venerdì 22 febbraio 2013

ISTRUZIONE/ La scuola non tira e sparisce dall’agenda politica: rischi attuali e scenari futuri

La scuola dovrebbe essere il primo punto d’interesse politico mentre, in queste bizzarre campagne elettorali, i leader danno la precedenza solo alla ‘guerra dell’Imu’. Declassata la suola ormai da anni, imbaronita e martoriata da riforme e controriforme confusionarie e inefficienti, la cultura subisce un calo e diminuiscono le iscrizioni all’università. Con il rischio di incentivare la fuga di cervelli e ritrovarci insegnanti stranieri neppure i politici affrontano il tema scuola in modo concreto: Monti vuole rimotivare gli insegnanti senza dire come, Berlusconi definisce “comunisti” i prof. delle scuole pubbliche, Grillo ne parla come dei “serial killer” demotivati e Bersani annuncia un “piano straordinario” che riassetti la scuola solo in maniera astratta però.






Tabula rasa. Questo è l’unica vera soluzione che servirebbe dopo la distruzione compiuta al sistema scuola dopo l’era Moratti-Gelmini. L’istruzione è stata declassata e nessuno più ci investe, nemmeno gli stessi studenti: calano le immatricolazioni di ben 9 mila domande, i meritevoli emigrano nei Paesi esteri in cui s’investe nella ricerca e quelli che restano ‘ragionano’ con gli ‘spiccioli’ che lo Stato usa per la scuola. Tanti e continui fallimenti che hanno imbaronito le università, ultimo in ordine di tempo l’allarme lanciato dal CUNConsiglio Universitario Nazionale – che denuncia un nuovo fallimento: molti giovani non credono più nelle università. Nel 2003 con la riforma delle lauree che introduceva il nuovo ordinamento universitario, scindendo tra lauree triennali e lauree specialistiche, si era registrato un nuovo boom e molti erano spronati ad iscriversi negli Atenei e conseguire almeno una laurea di primo livello. Oggi la media dei laureati italiani resta comunque bassa – la metà - a fronte degli altri Paesi Europei e in 10 anni, in Italia, il numero degli iscritti è diminuito di 58 mila.

PER LA POLITICA L’IMU VALE PIÙ DELLA SCUOLA – Nella ‘bizzarra’ campagna elettorale la vera guerra si combatte a suon di Imu, la tassa sugli immobili. Il Pdl promette di abolire e addirittura rimborsarla, Monti gioca tutto sull’Irpef senza disdegnare anche la patrimoniale, Bersani parla di una “sistematina” da dare. Insomma l’Imu sembra essere la carta vincente per le elezioni o la tattica strategica per arraffare il numero maggiore di elettori. Numeri e soldi, questo conta. Cervello ed istruzione, sembra proprio di no. Abbiamo il peggior sistema scolastico di tutti, anacronistico e mirato 
studenti ma per lo stesso MIUR e nessun politico che, in modo concreto, lo pone al centro degli interessi della prossima legislatura.

Oggi l’Università soffre per due crisi: quella economica che taglia i fondi per la ricerca e quella della credibilità con rapporti docente – studenti ancora troppo ingessati ed una didattica statica. Non c’è più meritocrazia e lo dimostra anche il nuovo cambiamento attuato dal ministro Profumo per i fondi PRINProgrammi di Ricerca di Rilevante Interesse Nazionale: per ricevere questi finanziamenti si valuta il progetto – e fin qui nulla di strano – ma poi bisogna cofinanziarlo. Questo, ovviamente, svantaggia il merito perché almeno un 30% deve essere finanziato dai membri del progetto con fondi propri. Chi non ha le possibilità di cofinanziare, quindi, pur avendo un progetto eccellente non riceverà il resto dei soldi.
Insomma un sistema scuola che puzza dalla testa e che andrebbe resettato. Il prossimo governo potrebbe essere l’occasione giusta per i partiti che invece alla voce “ISTRUZIONE”, nelle loro agende, accennano a progetti solo in modo astratto.

SCUOLA: IL NULLA NELLE AGENDE POLITICHE – Abbiamo preso i vari programmi politici e abbiamo messo a confronto le varie proposte per la scuola.
Partiamo dall’”Agenda Scuola” del Professore in Scelta Civica che per i docenti si limita a dire che devono essere “rimotivati ed il loro contributo riconosciuto”. In più Monti pensa di attuare meccanismi che migliorino il rendimento dei dirigenti scolastici attraverso delle valutazioni che, però, appaiono poco chiare.
Poi c’è il Pdl dove Berlusconi, in perfetto siparietto cabarettistico, parla della scuola pubblica dove gli insegnanti sono tutti (o quasi) di sinistra e quindi comunisti. Per ‘salvare’ le giovani generazioni propone scuole private accessibili a tutti perché tutti hanno il diritto di ricevere un’educazione cattolica.
Passiamo al Pd di Bersani e al tema scuola: anche lui si concentra sulla “demotivazione del corpo insegnante” e così per ricostruire il sistema pensa ad un piano straordinario contro la dispersione scolastica soprattutto nelle zone critiche per via delle infiltrazioni mafiose. Poi accenna al diritto allo studio e all’investire nella ricerca. Obiettivi che, però, non vengono sviluppati e così a noi elettori non è dato sapere come saranno raggiunti.
Il M5S ha nel suo programma l’abolizione della Riforma Gelmini, diffondere Internet nelle scuole ed insegnare l’inglese fin dall’asilo, punti schematici e stabiliti con chiarezza ma anche in questo caso non ci sono informazioni su come raggiungere questa strada.
Nell’agenda di Rivoluzione Civile al terzo punto si parla della scuola e così è scritto: “Una scuola pubblica che valorizzi gli insegnanti e gli studenti con l’università e la ricerca scientifica non sottoposte al potere economico dei privati”. Insomma a quanto pare un chiaro proposito di Ingroia che è in totale antitesi con la scuola privata voluta da Berlusconi.
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