbliche

Il dibattito parlamentare è usualmente dominato da appartenenze ideologiche, da visioni e interessi di parte. l'idea di valutare le politiche pubbliche (economiche, sociali, industriali...) è nota ma pochissimo praticata in italia. qualunque visione si abbia del futuro italiano è necessario puntare all'efficacia delle politiche approvate in parlamento con una seria valutazione.

 

Quale tema più “politico” di questo: come si valutano le politiche pubbliche? Fra un po’ avremo un nuovo Parlamento che, come tutti i precedenti, deciderà quali tasse mettere e togliere, quali provvedimenti varare per il rilancio dell’economia, quali interventi sociali a favore delle fasce più povere, come riorganizzare la sanità, quale ponte costruire (oppure no) sullo Stretto… Su ciascuno di questi impegnativi provvedimenti, destinati a incidere pesantemente sulla vita dei cittadini, sulle sorti del Paese, si consumerà l’aspro dibattito fra maggioranza e opposizione nei salotti di Porta a Porta, di Ballarò e occasionalmente nelle aule parlamentari, più o meno in questo stile dialettico:
- Abbiamo ragione noi perché [bla bla bla]!
- No, voi avete torto perché [bla bla bla]!
- Tu menti, perché la verità è [bla bla bla]!
- Io ti querelo se mi dai del mentitore, sai benissimo che la verità è [bla bla bla].
Dopo tale approfondita discussione chi ha la maggioranza ottiene di fare – o di non  fare – l’intervento in questione, la legge proposta.
Tutti noi cittadini-elettori-telespettatori cerchiamo di capirci qualche cosa ma, come ho spiegato in un post precedente (Più vi informate e meno capite?) ciò è impossibile per svariati motivi, o quantomeno assaissimamente difficile, e ciascuno finisce col dare ragione al leader, al partito, di cui è già sostenitore.


Eppure non sarebbe difficile utilizzare meno pancia e più testa: prendiamo il caso eclatante del ponte sullo Stretto di Messina. Naturalmente sono state realizzate valutazioni di impatto ambientali, perché obbligatorie. Queste valutazioni – se ben fatte – indicano le conseguenze sull’ambiente di opere di questo genere: si possono verificare frane? Le maree subiranno conseguenze? Quale impatto per la fauna marina? Cose di questo genere, assolutamente fondamentali.
Quello che potrebbe mancare è una valutazione di carattere sociale ed economico. Per esempio: quali effettivi risparmi economici si realizzeranno, grazie alla velocizzazione del trasporto su gomma fra le due sponde, nei primi cinque anni? E nei successivi cinquanta? Quali conseguenze sulle abitudini di trasporto? Si utilizzerà meno il treno? Con quali costi? Con quali conseguenze sull’inquinamento? Tali costi saranno recuperati grazie a un maggior flusso turistico? Grazie a un’ottimizzazione del trasporto merci? L’aeroporto di Catania avrà un incremento di passeggeri grazie alla migliore raggiungibilità dalla Calabria? I cittadini di Messina subiranno maggiori disagi per l’aumentato flusso di automobili?

Studi di questo genere sono complessi, difficili e ovviamente hanno un carattere ipotetico. Per quanto accurati non possono stabilire con certezza che un dato ammortamento di capitali avverrà sicuramente entro tot anni, o che lo sviluppo del turismo sull’isola aumenterà il PIL regionale di tot punti percentuali e così via. Ma danno, con ragionevole probabilità, l’idea chiara se il ponte sullo Stretto sia una sciocchezza colossale, diseconomica, sotto-utilizzata, con effetti secondari perversi, oppure una benedizione da realizzare prima possibile perché portatrice di sviluppo.
Ma la valutazione delle politiche pubbliche (e dei programmi di intervento, delle organizzazioni…) non si può fare solo prima di approvare progetti che costano vagonate di miliardi, ma ha un ruolo fondamentale anche in seguito al loro varo, come strumento di “rendicontazione” nel significato non meramente contabile ma etico, prettamente politico del “rendere conto” (dall’inglese to account), assumersi una responsabilità di fronte ai cittadini: abbiamo approvato la tale legge, il tale provvedimento, e adesso, a distanza di qualche anno, verifichiamo che benefici ha prodotto.

La valutazione per rendere conto delle proprie azioni politiche. Questo tipo di valutazione ex post è moltissimo diffusa nel contesto delle politiche europee, ma malgrado l’Europa da decenni l’imponga ai Paesi membri non sembra avere attecchito, in Italia, come strumento di analisi delle politiche, di migliore riprogrammazione per le politiche future. L’amministrazione pubblica non ama i tecnici e gli analisti che chiedono dati per valutare l’efficacia e l’efficienza dell’apparato pubblico; men che meno gli amministratori e i politici che vedono nella valutazione un limite al proprio buon (?) senso e alla loro libertà di manovra (sovente più ideologica che suggerita da motivazioni di merito), anziché coglierne l’utilità per un migliore servizio ai cittadini, una migliore allocazione delle scarse risorse pubbliche, un motivo di vanto e trasparenza. A ben guardare neppure i dipendenti pubblici amano l’idea di essere valutati, anche perché, bisogna pur dirlo, col termine “valutazione” girano da anni macchinose, inefficaci, a volte punitive strumentazioni di valutazione del personale (delle loro performance, delle loro capacità individuali) che ovviamente sono cosa totalmente diversa dalla valutazione delle politiche e dei programmi.

Per una ragione o per un’altra la valutazione in Italia si fa poco; si fa male; si fa quando obbligati, come adempimento burocratico indubbiamente da non utilizzare, e da Paese d’avanguardia siamo diventati, anche in questo caso, Paese Cenerentola. Già, perché l’Italia è stato uno dei primissimi Paesi al mondo, dopo quelli anglosassoni, a dotarsi di una Associazione Italiana di Valutazione nel 1997, che pubblica l’unica rivista al mondo, non in lingua inglese, su questi temi (la Rassegna Italiana di Valutazione), fa convegni e congressi e così via. Ma, come avete capito, di buona valutazione, fatta col preciso scopo di migliorare le politiche pubbliche, se ne fa davvero pochina.
Meglio, molto meglio, una comparsata a Porta a Porta.
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