lunedì 28 gennaio 2013

Pensate che i polici ci raccontino le bugie? ... quando mai!


Si avvicinano di gran carriera le elezioni politiche di febbraio e c'è un gran movimento nei partiti per mettersi in mostra e per non perdere l'ambita poltrona (e gli interessi personali). Tutti i candidati in campo cercano di convincere, il sonnolento e tartassato popolo italiano, delle loro nuove strepitose novità senza neanche immaginare che la stragrande maggioranza degli italiani è impegnato nella ricerca di cibo e di un lavoro che non trova più. La propaganda viene fatta via "etere", carta stampata e, udite udite, anche attraverso social networks, novità (per loro).
Quanto sono credibili cotanto onorevoli? personaggi che preannunciano le solite sfavillanti idee per invece lasciare tutto come o peggio di prima?
Ogni giorno sentiamo vagonate di finte promesse che propinano ai loro succubi “padroni” (il popolo sovrano). Ma non vi preoccupate, tutto finirà, come bolle di sapone, in niente dopo che saranno stati eletti e il gregge continuerà, come sempre, a beeeeeeelare.
State accorti alla posizione dove, ormai per abitudine, metterete la vostra "X".




Qualche piccolo esempio di bugia politica

Maroni: mai più con Berlusconi. L’intesa col Pdl è storia
PROMESSA: NON MANTENUTA. La coerenza non è una delle doti più apprezzate in politica. Lo dimostra la relazione burrascosa tra il Pdl e la Lega nord, prima alleati poi nemici giurati e, infine, dal 7 gennaio scorso di nuovo d’amore e d’accordo. La decisione finale per le prossime Politiche è dunque nel segno del passato. L’intesa con gli ex alleati che sembrava impossibile è stata confermata. L’accordo è stato firmato dall’ex premier e da Roberto Maroni che sarà il candidato governatore in Lombardia. Con un colpo di spugna sono state così cancellate tutte le dichiarazioni della nomenklatura padana che, dalla scorsa estate, pareva avesse chiuso definitivamente la porta in faccia a Berlusconi. Una telenovela che dura da ben vent’anni quella tra il Pdl e la Lega, fatta di tradimenti, proclami, finti allontanamenti e vere riappacificazioni. Tant’è che è bastato poco a far cambiare idea al capo dei “barbari sognanti”: all'ultimo minuto la paura di perdere le elezioni, dall’una e dall’altra parte, ha spazzato via un anno di proclami. Lo stesso Berlusconi fino a due mesi fa assicurava che “non avrebbe dato la Lombardia alla Lega, se non ci fosse stato un accordo a livello nazionale”. Il nuovo patto di Arcore adesso poggia su due solide basi: la promessa del leader del Pdl di essere “capo della coalizione” ma senza candidarsi a presidente del consiglio in caso di vittoria (cosa questa tutta da vedere dopo le elezioni, ndr) e che dopo la vittoria in Lombardia prenda corpo, con il Piemonte di Cota e il Veneto di Zaia, la “macroregione del Nord”, una cosuccia che richiederebbe qualche passaggio costituzionale piuttosto delicato e controverso. Terzo, che “tre quarti delle tasse restino sul territorio lombardo”. Una promessa di sicuro effetto, ma già smontata da un insospettabile, l’ex ministro Pdl Paolo Romani. Che, a quanto riporta il Corriere della Sera, afferma: “Non è così difficile da realizzare”, visto che “su 150 miliardi dati allo Stato, la Lombardia ne riceve 107”. Cioè il 71,3%.

Monti: Fisco, saremo duri coi forti e comprensivi coi deboli
PROMESSA: NON MANTENUTA. Il 2012 è stato l'annus horribilis delle tasse. Gli italiani hanno archiviato dodici mesi di salassi fiscali senza precedenti. Il governo Monti ha mostrato di colpire in maniera indiscriminata un po' tutti ma è sopratutto sulle famiglie che grava la tegola tributaria maggiore.
I tecnici a più riprese hanno promesso equità ma all'atto pratico azioni specifiche non se ne sono viste. Proprio oggi scade il termine per pagare l'Imu sulla prima casa, imposta che gli italiani per un paio d'anni avevano smesso di pagare. È un po' il simbolo dell'anno fiscale che sta per finire: non solo più imposte, ma anche le vecchie decedute che resuscitano.
Sul fronte lotta all'evasione il governo ha mostrato spesso il pugno duro ma al di là di un certo accanimento sui piccoli esercizi commerciali non si hanno notizie di importanti somme recuperate e reinvestite sulle fasce più deboli.
Anche le continue proteste a Roma di molte categorie hanno finora evidenziato il malcontento dei cittadini verso l'esecutivo. Insomma i sacrifici continuano ma la perequazione fiscale è ancora lontana dal compiersi.

La Russa: Candido i due marò così non tornano in India
PROMESSA: NON MANTENUTA. La promessa di La Russa è rimasta solo sulla carta: i nomi di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, infatti, non compaiono in alcuna lista dei candidati alle prossime elezioni di "Fratelli d'Italia".
I due marò restano in India, dove affronteranno il processo che li vede coinvolti.
Nulla da fare per l'ex ministro della Difesa, dunque, che si era pubblicamente impegnato per trovare un escamotage al loro rientro nel Paese asiatico. Non sappiamo se quella di La Russa fosse solo una "trovata" elettorale o se la sua proposta sia stata rifiutata dai due militari, anche per evitare strumentalizzazioni sulla loro vicenda. Quello che è certo, comunque, è che Latorre e Girone non siederanno in Parlamento né torneranno in Italia per fare campagna elettorale, ma attenderanno l'esito del processo, la cui giurisdizione è stata intanto spostata dal Kerala a New Delhi, così come deciso dalla Corte Suprema indiana (su pressione della diplomazia italiana).

Berlusconi: mi ritiro. Il 16 dicembre primarie Pdl per mio successore
PROMESSA: NON MANTENUTA. Contrordine, non si ritira più. Anzi, Silvio Berlusconi con tutta probabilità sarà per la sesta volta consecutiva candidato Premier del Centrodestra italiano.
Le primarie del Pdl non si terranno più perché ritenute non necessaria alla luce dell'ennesima discesa in campo del Cavaliere. Ennesima promessa fallita quindi per l'ex Presidente del Consiglio che a novembre aveva annunciato in pompa magna il suo ritiro e la scelta del partito di tenere le consultazioni interne per designare, consultando gli elettori, il miglior candidato del Pdl.
Con la decisione di Berlusconi di rimanere leader del centrodestra e correre in prima persona si fermano anche le ambizioni del segretario del partito, Angelino Alfano, che studia da leader da oltre un anno. Da luglio 2011 quando venne designato numero uno del Pdl.

Vendola: Vincere le primarie per far trionfare i diritti civili
PROMESSA: NON MANTENUTA . Alla fine, e come prevedibile, è risultato sconfitto al primo turno delle primarie del centrosinistra. Eppure, il 15 per cento di voti che è riuscito a raccogliere sono un buon risultato per Nichi Vendola, che infatti commenta soddisfatto: «Ho combattuto a mani nude contro due giganti ma è stata una buona battaglia. Non c'è centrosinistra che possa prescindere da noi».
Anzi, al suo bacino di voti guardano ora entrambi i "giganti" del Partito Democratico, Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi, in vista del secondo round della sfida, che dovrebbe decretare il candidato unico del centrosinistra al ruolo di Presidente del Consiglio alle elezioni 2013.
Per molti, Vendola e SeL sono più vicini all'ex ministro dello Sviluppo economico che al sindaco di Firenze, ma non tutto è deciso: «Bersani se li deve conquistare i voti che sono venuti a me nel primo turno». Soprattutto quelli pugliesi, roccaforte "naturale" del governatore (che infatti qui ha distanziato Renzi, superando il 35% di consensi), e in generale, nelle regioni del Centro-Sud, che hanno regalato medie superiori a quella nazionale (nel Lazio 21%, in Molise 23,4%, in Campania 18,3% e Sardegna 19,9%).
Risultati buoni, ma non ottimi. E, soprattutto, non sufficienti ad aprire a Vendola le porte del secondo turno di primarie. La sua rincorsa a una candidatura da premier finisce forse qui. Di sicuro non terminerà la sua lotta per i diritti civili e sociali, ma per il momento la sua promessa non è stata recepita dalla maggioranza degli elettori che si riconoscono nel centrosinistra.

Bersani: 10 milioni di firme per cacciare Berlusconi. La promessa di Bersani e del PD
PROMESSA: comPROMESSA. – È finita al centro di veleni e polemiche la petizione popolare promossa dal Pd per cacciare Silvio Berlusconi da Palazzo Chigi. All'annuncio, qualche giorno fa, di Pierluigi Bersani, che aveva detto che erano state raccolte tra gli italiani 10 milioni di firme, così come aveva lui stesso promesso nei mesi scorsi, diversi quotidiani di centrodestra hanno lanciato puntuali inchieste che dimostrano come molte sottoscrizioni sono assolutamente fasulle. Al di là degli annunci ufficiali sul grande successo riscosso dall'iniziativa politica promossa ad inizio anno, sui siti ufficiali dove venivano raccolte le sottoscrizioni si possono scorgere molti nomi sospetti come Fico Secco, Numa Pompilio, Herman Goering, Al Capone, ecc.
E se da un lato lo stesso Bersani ed il Pd si dicono pronti a dimostrare dinanzi all'opinione pubblica di avere tutte le firme dei cittadini vere e certificate, un dato pare emergere con chiarezza: molte ombre si addensano su tutta l'iniziativa che stando ai tempi ufficiali sarebbe durata appena 30 giorni. Francamente pochi per riuscire a raccogliere 10 milioni di sottoscrizioni. E non a caso, al di là della sicurezza che viene ostentata dai comunicati di facciata, l'imbarazzo trapela anche dietro le quinte del Partito democratico. La sensazione insomma è che politicamente e mediaticamente la campagna di mobilitazione lanciata da Bersani non sia andata tutta a segno.
La promessa tecnicamente può definirsi compromessa, anche perché nessuno organismo esterno e terzo potrà mai certificare che dieci milioni di italiani abbiano effettivamente firmato per cacciare Berlusconi. 
 

Fini: mi dimetto quando si dimette Silvio

PROMESSA: NON MANTENUTA. Può dirsi di fatto chiusa la polemica riesplosa nei giorni scorsi sulle dimissioni di Gianfranco Fini da Presidente della Camera dei Deputati. Sollecitato da stampa e media sull’argomento Fini, infatti, ha fatto capire chiaramente che non ha alcuna intenzione di dimettersi. Ha liquidato la questione come un fatto del passato che va ricondotto in altro contesto politico, ovvero a quando lo scontro tra Fli e Pdl e tra lui e Berlusconi era diretto e frontale. Promessa finiana, dunque, abbondantemente disattesa.

Casini: entro una settimana accordo su legge elettorale

PROMESSA: NON MANTENUTA. Altro che accordo. La nuova legge per riformare il sistema elettorale italiano resta un miraggio, mentre infuria invece la battaglia sul sostegno al premier Mario Monti.
I tre principali partiti italiani non riescono a trovare una linea comune, o forse non vogliono.
Finora non è servito neppure l'ennesimo appello del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che il 28 giugno dichiarava: "Auspico vivamente che si giunga ad una conclusione positiva sul già concordato progetto di più circoscritte modifiche costituzionali, e che ad esso si congiunga un accordo, da portare all'approvazione del Parlamento, su quella nuova legge elettorale la cui necessità è stata riconosciuta dal più ampio arco di forze parlamentari da me consultate all'inizio dell'anno". Una ramanzina, quella di Napolitano, che però non ha ancora smosso le acque.
Ci ha provato, timidamente, Pier Luigi Bersani: il segretario del PD ha detto, nel corso dell'appuntamento milanese di "Libertà e Giustizia": "Siamo per il doppio turno, anche se non ci conviene. Ma la destra non lo vuole, perciò dobbiamo trattare per trovare una soluzione di compromesso che elimini almeno i difetti più grandi del Porcellum".
Il risultato, in definitiva, è l'ennesima promessa mancata di Casini (ma anche della politica italiana più in genere) sulla riforma elettorale, che dal 2005 viene giudicata quanto meno inadatta, se non dannosa.
Tratto da: (Fonte)


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