martedì 25 giugno 2013

Bce pubblica, liberare l’Europa dai boss della finanza


Mario Draghi


I maggiordomi europei dei “proprietari universali” hanno inventato e messo in atto di una vera e propria “repressione finanziaria” contro i popoli europei. Essa – dicono e ripetono da cinque anni – ha lo scopo di ridurre il debito, tanto pubblico quanto privato. Ma questo debito è in gran parte il frutto di una truffa ben congegnata. E dunque va respinto come tale a coloro che hanno, per questa via, accumulato immensa ricchezza. In secondo luogo, la riduzione del debito non può essere realizzata con l’ossessiva imposizione di tagli alla spesa pubblica, e con la parallela creazione di maggiori entrate fiscali. Questa linea di presunta austerity è fallita e sta producendo aumento del debito e recessione dovunque si è tentato di imporla. Il taglio del valore reale del debito avviene solo trasferendo risorse dai creditori ai debitori. L’alternativa è tra immolare la vita di centinaia di milioni di persone o sacrificare una categoria di redditieri: il discrimine passa attraverso le regole che prevarranno in questa fase di transizione.
Si deve partire dalla denuncia dei trattati di Maastricht e di Lisbona, che costituiscono le basi dell’aggressione finanziaria contro i popoli europei. Si deve procedere alla nazionalizzazione di tutte le banche centrali dei paesi membri e ad una corrispondente, drastica modifica del ruolo e della struttura della Banca Centrale Europea. Gli Stati della zona euro (e quelli che vi aderiranno in caso essa rimanga in piedi), dovranno essere gli unici azionisti della Banca Centrale Europea. Questa misura dovrà accompagnarsi alla nazionalizzazione di tutte le grandi banche nazionali, togliendo loro ogni ruolo nel campo del credito e del controllo finanziario, trasferendo parte delle loro funzioni al sistema del credito cooperativo e popolare nelle varie forme storiche che esso ha avuto nel passato nei diversi paesi, o introducendolo dove, per ragioni storiche, non fu creato. E’ questa la via per restituire ai governi e ai rispettivi “ministeri del Tesoro” il controllo delle Banche Centrali nazionali e della Bce, ovvero la sovranità monetaria.

Tra le prime questioni da portare di fronte alle opinioni pubbliche europee, è lo stato del debito, di cui va dichiarata – di fronte all’evidenza – l’impagabilità strutturale. Ciò va fatto attraverso un audit che dovrà fornire, in tempi rapidi, un quadro attendibile e controllato del debito aggregato europeo, della sua composizione, dei debiti sovrani dei singoli Stati, siano essi membri della zona euro o esterni ad essa, identificando sia la struttura dei debiti che l’identità dei grandi creditori internazionali. I debiti sovrani dovranno essere progressivamente ristrutturati e riassorbiti mediante una tassa sulle transazioni finanziarie di qualsivoglia natura, non inferiore allo 0,1% dell’ammontare. Una vera Tobin Tax i cui proventi devono essere indirizzati anche allo sviluppo delle imprese, del risanamento sociale e ambientale, al finanziamento dell’istruzione e della ricerca. Si prevede l’istituzione di un fondo europeo speciale a tasso agevolato per il credito a medio/lungo termine, riservato alle piccole e medie imprese.

Le nuove collocazioni delle emissioni di obbligazioni sovrane dell’Eurozona saranno curate direttamente dal Tesoro degli Stati interessati, senza alcuna intermediazione bancaria privata, e riservate ai cittadini del paese emittente e ai cittadini europei ivi residenti. Le emissioni dovranno essere vincolate prioritariamente a creare lavoro e a destinazioni sociali, all’educazione e alla ricerca scientifica, alla sanità pubblica, alla tutela e bonifica dell’ambiente, alle energie rinnovabili, alla valorizzazione dei terreni e delle produzioni agricole. Le nuove obbligazioni sovrane dell’eurozona saranno nominative, non negoziabili, non cedibili, trasmissibili solo per via ereditaria, con scadenza non inferiore a cinque anni e non superiore a dieci, ad un tasso di riferimento non eccedente il doppio di quello praticato dalla Banca Centrale Europea resa pubblica.

Misure decise di riforma della finanza europea e internazionale (l’Europa dovrà agire su scala mondiale come protagonista sovrano) saranno anch’esse indispensabili. Tra esse è necessaria la separazione delle banche d’affari dalle banche di deposito e risparmio. Le Borse saranno il terreno d’azione delle sole banche d’affari speculative e di investitori istituzionali di vario genere. E’ fatto divieto di accedere alle Borse alle banche di deposito e risparmio. E’ fatto divieto di accesso alle Borse dei fondi speculativi comunque denominati. Annullamento di tutti gli impegni su titoli ceduti a tassi che superano il corretto interesse bancario (2,5-3 % al massimo). Lancio tra i cittadini di un prestito nazionale solidale così come fu fatto in Italia con il “prestito per la ricostruzione” del dopoguerra. Cessioni di titoli al prestito internazionale devono essere contrattate a livello dei governi dei vari paesi, dentro norme e costi concordati in modo trasparente e con la garanzia solidale dell’Ue.

Deve essere ripristinato, con apposita legislazione, il concetto della funzione sociale del credito, che è principio giuridico e politico. Le società di rating internazionali vanno bandite dall’Europa (la Guardia di Finanza e l’antimafia potrebbero prendersi carico del compito unificando così la lotta all’evasione con quella alla mafia) impedendo così il pilotaggio internazionale della speculazione, il riciclaggio e l’uso dei paradisi fiscali che sono il rifugio sicuro di ogni malversazione finanziaria. Le banche e le Borse che seguono questi indirizzi (che sono attualmente la pratica comune di tutta la finanza mondiale), andranno immediatamente “sospese” come si fa normalmente quando interviene una turbativa d’asta a scopo speculativo. Viene creato un osservatorio comunitario sull’economia e la finanza. Gli strumenti finanziari speculativi “over the counter” (ossia fuori del controllo istituzionale) dovranno essere messi fuorilegge. E’ fatto divieto di aiuti pubblici alle banche private. Il principio del “troppo grande per fallire” deve essere dichiarato illegale. La privatizzazione dei profitti e la socializzazione delle perdite è il comandamento del sistema bancario e la condanna dei popoli e va quindi dichiarato illegale.

Tutto ciò (e molto altro ancora) deve partire dall’introduzione di una politica europea per la redistribuzione del reddito, attraverso un sistema fiscale equo e condiviso. Ciò implica l’abrogazione del Fiscal Compact, che è il vertice massimo dell’ingiustizia e del furto di sovranità. Sappiamo che questa prospettiva incontrerà resistenze micidiali e reazioni scomposte. Mario Draghi ripete ad ogni passo che non esiste un “piano B” e che si proseguirà con l’euro così com’è. Ma diciamo che, se le cose procederanno in questa direzione, noi ci mobiliteremo per costruire delle casematte difensive, sotto forma di alleanze europee tra paesi più colpiti. Sia per fronteggiare il disastro sociale, sia per evitare di trovarsi di fronte, per esempio, a una Germania che – spinta da un egoismo populista, esce dall’euro per conto proprio, trascinando con sé un pezzo d’Europa che è agganciato al suo carro. Sarebbe una decisione davvero drammatica che segnerebbe la fine di un ruolo europeo della Germania e che ricadrebbe non solo sui tedeschi ma su tutta l’Europa, con ripercussioni di scala mondiale.
Le opzioni possibili di una “ritirata ordinata”, difensiva, dall’attuale sistema esistono e possono diventare concrete se perseguite con decisione e con un giusto calcolo dei rapporti di forza. Tra queste l’ipotesi di creare un “EuroSud”, che permetta a Grecia, Italia, Spagna, Portogallo, Francia, altri paesi “deboli” esterni attualmente all’Eurozona, si sottrarsi al colpo che viene loro inferto e che potrebbe diventare ancora più duro in condizioni di prolungata instabilità. Tra queste opzioni vi è anche quella di una trasformazione dell’euro in moneta di conto internazionale, sottraendogli la natura di moneta-merce, e utilizzando i sistemi di clearing per regolare i rapporti del commercio interno europeo e quelli tra area euro e sistema internazionale. Oppure l’introduzione concordata di monete nazionali che si affiancano all’euro per consentire un rilancio dell’intervento pubblico, incentivare la domanda locale e una fase di ripresa economica e sociale.

(Estratto del “Manifesto per l’Europa”, pubblicato da “Megachip” e redatto dal laboratorio politico “Alternativa”, guidato da Giulietto Chiesa. Al documento, presentato il 17 giugno a Bruxelles presso il Parlamento Europeo alla presenza di svariati gruppi politici europei, hanno lavorato intellettuali di diversa provenienza, come l’economista Bruno Amoroso, il diplomatico Agostino Chiesa Alciator nonché Piero Pagliani e Pierluigi Fagan).
(Fonte)
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