VERITA’ MANIPOLATA
Perché viene chiamata “democrazia” un belpaese in
cui l’aspirante governo è stato eletto dal 20 per cento dell’elettorato attivo
(tenendo conto anche dei quasi 14 milioni di cittadine e cittadini che non hanno
votato o hanno invalidato la scheda elettorale)? Rispondere a questa domanda
significa toccare una protagonista assoluta (ma ignorata) della scena sociale. Infatti,
c’è un’unica parola d’ordine ad imperversare, ma sotto traccia, apparentemente invisibile.
La menzogna
è l’unica assoluta protagonista - ovviamente mai nominata dagli attori, pardon
dalle comparse del Potere - del discorso pubblico contemporaneo. In tempi di cibernetica
avanzata, i segreti e i silenzi non bastano: la verità deve essere
neutralizzata in altro modo. Di conseguenza, si propinano versioni di comodo
dei fatti, si distrae l’attenzione dai problemi reali dando il massimo rilievo
a questioni di scarsa importanza, si inventano pericoli e nemici inesistenti
per eludere quelli reali, si passa il bianchetto su tesi scomode a chi balla
sul palco dell’avanspettacolo politico, si alimentano paure di massa, si usa il
malcontento generale per il proprio tornaconto. E così, a margine, va in onda grazie
a gente inconsapevole, ma in particolare a servi e lacché di turno, la sindrome
da commento a tutto spiano: insomma, un’illusione di partecipazione alla vita
sociale.
In particolare, le verità scomode vengono
neutralizzate riformulandole in maniera appropriata, in modo che non possano
infastidire. Il terreno fondamentale su cui ora viene combattuta la guerra
contro la verità è ancora e sempre, quello del linguaggio che tradisce i contenuti
reali. Si tratti di persuadere l’opinione pubblica dell’utilità di una guerra
(il caso italiano). Oppure dell’opportunità di politiche economiche socialmente
inique (sempre il caso italiano), si tratti di tranquillizzarla sul dilagante
inquinamento ambientale o di persuaderla della inevitabilità del degrado
istituzionale, gli effetti voluti dal sistema di potere non cambiano, quando le
redini sono in mano a più o meno abili dirottatori dei sentimenti e delle
emozioni.
Il potere delle parole risulta ancora decisivo per
la costruzione ed il consolidamento del consenso, anche se Casaleggio & Grillo intendono rimuovere i libri di testo dalle
scuole nel loro programma formato bignami. Basta fare un esame critico dei
luoghi comuni usati dai contendenti sulla scena per conto terzi: Berlusconi, Bersani, Renzi, Vendola, Monti,
Napolitano e l’ultimo arrivato, il duetto Grillo&Casaleggio. In
termini di sedicenti contenuti, non c’è alcuna differenza sostanziale. C’è un
unico comune denominatore: sono lontani anni luce dalla politica intesa come
realizzazione del bene comune.
Prendete Casaleggio, ops, Grillo (scusate il lapsus,
sic!) con il seguito di adepti e tifosi accomunati dallo scontento: se questo è
il livello delle proposte politiche, tanto vale fare subito il mago Otelma
presidente del Consiglio. Sbotta l’ ex comico, ragioniere: “La nostra è una
pseudo rivoluzione disordinata”. Che vuol dire? Ma parla come mangi a quattro
ganasce. Eppure gli ultimi arrivati si ritengono addirittura gli unici custodi
della verità assoluta. E guai a metterli in discussione critica. E’ lapalissiano:
una “nuova” strategia politica va inserita in una strategia globale di
controllo del consenso e manipolazione delle aspettative collettive. In una
parola: il marketing politico di Casaleggio Associati, o se si preferisce il
neuro-marketing. La politica è, però, ben altra cosa. Il metro di lettura è
sempre unico, anche se viene sciorinato con forme suadenti: produzione e
profitto. Ergo: la vittoria di M5S sembra attestare la debolezza dell’azione
politica contemporanea, più che non la possibilità di un’azione diretta in
vista di un cambiamento positivo.
Grillo è il sintomo di questa crisi, non la cura. Ha
beneficiato di esagerata attenzione e ha permesso notevole confusione, perché è
saltato fuori dallo stesso palcoscenico mediatico. Grillo, o meglio chi per
lui, ha misurato le insufficienze altrui, ha coagulato molto scontento, ma non
ha il compito, soprattutto le capacità, di offrire all’Italia un punto e a
capo. Non è in grado e sta barando sfacciatamente. Al tavolo del poker si sa come va a
finire, in tal modo. Anche perché il sistema italiano è in “crisi” indotta dalle
speculazioni finanziarie (di chi oggi adula platealmente il pifferaio: alla
voce Goldman Sachs), ma non è collassato. Un nodo cruciale: l'Italia è priva di una classe dirigente, non solo in ambito politico.
Più di tutto, c’è un dettaglio grande
più dell’Everest: nel 2008 mister Beppe Grillo, ha incontrato segretamente l’ambasciatore
USA in Italia, certo Ronald Spogli (al servizio di Bush junior). E non hanno
certo chiacchierato di cibo, ma del prossimo scenario politico nello Stivale. Meno
di un anno dopo, spunta il Movimento 5 Stelle. Che singolare combinazione. Certo
M5S era stato preceduto alle amministrative dalle liste grilline, ma non era
stato un successo, anche se poi Grillo (e tutta la sua macchina mediatica)
aveva fatto campagna elettorale alle europee per Luigi De Magistris e Sonia
Alfano (il primo ha votato per il ritorno del nucleare e l’altra ha innescato
una “folgorante” carriera; entrambi senza mai interrogarsi pubblicamente sui
disastri del Trattato di Lisbona - in termini di restrizione di libertà - approvato
il 13 dicembre 2007, ma entrato in vigore il primo gennaio 2009) C’era bisogno
di un riconoscimento e di un incoraggiamento , o se preferite, di uno sponsor
di peso. Et voilà: Uncle Sam.
D’altro
canto, al cambio della guardia, la casta per
eccellenza è in procinto di suicidarsi, rincorrendo su un terreno
scivoloso l’
“animale da palcoscenico”. Questo è un bene: ci vuole un ricambio, anzi
una rigenerazione. Basta con questi parassiti autoreferenziali e
corrotti. Occuparsi seriamente della cosa pubblica non è lo
stesso che mandare in scena il cabaret. Non tutto è perduto: anzi, la
crisi
anche in senso etimologico, indica un punto di svolta.
La menzogna, però, chiama in causa la società malata in cui
nasce e prospera, alienata continuamente almeno in due modi. In primo luogo, in
quanto presuppone che la realtà sociale debba essere in qualche modo occultata
o travisata per potere essere accettata; sotto questo profilo il grado di
falsità del discorso pubblico contemporaneo è un buon indicatore delle
anomalie. Inoltre, la diffusione stessa della menzogna implica l’esistenza di
meccanismi sociali in grado di favorirne la produzione e la diretta
propagazione.
L’ignoranza è la madre di ogni cieca ed insensata
devozione. Il guru del guru sarà anche considerato un esperto del web, ma in
politica è un dilettante allo sbaraglio e se ne accorgerà presto. Una delle sue tante
gaffe? Ha dichiarato in un’intervista televisiva che “democrazia diretta”
significa vigilare i propri dipendenti”. Quale futuro si auspica la Casaleggio Associati? In una battuta: la
mercificazione delle emozioni e delle esperienze virtuali? Perché a quanto pare
il nuovo arrivato sotto mentite spoglie (di lato, non dietro al capo di carta
velina), usa lo stesso metro: consumo e profitto.
L’Italia non è l’America del
Nord, anche se da decenni è in atto un’omologazione impressionante, modulata
sull’immaginario collettivo, a partire dal Cinema (usato per la propaganda più
smaccata) e dalla Rete (un’invenzione militare USA concessi ai civili per finalità di controllo, non dimentichiamolo mai!).
Occhi
aperti: è in gioco la perdita del futuro. Che fare in una nazione ricca
di talenti,
intelligenze e creatività che nel resto del mondo sognano ad occhi
aperti?
Rimedi? Le strategie di resistenze sono molteplici. Sta noi, metterle in
campo
ed attuarle senza farci condizionare dal discorso corrente del Potere,
teso a
consolidare il suo dominio sulla nostra esistenza. Occorre tuttavia
andare
oltre: bisogna passare all’offensiva antropologica. Non è possibile
assoggettarsi
a questa subdola dipendenza televisiva-internettiana. Ma vi rendete
conto dell'assoluta scarsità di contenuti culturali e del bieco
appiattimento su slogan
commerciali?
L’unica “guerra” persa è quella che si ha paura di
combattere. Su la testa!
(Fonte)
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