martedì 12 febbraio 2013

DIMISSIONI RATZINGER/ Le lotte di potere con Bertone: la verità nel documento di un anno fa

Papa Benedetto XVI si è dimesso. Non accadeva da 600 anni. Le sue dimissioni, però, non possono passare inosservate soltanto per questo. Durante gli anni del suo pontificato troppi scandali, troppe vicende chiaroscurali, troppi personaggi scomodi, troppe lotte interne. L’ipotesi del complotto è tutt’altro che campata in aria. Al centro della vicenda lo scontro titanico (e politico) con il cardinale Tarcisio Bertone, il suo crescente potere, i suoi uomini: un vero e proprio cerchio magico che, alla fine, ha estromesso il Papa da qualsiasi decisione politica (basti pensare al caso Gotti Tedeschi). Tutto sembrerebbe quadrare, soprattutto riprendendo il documento di un anno fa in cui si diceva che il Papa avrebbe avuto un anno di vita. Appunto.


Benedetto XVI si è dimesso. Non succedeva da 600 anni che un Papa si dimettesse. È capitato a Ponziano nel 235, a Giovanni XVIII nel 1009, a Benedetto IX nel 1045, al più famoso Celestino V nel 1294 e a Gregorio XII nel 1415. Le dimissioni di Ratzinger, però, non possono passare inosservate solo per questo. Durante gli anni del suo pontificato troppi scandali, troppe vicende chiaroscurali, troppi personaggi scomodi, troppe lotte interne. L’ipotesi del complotto è tutt’altro che campata in aria. E, probabilmente, avevano convinto il Papa alle dimissioni già da tempo.
Ma partiamo da quanto accaduto oggi. Papa Benedetto XVI ha annunciato, in latino, durante il Concistoro per la canonizzazione dei martiri di Otranto, la sua decisione di lasciare il soglio di Pietro già dal prossimo 28 febbraio prossimo “per il bene della Chiesa”. Le sue parole sono state più che chiare: “Carissimi Fratelli - ha detto il Papa ai cardinali che certamente non si aspettavano un tale annuncio - vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino”. Stando alle parole di Ratizinger, insomma, la decisione (certamente coraggiosa) sarebbe stata presa per mancanza di forze fisiche e mentali, necessarie per stare a capo del Vaticano.

UNA DECISIONE PRESA GIÀ DA TEMPO? - Eppure, come detto, i dubbi non sono affatto pochi. Andiamo indietro con lo sguardo per capire come l’ipotesi di dimissioni non sia affatto campata in aria e, più che probabilmente, covata già da tempo. La possibilità della rinuncia, infatti, non solo è prevista dal codice canonico, ma era stata citata dallo stesso Benedetto XVI nel libro intervista “Luce del mondo” pubblicato nel novembre 2010: “Quando un Papa giunge alla chiara consapevolezza di non essere più in grado fisicamente, mentalmente e spiritualmente di svolgere l’incarico affidatogli Benedetto XVI – allora ha il diritto e in talune circostanze anche il dovere di dimettersi”. Un concetto esattamente speculare a quello espresso oggi. Insomma, è plausibile pensare che Ratzinger già allora, più di due anni fa, avesse in mente l’idea di arrivare a dimissioni. Molto forti, inoltre, sono anche le voci secondo cui la decisione sia stata presa per una grave malattia che avrebbe colpito il Papa (c’è chi parla di leucemia, chi di tumore). Per ora, però, non sono altro che voci. L’unica certezza è che il 28 febbraio terminerà il pontificato e già da marzo si inaugurerà il conclave.

TARCISIO BERTONE, L’UOMO DI POTERE (POLITICO) – Se si vuole ragionare sulle dimissioni di Ratiznger, però, non si può non tener conto della carica politica (oltrechè spirituale) che riveste il Papa. E, come ogni carica politica, compromessi, silenzi, giochi di potere sono all’ordine del giorno. Non si può negare, ad esempio (come d’altronde confermano tanti e tanti vaticanisti) che il potere in mano al segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone negli ultimi anni sia cresciuto incredibilmente: tanti cardinali e vescovi “bertoniani” sono entrati nel circolo che conta del Vaticano. Per loro importanti cariche politiche, prima ancora che spirituali. E, di contro, tanti “nemici” sono stati pesantemente defenestrati. Appena diventato sottosegretario nel 2006, infatti, Bertone fa a pezzi la vecchia struttura di Wojtyla. I nemici vengono isolati. Sarà un puro caso, ma nel 2010 il suo segretario storico Piero Pioppo viene nominato nunzio apostolico in Camerun. I due woytiliani Crescenzio Sepe e Renato Boccardo vengono invece fatti fuori: il primo viene defenestrato dagli incarichi romani e mandato a Napoli, il secondo spedito a Spoleto.

I LEGAMI DEL SEGRETARIO DENTRO E FUORI SAN PIETRO - Le tensioni interne, come ricordava pochi mesi fa Emiliano Fittipaldi su L’Espresso, sono state tali che il Papa, per la prima volta nella storia, è stato costretto per ben tre volte a sottolineare ufficialmente, sull’Osservatore Romano, la sua stima e fiducia per Bertone. Insomma, a tenere (realmente) le fila della politica vaticana è il segretario di Stato. Ancora più del Papa. Ratzinger, secondo i ben informati, se ne sarebbe accorto da tempo. E si sarebbe mosso proprio per contrastare il crescente potere di Bertone. Prova ne è il fatto che, nell’ultimo periodo, il pontefice avrebbe preferito nominare in posizioni di rilievo cardinali e vescovi orientali, lontani dunque dal cerchio magico italiano-europeo rispondente ai desiderata del potente cardinale italiano.

Bertone, peraltro, non ha un forte ascendente (politico) solo sui porporati. La sua posizione è tenuta in altissima considerazione anche al di fuori del Vaticano. Basti pensare ai legami politici intrattenuti con Gianni Letta: non a caso Bertone sembrerebbe essere più vicino al centrodestra targato Berlusconi che al Terzo Polo montiano, sebbene – però – da buon democristiano anche al centro i suoi rapporti siano più che proficui. Molto vicino, infatti, anche a Lorenzo Ornaghi (che peraltro è rettore della Cattolica, l’università retta dall’Istituto Toniolo, in mano ad Angelo Scola, da sempre acerrimo nemico di Bertone, tanto che quest’ultimo, tempo fa, aveva cercato di spodestarlo per sostituirlo con un suo uomo), a Renato Balduzzi, a Francesco Profumo e allo stesso Mario Monti. Basti, d’altronde, pensare ai favori che il governo tecnico ha assicurato al Vaticano e agli interessi di Bertone: su tutti il finanziamento milionario (12,5 milioni) all’ospedale Bambin Gesù, gestito direttamente dal Vaticano. Ergo: da persone molto vicine a Tarcisio Bertone.

LA VICENDA GOTTI TEDESCHI E IL LATO INQUIETANTE DELL’ANTI-RICICLAGGIO – Il potere politico del segretario di Stato è visibile anche richiamando un’altra vicenda che, tutt’oggi, resta assolutamente poco chiara e dai tratti inquietanti. Era il 2009 quando Bertone in persona chiama alla guida del braccio economico del Vaticano, lo IOR, Ettore Gotti Tedeschi. È la persona giusta, pensava in quel periodo l’arcivescovo. Salvo, però, ricredersi immediatamente. Secondo le versioni ufficiali, il motivo della rottura tra i due sarebbe da ritrovare nell’opposizione del banchiere al desiderio di Bertone di creare una spa che inglobasse la gestione non solo del Gemelli ma anche del San Raffaele che, dunque, sarebbe stato prelevato e ricapitalizzato per salvarlo dalla sua condizione pesantemente debitoria. Gotti Tedeschi si oppose. Non sapeva, forse, che non accontentare i desiderata di Bertone avrebbe significato il suo siluramento. Cosa che, appunto, avvenne. Ma ecco il tratto inquietante della vicenda. Ancora oggi sono fortemente insistenti le voci secondo cui il vero motivo della rottura tra i due (oltre al disegno quasi imprenditoriale di Bertone appena ricordato) andrebbe ritrovato nella scelta di Gotti Tedeschi di farsi volontariamente interrogare (poteva decidere di non andare, la legge glielo consentiva) dai magistrati di Roma, in seguito a un’inchiesta su presunte violazioni delle norme anti-riciclaggio che ha coinvolto lui e il direttore generale dello IOR Paolo Cipriani. La Santa Sede non avrebbe apprezzato le chiacchierate con i pm, né le allusioni ad alcuni conti cifrati segreti. Quello che accade in Vaticano, deve restare in Vaticano. Questa la politica di Bertone. Per l’amore per la verità – di cui pure si parla nel Vangelo – non c’è spazio, quando si ricopre un incarico (quello di Bertone) che – è bene ricordarlo – è squisitamente politico.

LA VERITÀ DEL DOCUMENTO “CONFIDENZIALE” SUL COMPLOTTO CONTRO RATZINGER – Ecco allora che arriviamo alla conclusione di un discorso in cui i coni d’ombra sono certamente più abbondanti rispetto alle evidenze e alle certezze. Facciamo un ulteriore passo indietro decisivo. Era il 10 febbraio 2012 quando Il Fatto Quotidiano pubblicava, in esclusiva, un documento scritto in tedesco in cui campeggia una scritta: Mordkomplott, complotto di morte. Il testo non lasciava spazio a dubbi: “Viaggio del Cardinale Paolo Romeo, Arcivescovo di Palermo, a Pechino a novembre 2011. Durante i suoi colloqui in Cina, il Cardinale Romeo ha profetizzato la morte di Papa Benedetto XVI entro i prossimi 12 mesi. Le dichiarazioni del Cardinale sono state esposte, da persona probabilmente informata di un serio complotto delittuoso, con tale sicurezza e fermezza, che i suoi interlocutori in Cina hanno pensato con spavento, che sia in programma un attentato contro il Santo Padre”. In altre parole, secondo quel documento “strettamente confidenziale” (e non a caso redatto in tedesco), era in piedi un complotto per far fuori Benedetto XVI entro 12 mesi. Considerando che quel testo risale al 30 dicembre 2011, le dimissioni di oggi appaiono incredibilmente inquietanti. Che ci sia un legame tra quel documento e la decisione di Ratzinger di andare in pensione? I dubbi si addensano se andiamo avanti nella lettura di quel documento.

LA LOTTA INTERNA TRA RATIZINGER E BERTONE - Il testo si articola in tre paragrafi. Dopo il primo in cui si ricostruisce la figura molto influente in Vaticano e molto vicina a Ratiznger di Romeo, sono gli altri due a rivestire – anche per quanto detto sinora – un’importanza cruciale. Il secondo, infatti, si intitola non casualmente “Segretario di Stato Cardinale Tarcisio Bertone”. Qui grande spazio viene dato alle critiche che Romeo avrebbe rivolto al capo del Governo della Chiesa, il segretario di Stato Tarcisio Bertone. “Il Cardinal Romeo ha aspramente criticato Papa Benedetto XVI, perché si occuperebbe prevalentemente della liturgia, trascurando gli “affari quotidiani”, affidati da Papa Benedetto XVI al Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato della Chiesa Cattolica Romana”. Non solo: Bertone e Ratzinger vengono descritti come una coppia di litiganti costretti a convivere nelle mura leonine: “Il rapporto fra Papa Benedetto XVI e il suo Segretario di Stato Cardinale Tarcisio Bertone sarebbe molto conflittuale. In un’atmosfera di confidenzialità il Cardinale Romeo ha riferito che Papa Benedetto XVI odierebbe letteralmente Tarcisio Bertone e lo sostituirebbe molto volentieri con un altro Cardinale. Romeo ha aggiunto però, che non esisterebbe un altro candidato adatto a ricoprire questa posizione e che per questo il Segretario di Stato Cardinale Tarcisio Bertone continuerebbe a svolgere il suo incarico”.

LA SCELTA DI ANGELO SCOLA COME SUCCESSORE PER FRENARE IL POTERE BERTONIANO - Ed ecco, infine, il terzo paragrafo sulla “Successione di Papa Benedetto XVI”. Domanda: perché si parlava già allora (legandola alla questione Bertone) di “successione”, peraltro in un documento in cui si palesa la possibilità di un complotto di morte contro il Papa? Ecco, allora, che il cerchio si chiuderebbe: le dimissioni sono, come già dimostrato, in piedi da tempo, per questioni più politiche che religiose, per il crescente peso di Bertone che, negli anni, era riuscito a mettere su un cerchio magico accondiscendente, tramite il quale era cresciuto e si era affermato politicamente.
Non a caso Romeo, nel terzo paragrafo, afferma che “in segreto il Santo Padre si starebbe occupando della sua successione e avrebbe già scelto il Cardinale Scola come idoneo candidato, perché più vicino alla sua personalità. Lentamente ma inesorabilmente lo starebbe così preparando e formando a ricoprire l’incarico di Papa. Per iniziativa del Santo Padre – così Romeo – il Cardinale Scola è stato trasferito da Venezia a Milano, per potersi preparare da lì con calma al suo Papato. Il Cardinale Romeo ha continuato a sorprendere i suoi interlocutori in Cina – prosegue il documento consegnato dal cardinale colombiano al Papa – in Cina continuando a trasmettere indiscrezioni”. A questo punto il quadro sarebbe ancora più chiaro: Benedetto XVI, stanco delle continue lotte interne politiche (ecco perché, peraltro, non sarebbe nemmeno una falsità quella secondo cui non avrebbe più la forza fisica e mentale per reggere il suo pontificato), avrebbe deciso di muoversi per lasciare il posto ad Angelo Scola, da sempre rivale di Bertone, in modo tale da contrastare il suo strapotere. L’ultimo disperato tentativo per frenare il peso politico dell’arcivescovo.

Se così fosse il cerchio si chiuderebbe. Si legge ancora nel documento: “il Cardinale Romeo ha annunciato, che il Santo Padre avrebbe solo altri 12 mesi da vivere. Durante i suoi colloqui in Cina ha profetizzato la morte di Papa Benedetto XVI entro i prossimi 12 mesi”. Ecco il punto. Come sottolineato da un grande conoscitore del Vaticano come Antonio Socci, “nel testo del documento il cardinale non parla affatto di complotto per uccidere il papa: afferma semplicemente che il Pontefice avrebbe un anno di vita. Sono stati i suoi ascoltatori cinesi a concludere erroneamente che era la previsione di un attentato. Cosa c’è allora dietro questa assurdità?”. Ora abbiamo la risposta: il Papa ha avuto realmente un anno di vita. Ora ecco le sue dimissioni per lasciare posto ad un suo uomo. Nel tentativo di sedare il potere in mano a Tarcisio Bertone.
Le lotte politiche continuano a tener banco in Vaticano. E continueranno ancora a lungo. Con buona pace di chi, da lassù, guarda cosa accade in Vaticano. Vergognandosene, probabilmente.
(di Carmine Gazzanni - fonte)
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