mercoledì 20 febbraio 2013

I terroristi dello spread e il loro affare d’oro: l’euro



Lo spread è ai minimi storici? Sì, perché paghiamo un tasso d’interesse altissimo, «molto più elevato di quello che il mercato finanziario può raccogliere da qualsiasi altra parte». E’ una bolla finanziaria, mentre l’economia reale è in ginocchio. Se siamo al tappeto, perché i mercati finanziari sono ben disposti a prestarci i loro soldi? «Per il semplice fatto che sono sicuri che si farà di tutto per evitare il default». Loretta Napoleoni svela così il “trucco” dell’Eurozona: stabilizzare la moneta per tutelare gli investitori finanziari a scapito dell’economia reale, che infatti sta colando a picco. «Per questo, “più Europa” è una formula che non ha significato». Non c’è ombra di armonizzazione economica. Al contrario, è penalizzata sanguinosamente la periferia europea: «E’ il prezzo che si è pagato per tranquillizzare i mercati». Sarebbe ora di denunciarlo, ma nessuno ne parla: tantomeno la politica, e men che meno la sinistra, che dovrebbe tutelare i più deboli.

«La sinistra e la destra non ci sono più: c’è, invece, una corsa verso il centro e un atteggiamento di deferenza nei confronti dei colonizzatori da parte di tutte le forze politiche attualmente esistenti», dichiara Loretta Napoleoni a Rodolfo Monacelli per un’intervista su “Critica Letteraria” in occasione dell’uscita del libro-denuncia “Democrazia vendesi”. «Non c’è un dibattito in questo paese: sul tema dell’Europa e dell’euro nessuno dice qualcosa di diverso: sono tutti schierati dalla stessa parte, e la sinistra non ha una visione economica alternativa». Motivo: «Tutte le nazioni della periferia sono dipendenti da quelle del Nord (il Nord ci manda gli aiuti, i crediti)». Senza questa dipendenza «dovremmo fare una politica vera, una politica alternativa», ma purtroppo «nessuno lo sa e lo vuole fare». Questo discorso «vale per tutta quanta la periferia», perché quello che sta accadendo all’Italia «è ciò che succede quando i popoli vengono colonizzati».
Il “partito dell’euro” teme l’inflazione, che svaluta la moneta e impensierisce i detentori di grandi ricchezze, mentre i più non avrebbero nulla da temere da una quota fisiologica di inflazione: «Magari avessimo un po’ di inflazione! Siamo in deflazione totale», perché non circola denaro e, per colpa dell’euro, l’economia è in tilt. «Tutti i maggiori economisti internazionali parlano di uscita dall’euro, di un euro a due velocità, e nessuno parla di inflazione: in ogni caso, la paura dell’inflazione è in relazione solo al fatto di tornare a gestire la propria moneta, tornando a stamparla indipendentemente dalle decisioni di Bruxelles». Con corollario di immancabili leggende: «Chi dice che la benzina andrà a 7 euro fa del terrorismo economico». E’ vero il contrario: «Il 75% del costo della benzina deriva dalle accise che noi dobbiamo pagare per poter pagare il debito», che è denominato in euro, cioè in una valuta su cui lo Stato non ha alcun controllo.

Altra favola: l’isolamento internazionale in caso di uscita dalla moneta della Bce: «Svezia, Danimarca e Inghilterra non sono nell’euro, la Norvegia neanche nell’Unione Europea: uscire dall’euro non vorrebbe dire diventare i paria internazionali», dice Loretta Napoleoni. Peccato che, su questo, in Italia «non c’è dibattito», ma solo «propaganda e terrorismo economico», aggravato da una manipolazione totale dell’informazione: «C’è un’ignoranza abissale, la gente non sa nulla perché chi dovrebbe fare informazione, in realtà, in questo paese fa disinformazione». L’euro? «E’ un sistema monetario che non funziona», perché è stato creato «senza tener conto dei principi della teoria economica e della teoria monetaria». A parte l’Eurozona, nel resto del mondo non esistono monete senza Stato o Stati senza moneta: «Gli inglesi lo avevano predetto e, per questo motivo, non sono entrati nell’euro».

Ormai, aggiunge Loretta Napoleoni, debito estero e debito pubblico coincidono, perché il deficit viene finanziato emettendo buoni del Tesoro comprati all’estero. Se due economie diverse si uniscono – una più forte e l’altra più debole – quella più forte diventa automaticamente “creditore netto” di quella più debole. «Significa che noi ci siamo indebitati con le banche estere che, avendo la stessa moneta, hanno avuto un incentivo a “colonizzare” questi mercati della periferia». Mercati in cui, prima dell’adozione dell’euro, le banche estere non erano molto presenti, perché temevano il pericolo della svalutazione. «Il debito pubblico, quindi, è stato finanziato indebitandosi all’estero». Poi, con la crisi, «si è cercato di far ricomprare il debito pubblico alle banche della periferia», cioè le nostre. «Oggi, la maggior parte del debito pubblico italiano (più del 60%) è nelle mani delle banche italiane, che lo hanno finanziato da quando le banche straniere hanno deciso di non partecipare più alle aste perché avevano paura dell’implosione dell’euro».

Mentre il resto del mondo considerava l’euro una follia – e gli inglesi si guardavano bene dall’aderirvi – noi invece «abbiamo svalutato il patrimonio nazionale, per entrare nell’euro». Motivazione: «L’euro è stato usato per motivi politici», ovvero la transizione tra Prima e Seconda Repubblica», con i nuovi equilibri di potere, fino all’attuale «erosione della democrazia», che in Italia è interpretata da Mario Monti, al potere col pretesto dell’emergenza ma, in realtà, pronto ad eseguire gli “ordini” di Bruxelles. Ovvero, le politiche del rigore: scelte come quella del Fiscal Compact, «che hanno cambiato la Costituzione senza che questo avvenisse con un dibattito pubblico e attraverso una consultazione con la popolazione». Chi auspica “più Europa” fa solo cattiva propaganda: «La verità è un’altra: i mercati finanziari hanno ricominciato a comprare il debito pubblico dei paesi della periferia, che ha un tasso d’interesse molto elevato, e questo sta spingendo gli spread verso il basso. Questa politica di austerità, quindi, ha funzionato per ridare fiducia al mercato finanziario, e noi ci indebiteremo ancora di più: invece di risolvere il problema del debito, abbiamo creato le condizioni per allungare questo ciclo debitorio».
(Fonte)
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