giovedì 15 agosto 2013

Napolitano-Berlusconi: Faq



Dopo le prime reazioni positive (se non entusiaste), ai vertici del Pdl si inizia a capire che il comunicato del Quirinale sulla sentenza Mediaset e sui suoi effetti non è stata affatto una vittoria. Lo stesso Berlusconi, da Arcore, ha lasciato trapelare la sua ‘delusione’ dopo essersi consultato con i suoi avvocati. Perché? Vediamo, punto per punto, cosa c’è in quel comunicato e come va interpretato.

Partiamo dagli elementi positivi per Berlusconi: ce ne sono? E se sì, quali?
«Sì, ci sono tre o quattro frasi che vanno incontro a lui e a alla sua parte»

Quali?
Primo: «È legittimo che si manifestino riserve e dissensi rispetto alle conclusioni cui è giunta la Corte di Cassazione ed è comprensibile che emergano – soprattutto nell’area del Pdl – turbamento e preoccupazione per la condanna a una pena detentiva di personalità che ha guidato il governo e che è per di più rimasto leader incontrastato di una formazione politica di innegabile importanza». Questo passaggio viene considerato uno ’sdoganamento’ della liceità delle critiche alla sentenza e come un riconoscimento del ruolo politico di Berlusconi. Il Pdl ci teneva molto a sancire che il processo al suo leader non è un processo qualunque, non è una questione solo personale, uguale a tante altre.


 Poi?
Poi c’è la frase sul carcere: «Va ribadito che la normativa vigente esclude che Silvio Berlusconi debba espiare in carcere la pena detentiva irrogatagli e sancisce precise alternative, che possono essere modulate tenendo conto delle esigenze del caso concreto». Un passaggio che fa molto discutere, visto che la legge attribuisce ai giudici di sorveglianza la possibilità di offrire pene alternative ma non li obbliga in questo senso. Le pressioni del Quirinale nei confronti del potere giudiziario, in questa frase, sono abbastanza evidenti.

Basta così?
No, naturalmente. C’è il passaggio sulla grazia, quello che nel Pdl alcuni interpretano come ’spiraglio’: «Ad ogni domanda in tal senso, tocca al presidente della Repubblica far corrispondere un esame obbiettivo e rigoroso – sulla base dell’istruttoria condotta dal ministro della Giustizia – per verificare se emergano valutazioni e sussistano condizioni che senza toccare la sostanza e la legittimità della sentenza passata in giudicato, possono motivare un eventuale atto di clemenza individuale che incida sull’esecuzione della pena principale». Questo punto viene interpretato in modo diverso da diversi osservatori: secondo alcuni, è quasi un’offerta di clemenza nel caso il Cavaliere presentasse domanda; secondo altri, invece, è una botta per Silvio, perché chiunque può chiedere la grazia («ad ogni domanda») e in questo caso non ci saranno corsie preferenziali, ci sarà la consueta «istruttoria» in via Arenula. Quanto a «esaminarla obiettivamente», questo è un atto dovuto.

Qual è l’interpretazione giusta?
Solo Napolitano conosce le intenzioni di se stesso. Tuttavia un fatto è indubbio: il Quirinale ha escluso di muoversi autonomamente per la grazia e, di fronte a un’eventuale richiesta in questo senso del condannato, questa sarà incardinata nella normale procedura di passaggio prima al ministero, poi al Colle medesimo.

E qui iniziano le note negative per il Cavaliere.
Esatto, perché intanto la condanna della Cassazione deve essere applicata, ha detto il Presidente della Repubblica: «Di qualsiasi sentenza definitiva, e del conseguente obbligo di applicarla, non può che prendersi atto» e «non deve mai violarsi il limite del riconoscimento del principio della divisione dei poteri e della funzione essenziale di controllo della legalità che spetta alla magistratura nella sua indipendenza».

Punto importante?
Sì, perché prima di tutto difende la magistratura dagli attacchi sconsiderati del Cavaliere e dei suoi; poi risponde negativamente alla richiesta immediata di ‘agibilità politica’ che sottragga oggi Berlusconi alle conseguenze della sentenza. Questa richiesta era l’obiettivo fondamentale delle pressioni del Cavaliere sul Quirinale e l’attacco è andato a vuoto. La sentenza c’è, dice Napolitano: potete criticarla finché vi pare («esercizio della libertà di opinione e del diritto di critica») ma intanto bisogna «prenderne atto», con il «conseguente obbligo di applicarla», almeno in attesa dell’iter della eventuale domanda di grazia.

Quindi?
Quindi a metà ottobre, come previsto, il Senato può fare decadere Berlusconi e questi può essere messo ai domiciliari. Non è una buona notizia per l’ex premier. Tra l’altro, è da notare come il Quirinale abbia precisato che anche un eventuale «atto di clemenza individuale» inciderebbe sulla «esecuzione della pena principale»: come dire che le pene accessorie (ad esempio, l’interdizione dai pubblici uffici) potrebbero rimanere escluse da questa ‘clemenza’.

Insomma, niente ‘agibilità politica’.
Esatto, o quanto meno non garantita dal Quirinale. Che anzi si è un po’ irritato con chi gliel’ha chiesta: «Sono stato da parecchi giorni, chiamato in causa in modo spesso pressante e animoso per risposte o “soluzioni” che dovrei e potrei dare a garanzia di un normale svolgimento, nel prossimo futuro, della dialettica democratica e della competizione politica». E a questo proposito c’è un altro passaggio importante, forse un po’ sottovalutato nei primi commenti.

Quale?
Quello in cui Napolitano dice: «Toccherà a Silvio Berlusconi e al suo partito decidere circa l’ulteriore svolgimento – nei modi che risulteranno legittimamente possibili – della funzione di guida finora a lui attribuita».

Che cosa significa?
Che la «dialettica democratica e la competizione politica» di cui sopra non subiscono alcun ‘vulnus’ dalla condanna e dalla eventuale decadenza parlamentare di Berlusconi, perché la sua parte politica può benissimo scegliersi un altro leader con piena ‘agibilità ‘. Quindi Napolitano si sottrae al ricatto secondo il quale una condanna di Berlusconi ‘impedirebbe’ al Pdl di concorrere al gioco democratico, come sostenevano i falchi del Cavaliere. In altre parole e in sintesi: inutile che mi tiriate per la giacchetta, dice Napolitano al Pdl, primo perché delle sentenze si può solo «prendere atto», secondo perché potete benissimo correre alle elezioni con un altro candidato premier, possibilmente a piede libero.

E qui si viene alla parte meno giudiziaria e più politica del messaggio di Napolitano.
Esatto. È con questa che del resto il Quirinale ha voluto aprire la nota, preservando e coccolando il governo Letta: «La preoccupazione fondamentale, comune alla stragrande maggioranza degli italiani, è lo sviluppo di un’azione di governo che guidi il paese sulla via di un deciso rilancio dell’economia (..) Fatale invece sarebbe una crisi del governo faticosamente formatosi da poco più di 100 giorni».

Bell’invasione di campo: il Colle non dovrebbe essere sopra le parti?
Sì: Napolitano non nasconde più in alcun modo che questo è il ’suo’ governo. A questo sì che tiene, non all’agibilità politica di Berlusconi. E per difenderlo, in un altro passaggio toglie al Cavaliere pure l’arma ‘finale’ che lui si stava preparando, cioè le elezioni.

Quale passaggio?
Quando se la prende con chi «agita, in contrapposizione alla sentenza, ipotesi arbitrarie e impraticabili di scioglimento delle Camere». Una specie di avvertimento preventivo a Berlusconi: inutile che minacci di far cadere Letta (magari per sciogliere le Camere e così sospendere l’iter della tua decadenza, come proponeva Nitto Palma), perché io tanto le Camere non le sciolgo.

C’ è altro, nella nota?
C’è l’inevitabile invito alla ‘pacificazione’: «Tutte le forze politiche dovrebbero concorrere allo sviluppo di una competizione per l’alternanza nella guida del paese che superi le distorsioni da tempo riconosciute di uno scontro distruttivo, e faciliti quell’ascolto reciproco e quelle possibilità di convergenza che l’interesse generale del paese richiede». Uno scenario piuttosto improbabile, se B. va ai domiciliari e viene espulso dal Senato.

In sintesi, si può dire che Napolitano ha dato un colpo al cerchio e uno alla botte?
Fino a un certo punto. Lo fa, certo, quando dice che «si deve procedere in un clima di comune consapevolezza degli imperativi della giustizia e delle esigenze complessive del paese»: cioè che da un lato bisogna rispettare lo Stato di diritto, dall’altro bisogna evitare la guerra civile. Però complessivamente da questa partita sul Colle Berlusconi esce più sconfitto che vincitore: nessuna ‘agibilità politica’ promessa dal Quirinale, nessun riferimento a una possibile amnistia da varare alle Camere e la conferma che la sentenza della Cassazione va applicata in attesa di una domanda di grazia il cui esito è molto dubbio. Il Cavaliere invece ha fretta, perché fra due mesi potrebbe essere ai domiciliari e senza più alcuno scudo parlamentare che lo difenda da altre eventuali condanne, a iniziare dall’appello del Rubygate, o da provvedimenti giudiziari restrittivi che possono provenire da altre inchieste in corso (corruzione De Gregorio a Napoli, corruzione giudiziaria di Tarantini a Bari, corruzione giudiziaria dei testimoni dello stesso Rubygate se la Procura riterrà di procedere dopo l’invio degli atti dal Tribunale).

Ma allora perché Gelmini, Gasparri e Cicchitto hanno applaudito alla nota del Quirinale?
Due le ipotesi: o non l’hanno capita o più semplicemente hanno cercato di far passare una sconfitta per una mezza vittoria, per motivi mediatici. Ma poche ore dopo le loro dichiarazioni quasi entusiaste, come si diceva, Berlusconi si detto deluso. I suoi avvocati, probabilmente, gli hanno spiegato come stanno davvero le cose.
 (Fonte)
Stampa il post

Nessun commento:

Posta un commento