martedì 10 settembre 2013

Ma Letta che fa, lascia o raddoppia? E chi se ne frega.

Roberto D'Agostino











Ma allora il governo Letta che fa, cade insieme a Berlusconi o tira avanti? Risposta: non ce ne può fregare di meno – del governo Letta, e anche di quello che verrà dopo, fosse pure guidato dal giovane Renzi. Tanto, non sono loro a decidere, si limitano a prendere ordini: quelli che il Cavaliere – amico di Gheddafi e di Putin – non era sempre così propenso ad eseguire, nei ritagli di tempo tra affari, processi e le “cena eleganti” di Arcore. Quisquilie, comunque, di fronte al dramma: l’Italia è totalmente in mani straniere. Al punto che, con questa offerta politica, i cittadini potrebbero fare a meno di votare. Prima Bersani, il Nulla fatto a candidato, e ora il sindaco di Firenze, a fronteggiare – si fa per dire – la corte del vecchio Silvio. Ma è solo teatro. I diktat sono a monte, a prescindere: non possiamo spendere più un soldo di nostra iniziativa, siamo controllati al centesimo. E spediti in guerra, pure, su inziativa del Sommo Potere Egemone. Idee ormai ricorrenti, rarissime però da ascoltare in televisione. A colmare la lacuna, per una volta, provvede Roberto D’Agostino.
Sabato 7 settembre, mentre a reti unificate andava il scena il grande spettacolo di piazza San Pietro, con veglia di preghiera in mondovisione officiata da Papa Bergoglio, il creatore di “Dagospia” ha avuto campo libero nello studio di Luca Telese, su “La7”. Pungente, irriverente, spiccio. E drasticamente diretto, nello stoppare le solite domande del conduttore sui dettagli nauseabondi della politichetta italiana – avvocati e sentenze, slogan, commissioni, minacce, ritorsioni, congressi e correnti, moralismi fuori luogo, maschere consunte di un vecchio carnevale. Epifani, la Camusso, Franceschini, l’intramontabile D’Alema, Maroni, Schifani, Cicchitto, Saccomanni, Gasparri. Chiacchiere inutili, qualsiasi cosa dicano questi signori: fingono di avere chissà quale potere, ma in realtà sanno benissimo che sono lì solo per eseguire, alla lettera, gli ordini di Bruxelles, della Merkel, della Bce e di Obama. Potrebbe andare diversamente? No, perché quando uno Stato perde la sovranità sulla propria moneta e arriva al punto di doversi far certificare persino la finanziaria dall’Unione Europea, quello Stato è finito, non esiste più. E sono finiti pure quei politici, che non contano niente.
Eloquente la mimica facciale del mite Telese, un po’ spiazzato e un po’ no, di fronte alla performance dall’ex enfant térrible delle mitiche trasmissioni di Renzo Arbore. Persino spazientito, D’Agostino: possibile – aveva l’aria di dire – che mi tocchi spiegarvi queste verità elementari come fossero chissà quali rivelazioni? Inutile sorprendersi del vero volto di Obama: è frutto dello stesso sistema di Bush, hanno solo cambiato la confezione esterna del medesimo prodotto. Comandano loro, punto e basta. Vogliono fare la guerra alla Siria per poterla poi fare subito dopo all’Iran, e per tagliare la strada all’oledodotto South Stream che porterebbe in Europa, via Siria, il petrolio iraniano. A Bruxelles stessa musica: a dettar legge sono poteri di stretta osservanza imperiale, che hanno sequestrato la sovranità democratica dei paesi dell’Unione Europea – Costituzione, diritti, bilancio, spesa pubblica e quindi economia e benessere – senza che nessuno abbia protestato. E quando Berlusconi faceva finta di non capire, l’hanno fatto a pezzi: sull’Italia hanno scatenato la tempesta dello spread e ci hanno rifilato il loro uomo, Mario Monti.
Ogni ragionamento sui rottami della politica italiana deve partire da oltre confine, altrimenti non sta in piedi. Certo non possiamo aspettarci di essere correttamente informati dai grandi giornali, ridotti a strumenti di potere e dominati dalle banche, a loro volta legate mani e piedi alla finanza internazionale. Ormai siamo parte di questo sistema, che ha aspetti mostruosi. Perché l’Italia è stata colpita, minacciata, declassata, ridimensionata, terrorizzata con la crisi finanziaria. Noi siamo soltanto satelliti periferici: non abbiamo – al momento – la facoltà di opporci a nulla. Un giorno, chissà, potremmo sempre rovesciare il tavolo, chiedendo regole diverse, oneste. Ma non oggi, non con questi politici. Per cui, cortesemente, evitiamo almeno di perdere tempo con domande insensate: potrebbe cambiare, in concreto, la vita degli italiani, se il prossimo premier si chiamerà ancora Letta piuttosto che Renzi o Berlusconi? Siamo seri: non cambierebbe nulla. Zero. Così D’Agostino su “La7”, la stessa sera in cui – con un altro linguaggio, quello della religione – milioni di persone, in mezzo mondo, dicevano in sostanza le stesse cose. Se la verità finisce in discarica, sostituita dalla menzogna, il risultato è già scritto e si chiama guerra.
(Fonte)
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