lunedì 16 dicembre 2013

MA PERCHE' IL MINISTRO CANCELLIERI VUOLE A TUTTI I COSTI IL BRACCIALETTO ELETTRONICO?

UN PO' DI STORIA

Braccialetti elettronici, un flop da 80 milioni di euro

Il ministro Cancellieri vuole usarli contro gli stalker. Ma i dispositivi già hanno fallito. Dovevano risolvere il sovraffollamento delle carceri. Ma dal 2001 sono stati applicati solo 14 volte.


10 Maggio 2013 - Adesso il neoministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri lo propone per tenere d'occhio gli stalker. Ma quello del braccialetto elettronico è ormai un tormentone che va avanti da oltre un decennio tra montagne di polemiche e topolini in termini di risultati concreti.
Intanto va ricordato che la stessa Cancellieri è in odore di conflitto di interessi quando parla di braccialetti (che siano per i detenuti ai domiciliari o per gli stalker), visto che il dominus dell'appalto è da sempre Telecom, azienda presso cui il figlio dell'ex prefetto, Piergiorgio Peluso, è responsabile del settore Administration, finance and control.


NESSUNA APPLICAZIONE ESTESA. Ma l'aspetto peggiore della vicenda è un altro: il dispositivo tecnologico che funziona con il Gps è costato allo Stato svariate decine di milioni di euro e, al di là degli scontri politici, non ha mai avuto l'applicazione estesa e capillare che ha invece arrecato grandi benefici alle politiche detentive degli altri Paesi occidentali.
La sua introduzione risale a un decreto del novembre 2000 convertito poi nella legge 341 del 19 gennaio 2001. Ma se ne parlava già dalla seconda metà degli Anni 90, nell'ottica di un alleggerimento dell'emergenza legata al sovraffollamento carcerario (oggi circa 67 mila detenuti per 45 mila posti).

A TELECOM TUTTO L'APPALTO. La prima sperimentazione del braccialetto (o della variante cavigliera) fu fatta solo nelle città di Milano, Roma, Napoli, Catania e Torino con diverse aziende, mentre Telecom all'inizio doveva occuparsi solo della rete e non degli strumenti.
Al termine della stentata sperimentazione, il ministro dell'Interno dell'epoca, Giuseppe Pisanu, sentì l'Avvocatura dello Stato e poi firmò un accordo, il 6 novembre 2003, con il colosso della telefonia quale referente unico e fornitore diretto del sistema.

SPESA PER 100 MLN IN NOVE ANNI. Il braccialetto elettronico doveva mandare impulsi radio a un'unità ricevente installata nell'abitazione del detenuto che, tramite linea telefonica, inviava segnalazioni alla centrale operativa Telecom.
Il contratto comportò un esborso per i contribuenti non indifferente, visto che valeva circa 10,3 milioni di euro per il solo 2003 e poi un canone da 10,9 milioni per ogni anno dal 2004 al 2011. In pratica, quasi 100 milioni in nove anni.

Le evasioni con il braccialetto elettronico

L'accordo firmato da Pisanu ebbe esiti disastrosi, ma c'è da dire che anche il pre-contratto firmato nel 2001 dal governo Amato (Enzo Bianco era ministro dell'Interno) non era certo scevro da errori e incongruenze.
Il 21 aprile 2001, infatti, quando era stato applicato il primo dei 400 braccialetti alla caviglia del trafficante peruviano Cesar Augusto Albirena Tena, l'uomo tagliò semplicemente la plastica e poi fece perdere le sue tracce.


LA FUGA DEL BOSS MAFIOSO. Il suo gesto fu presto imitato dal killer Antonino De Luca, mentre il 21 luglio 2002 un boss di Cosa nostra, malato di Aids, riuscì a fuggire con addosso il braccialetto elettronico dall'ospedale Sacco di Milano, dove era ricoverato in detenzione domiciliare.
Fece sorridere, invece, il caso del rapinatore Mario Marino che, esasperato, se lo tolse platealmente per farsi rimettere in carcere: il braccialetto infatti suonava di continuo e non lo lasciava dormire la notte.

LO STOP DECISO DA CASTELLI. Toccò allora al ministro della Giustizia del tempo, Roberto Castelli, stendere un velo pietoso e chiudere la fase della sperimentazione nella seconda metà del 2003, sostenendo la anti-economicità del presidio tecnologico. Peccato che il collega Pisanu avesse scelto nel frattempo di affidarsi in toto a Telecom.
Le frizioni, in seno al governo di centrodestra, tra Viminale e via Arenula sul braccialetto si presentarono però puntualmente qualche anno dopo.

RIPROPOSTO DA ALFANO. Stavolta si trattava del Berlusconi IV e il Guardasigilli Angelino Alfano ritirò fuori il tormentone nel 2008, parlando di un sofisticato aggeggio elettronico che sarebbe servito a controllare 4.100 detenuti, ai quali restavano da scontare non più di due anni e che dunque potevano rimanere ai domiciliari.
Il collega dell'Interno Roberto Maroni rimase freddo e il predecessore di Alfano, il solito Castelli, tornò a bocciare la misura. Risultato? Nulla di fatto.

MARONI: COLPA DEI GIUDICI. Maroni, però, diede la colpa della scarsa applicazione alla magistratura, visto che tocca ai giudici decidere o meno per l'assegnazione del braccialetto al detenuto. E il risultato fu che il dibattito tornò a riaccendersi in una sterile coazione a ripetere, che intanto condannava il Paese al solito immobilismo.

Per Telecom non c'era alcun problema operativo
Nel 2010, Gianfilippo D'Agostino, allora direttore del public sector di Telecom Italia, disse in un'audizione in Commissione giustizia della Camera: «Il Viminale ci chiese di riorganizzare la sperimentazione, sempre con 400 braccialetti, ma allargandola a tutto il territorio nazionale». E Telecom ha disposto «un servizio attivo 24 ore al giorno, con una grande centrale di controllo installata a Oriolo Romano, ben protetta e collegata con tutte le questure d'Italia. L'allarme avrebbe suonato al più tardi dopo 90 secondi dalla fuga o dalla manomissione degli apparecchi. E dal 2003 a oggi non abbiamo rilevato alcun problema operativo».

Come a dire: noi siamo in regola, non è un problema nostro.
La Telecom, dunque, continuava a intascare senza colpo ferire, mentre di braccialetti in giro se ne vedevano pochissimi. Tanto che nel 2010 la media annua di utilizzo era intorno alle 10 unità, con un esborso di circa 5 mila euro cadauno.

SERVE LIBERARE LE CARCERI. Poi la bomba: a fine 2011 il vicecapo della Polizia, Francesco Cirillo, si presentò in audizione al parlamento e disse: «Il braccialetto? Se fossimo andati da Bulgari avremmo speso meno».
Eravamo ai tempi dell'entrata in vigore del decreto Severino, dal nome della Guardasigilli Paola Severino. Il provvedimento prevedeva, tra l'altro, «il divieto di conduzione della persona arrestata nella casa circondariale. A tale divieto è possibile derogare solo quando non sia possibile assicurare altrimenti la custodia dell'arrestato da parte degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, per esempio per l'indisponibilità di locali idonei».
Lo scopo era quello di decongestionare le carceri e una delle soluzioni individuate, manco a dirlo, era il braccialetto elettronico.

PROGETTO RINNOVATO AL 2018. Il ministro in persona rispose a Cirillo che la nuova normativa era stata totalmente concordata con il l'Interno e con i vertici delle forze di polizia. Ma tant'è.
Nel frattempo, arrivava a scadenza il contratto con Telecom e il ministro dell'Interno Cancellieri si diede subito da fare per rinnovare la convenzione. Stavolta per sette anni, dal 2012 al 2018.
Intanto, però, alla fine del 2012, la Corte dei conti mise finalmente il becco nella vicenda e stabilì che 81 milioni di euro per 14 bracciali (quelli entrati davvero in funzione dal 2001 al 2011, 5,7 milioni cadauno) erano un po' troppi.

LO STOP GRAZIE A FASTWEB. Morale? L'appalto da 521 milioni Viminale-Telecom (non comprendeva solo i braccialetti) andava rifatto daccapo e magari con una gara.
Nel frattempo, comunque, si è inserita Fastweb che ha deciso di presentare ricorso al Tar contro l'accordo e a quel punto si è scatenata la battaglia di fronte alla giustizia amministrativa con tanto di annullamento della convenzione da parte del Tribunale regionale e il successivo intervento del Consiglio di Stato che ha respinto il contro-ricorso Telecom, rimandando però tutto alla Corte di giustizia dell'Unione europea.
Le carceri scoppiano? Pazienza, la querelle sul braccialetto è destinata a continuare.
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MA VENIAMO ALL'ATTUALITA'
Cancellieri: braccialetto elettronico tra le misure che discuteremo in Cdm
Il ministro della Giustizia a Bologna per il concerto dei detenuti al carcere Dozza: "Al Consiglio dei ministri di martedì portiamo una serie di iniziative che riguardano la detenzione"
14 dicembre 2013 - "Al Consiglio dei ministri di martedì prossimo portiamo una serie di iniziative che riguardano vari aspetti della detenzione": lo ha detto a Bologna, a margine dell'esibizione del coro Papageno al carcere della Dozza, di cui fanno parte detenuti e volontari, il ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, commentando le misure che verranno discusse nei prossimi giorni. 
Braccialetto elettronico e libertà anticipata, ha detto ancora il ministro, "fanno parte del pacchetto". Il ministro non ha voluto entrare nel merito sulle varie misure. "E' complicato - ha spiegato - facciamo prima il Consiglio dei ministri anche perchè attendo con ansia di portarle". In discussione misure per tossicodipendenti, stranieri, per aumentare le possibilità  di lavoro, mentre la detenzione domiciliare che scade alla fine dell'anno, ha detto ancora il ministro, "quella sarà sicuramente prorogata". 
Riguardo all'aumento dei posti annunciati nelle carceri, il ministro ha replicato che "sono tutti lavori cantierati, si tratta soltanto di avere le varie consegne. Quello - ha concluso - è un progetto che va avanti, ma vanno avanti anche tante altre cose nel mondo del carcere".

CONSIDERAZIONE

Mi sembra che questa storia sia un enorme conflitto di interessi in quanto il figlio della Cancellieri (Peluso) è ora in Telecom la società che fornisce i braccialetti. Telecom ha ringraziato per il rinnovo del contratto. Piergiorgio Peluso che, qualche mese dopo quel rinnovo di contratto, firmato proprio dalla madre, ha ottenuto un prezioso posto di lavoro a Telecom Italia con l'incarico di responsabile del settore “Administration, finance and control” da seicentomilamila (600.000,00) euro l’anno.
Sarà forse solo un caso ma ....
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