martedì 11 giugno 2013

PRIGIONIERI DELL'EURO




Quello che più deve preoccupare dell’allarmante titolo di questo articolo è che non l’ho pensato io, ma l’ho copiato pari pari dal titolo che Ross Douthat, uno dei più seguiti articolisti del New York Times ha dato al suo articolo di sabato 1 giugno: “Prisoners of the Euro”. È allarmante perché, se scrive certe cose un noto articolista del Times, che sta negli Stati Uniti, dove il liberismo è talmente connaturato e consolidato nella società che il massimo di spinta a sinistra e di egualitarismo che potete trovare è quello che in Europa potrebbe tutt’al più essere riconosciuto come modesto approccio ad un vago tentativo di socialdemocrazia, allora vuol dire che siamo messi veramente male. Ma cosa scrive Douthat? Scrive esattamente questo: “Attualmente l’Unione Europea non sta promuovendo la democrazia, il liberalismo e il rispetto dei diritti umani, sta invece sottomettendo i suoi Stati più deboli ad uno straordinario test di resilienza, conducendo un sempre più perverso esperimento tendente a vedere fino a che punto le norme liberali possono essere sopportate”.

È semplicemente micidiale nella sua efficacia questa frase. Douthat non fa giri di parole per trovare giustificazioni anche minimali al massacro del benessere sociale cui sono stati sottoposti in questi ultimi tre anni gli europei, va’ subito alle conclusioni e si chiede sostanzialmente se l’Europa sia finita in mano a degli squilibrati che vogliono semplicemente testare il livello di sopportazione della popolazione ad una cura di liberalismo puro iniettato a dosi massicce. Il test (stress test per la precisione) è basato sulla disoccupazione di massa cui sono stati sottoposti i popoli europei nel triennio esaminato, un periodo nel quale la disoccupazione ha raggiunto livelli di guardia assoluti per la tenuta della democrazia stessa.

Quando grandi paesi industrializzati come l’Italia e la Spagna raggiungono livelli di disoccupazione giovanile pari rispettivamente al 40% e al 50% (senza contare la Grecia che è già al 60%) è impossibile non prevedere che è solo questione di tempo per arrivare a sommosse anche violente della giovane popolazione e alla nascita (già se ne vedono in giro i germogli) di movimenti e organizzazioni che punteranno all’abbattimento dello Stato democratico per affidarsi a forme autoritarie capaci di spazzare via i responsabili (irresponsabili) che ci hanno portato a questo punto. Il meccanismo perverso che ha causato tutto questo, dice Douthat (ma ormai lo abbiamo già detto in molti anche noi, su Rinascita), è la moneta unica Euro, che ha messo tutti i paesi dentro ad un recinto unico dove però c’è solo un paese, la Germania, che può muoversi a suo piacimento nel suo elemento naturale. Ora, dico io, dare tutta la colpa alla Germania è fin troppo semplicistico. La Germania non ha costruito da sola questa situazione, vi ha contribuito la sua parte. Ma per il resto ci si è trovata come tutti gli altri. Semplicemente ne ha approfittato svergognatamente. Ma questo, per chi non se ne è ancora accorto, è nella norma delle ideologie liberali. 

Le decisioni sono state prese da una classe dirigente all’interno degli organismi europei largamente dominata da personaggi strettamente ispirati da questa ideologia. Una ideologia che nella gestione della cosa pubblica ha sotterrato completamente ogni sentimento di solidarietà per sostituirlo con quello della competizione pura: chi vince prende tutto. Una competizione però molto anomala, perché tende a preservare tutti i diritti e i privilegi ai ricchissimi, mentre procede come un rullo compressore a cancellare tutti quelli che le classi medie e povere si erano conquistate in un secolo di lotte operaie e sindacali. Il liberalismo continua ancora a promettere quelle opportunità di crescita nella scala sociale che erano il perno del successo del liberalismo stesso, ma che ormai sono diventate per tutti un miraggio, salvo pochissime eccezioni. Il capolavoro di follia pura applicata al metodo di governo è stata la sottoscrizione di tutti gli stati Europei al Patto di Stabilità e ai vincoli di bilancio”. 

Mettiamo pure in ipotesi che questi personaggi, in grande maggioranza provenienti da esperienze di amministrazione dominati dall’interesse personale, abbiano fatto questa scelta in buona fede, in un momento cioè in cui la crisi in Europa non era ancora arrivata a “mordere” a questi livelli. Ma ormai è da due anni che la crisi sta affondando la corazzata Europa, possibile che ancora non abbiano capito che la prima cosa da fare è cancellare, o almeno sospendere, immediatamente quelle scellerate norme? Nei giorni scorsi, dopo che in soli due anni ci hanno già quasi completamente dissanguato in termini economici, hanno accordato all’Italia l’uscita dalla procedura di “stabilizzazione per debito eccessivo”. Aveva lo scopo di costringerci, attraverso “riforme strutturali” (leggi “tagli al welfare”), di ridurre il debito. E stato ridotto il debito? Neanche per sogno! Grazie alla crisi che ci hanno buttato addosso il debito è persino cresciuto. Ma allora, ci voleva un genio per capire, appena iniziata la fase critica della crisi (più di un anno fa!), che quella dannata regola andava sospesa subito? No, non occorreva un genio, per il semplice fatto che lo hanno fatto apposta. 

La scusa era quella del debito, ma lo scopo era quello di cancellare le conquiste sociali. Eppure nemmeno i partiti della nostra cosiddetta “sinistra” sono stati capaci di opporsi seriamente a questo autentico flagello sociale. Dice ancora Douthat: “In una situazione così compromessa come quella che si è venuta a creare nel durante, e ancor più in prospettiva, l’unica soluzione seria per uscire immediatamente da questa spirale perversa (che come abbiamo visto in precedenza porta inevitabilmente a mettere a serio rischio l’intero sistema democratico), è l’uscita immediata dall’euro. Con il completo recupero della propria sovranità monetaria e di gestione della propria ricchezza, ogni Stato europeo potrà finalmente dimostrare le proprie capacità senza dover dipendere da controlli (e interessi!) esterni”. Personalmente ho già sostenuto almeno due anni fa questa soluzione come la migliore. 

Purtroppo più passa il tempo e peggiore diventa la situazione della nostra economia, rendendo quindi più difficile anche l’ipotesi dell’uscita dall’euro, che non sarebbe in nessun caso una “passeggiata”. Tuttavia, piuttosto che l’orribile futuro certo che ci prospettano questi strateghi della “morte lenta”, meglio l’avventura dell’uscita immediata dall’euro. In fondo la forza dell’Italia non è certo l’euro, è la nostra capacità di produrre beni e servizi, e quello possiamo farlo benissimo con la lira (o altra moneta da creare). Dicono: ma dopo, chi comprerà ancora il nostro debito? Risposta: cosa centra il debito con la moneta? Il debito lo pagheremo con la nuova moneta, tutto qui. Dicono: ma gli investitori avranno paura e non compreranno più il nostro debito. Risposta: se è vero che (e credo sia vero) che gli investitori esteri sono già scappati quasi tutti dal nostro debito, il problema diventa praticamente solo interno all’Italia. E perché dovrebbero il 90% degli italiani pagare interessi da strozzini al 10% che ha in mano quasi tutto il debito italiano? In tal caso una ristrutturazione del debito risolverebbe il problema anche per le future generazioni e l’Italia potrebbe in pochi mesi ripartire alla grande. 
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