venerdì 9 agosto 2013

Elezioni a febbraio: il piano di Napolitano dopo l’abolizione del Porcellum

Fine del governo Letta in autunno, ma elezioni ci saranno tra febbraio e marzo, dopo nuova legge elettorale e salvacondotto giudiziario a Berlusconi



Il presidente Giorgio Napolitano fiuta la fine delle larghe intese, rette lo spazio di nemmeno 100 giorni, preparandosi a sciogliere il Parlamento, per indire nuove elezioni. Ma non in autunno, come chiedono i “falchi” di PDL e PD, bensì a febbraio o a marzo del 2014. Insomma, il governo Letta avrebbe la fine segnata, ma non cadrà immediatamente, come inizia a mettere in conto anche l’ex premier Silvio Berlusconi. Questi chiede da giorni che il Quirinale mandi un segnale per assicurargli quell’agibilità politica, che gli sarebbe impedita dagli arresti domiciliari o dall’affidamento ai servizi sociali.

Napolitano e il salvacondotto per Berlusconi

Ma il capo dello stato non intende cambiare la sua agenda: il salvacondotto giudiziario in favore di Berlusconi sarebbe discusso a partire da settembre, in contemporanea all’iter per approvare la nuova legge elettorale. Nessun colpo di testa. Nessuna accelerazione della crisi politica. Napolitano è stato chiaro in privato e ha fatto intendere che farebbe di tutto per impedire che l’Italia torni a votare con il Porcellum, anche a ricorrere alla minaccia di una maggioranza di scopo alternativa, costituita da PD e M5S, finalizzata alla sola riforma dell’attuale sistema di voto.

 

Scenario politico futuro

Scenario difficile, quasi impensabile. Per questo, i prossimi mesi dovrebbero essere caratterizzati dai seguenti passi politici. Il Parlamento approva una nuova legge elettorale entro dicembre, prima che arrivi la sentenza della Consulta sulla legittimità del Porcellum. Nel frattempo, il governo Letta si gioca le ultime settimane di vita, mentre poco prima di sciogliere le Camere, il capo dello stato farebbe commutare la pena detentiva all’ex premier in un’ammenda pecuniaria, in modo da consentirne l’azione politica e impedire che il PDL si presenti alle urne in qualità di martire e di perseguitato politico.
A quel punto, le fibrillazioni politiche di PD e grillini saranno inutili, perché il governo Letta sarebbe già al capolinea, pertanto, nulla potrebbe più essere compromesso di quanto non lo sia già.

Il PD nel panorama politico

All’interno di questo scenario di crisi, si giocherà una partita tutta interna al PD. Ieri, alla direzione del partito, il premier ha stretto “freddamente” la mano al sindaco di Firenze, Matteo Renzi, che con le sue ultime uscite ha ufficialmente preso posizione contro il governo, invitandolo a non andare avanti a ogni costo e a non accampare scuse per le cose non fatte, addebitando a lui le colpe. Letta ha espresso il suo parere, che è suonato come un monito alle varie correnti del PD che cercano di porre fine alle larghe intese: se cade il governo si andrà al voto anche con questa legge elettorale e si daranno vita a nuove larghe intese. Come dire, non fatevi illusioni.
La data per le primarie è stata fissata per il 24 novembre, ma i renziani attaccano e sostengono che solo l’assemblea nazionale (prevista per il 21-22 settembre) potrà decidere il giorno del voto. E non è nemmeno detto che le primarie si faranno, qualcuno tuona nel partito, specie se nel frattempo è caduto il governo e ci si preparerà alle urne.

Ripercussioni sulla politica nazionale

Le fibrillazioni interne al partito di Guglielmo Epifani hanno già il loro effetto, il traballamento della maggioranza. E’ il segretario stesso in direzione ad avvertire che non ci saranno salvacondotti per Berlusconi, in quella che sembra essere diventata una gara tra correnti a chi si mostra più feroce contro il Cavaliere. Da qui, le tensioni con il PDL sull’IMU, che adesso il PD non vuole abrogare sulle prime case, ma anzi estendere agli inquilini, trasformando l’imposta in una “service tax” comunale. Nel tentativo ormai chiaro di spingere il PDL a staccare la spina a Letta. Cosa che i berlusconiani non intendono fare, cercando a loro volta di far sì che siano i democratici a doversi addossare la responsabilità di avere fatto cadere il governo guidato da un loro stesso uomo. Il premier lo sa e teme più i “compagni” di partito che non lo stesso Berlusconi.
Per questo, Napolitano avallerà il salvacondotto giudiziario solo quando sarà ormai certificata la morte del governo Letta, evitando che il PD esploda travolgendo l’esecutivo.
(Fonte)
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