domenica 3 febbraio 2013

Mi raccomando non andate al cinema durante la campagna elettorale ... firmato Giovanna Melandri

Par condicio al museo: Maxxi dice no al film denuncia sull'Italia


Niente politica al museo in campagna elettorale. Il Maxxi rinvia al dopo elezioni l'anteprima italiana del film di Bill Emmott e Annalisa Piras 'Girlfriend in a Coma' sul declino dell'Italia, e scoppia il caso internazionale con una valanga di mail, tweet e appelli che subissano il museo romano con accuse di censura.

Emmott, per tredici anni direttore dell'Economist, parla di 'minculpop', annuncia appelli al 'Foreign Office' britannico e informa Ambasciatore RU in Italia. Inizialmente coinvolto nella bufera, anche il Mibac prende le distanze.


Incappata nella sua prima polemica internazionale, la neo presidente del Maxxi Giovanna Melandri respinge le accuse di censura e non cambia idea: "Mi dispiace per Emmott e per le proteste - spiega all'Ansa- ma non cambio idea: ho detto no all'anteprima di Girlfriend in coma il 13 febbraio perche' sono convinta che sia mio dovere tenere fuori la campagna elettorale dal Maxxi, che e' un museo pubblico, finanziato dai contribuenti"

Rilanciato da Twitter spopola sulla stampa estera ancora prima di arrivare sui siti italiani, con Wolfgang Achtner, gia' Cnn da Roma che parla di "Gravissimo e ridicolo atto di censura" mentre dal Guardian John Hooper ironizza: "Non comment please, we're Italian". Emmott si definisce "attonito davanti a questa terribile e calzante dimostrazione della tesi centrale di 'Girlfriend', cioe', che il declino italiano stia rapidamente giungendo al punto di non ritorno", firma con la regista Anna Piras una lettera di protesta alla Melandri, fatta avere in copia anche al presidente del consiglio Mario Monti, annuncia altre iniziative. 

Anche in Italia non mancano prese di posizione, con il direttore de La Stampa Mario Calabresi che twitta: "Se il film "Girlfriend in a coma" di @Bill--Emmott non verra' proiettato a Roma allora lo faremo con @la--stampa a Torino" e Gianni Riotta che incalza: "Non si puo' vedere un film in campagna elettorale? Ma dove siamo finiti, magari non piace, ma non siamo liberi?" 

Il Maxxi risponde inizialmente con una nota, nella quale ricorda di essere "un'istituzione pubblica nazionale vigilata dal Ministero dei Beni Culturali" e spiega che, "secondo una prassi consolidata e gia' attuata in altre occasioni, in campagna elettorale non puo' ospitare manifestazioni che, seppur promosse da soggetti esterni, a qualunque titolo potrebbero essere connotate di valenza politica". 

Il film di Bill Emmott potra' essere ospitato ma dal 26 febbraio, a elezioni concluse. La bufera pero' non si placa. Interviene il ministero, ma solo per chiarire che la decisione di dire no a al film di Emmott per il 13 febbraio e' tutta del Maxxi. Melandri non si smuove: "ho preso la decisione riconfermando comunque una prassi consolidata secondo cui agli Uffizi cosi' come alla Galleria Borghese o al Maxxi non e' opportuno ospitare iniziative che hanno un evidente profilo politico in campagna elettorale - ribadisce- A me sembra logico e rispettoso della funzione e della vocazione del museo pubblico. E poi mi chiedo se il Louvre o il Beaubourg o la Tate ospiterebbero mai una iniziativa del genere a poche settimane dalle elezioni politiche". 

Niente contro Emmott e Piras o contro il loro film, chiarisce l'ex parlamentare pd: "io probabilmente condivido dalla a alla z il contenuto di quel film. Ma non c'entra: e' un mio dovere tenere la campagna elettorale fuori dal museo". Con Emmott, Melandri spera di parlare al piu' presto. A tutti, intanto, ha gia' risposto con un invito: "Li ho invitati a venire al museo anche subito, ma per godere delle nostre mostre, per apprezzare Boetti, Kentridge, Le Corbusier. E dal 26 febbraio, siamo pronti ad ospitare anche il film". 

L'intervista a La Stampa
Giovanna Melandri, presidente della fondazione MAXXI, difende in un'intervista alla 'Stampa', la decisione di non ospitare nell'Auditorium del museo, l'anteprima italiana del film 'Girlfriend in coma'. Nessuna censura, spiega, ma solo "banale rigore istituzionale". "In nessun museo statale - aggiunge - si fa campagna elettorale. Non lo si fa agli Uffici o al Louvre e nemmeno al Maxxi. Poi è vero che nel nostro Paese cutura e bon ton istituzionale sembrano qualcosa di strano, ma di sicuro non si tratta di censura".
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