I cinghiali e le scorie nucleari stivate a Saluggia?
Cinghiali radioattivi in Valsesia. È giallo sul “cesio 137”
Si chiama «cesio 137» ed è il nome di un incubo che riporta al
1986, l’anno di Cernobil. Un isotopo radioattivo. Nucleare. Dista
migliaia di chilometri la Valsesia, provincia di Vercelli, terra
all’ombra del monte Rosa, eppure hanno trovato tracce di questa sostanza
nella lingua e nel diaframma di 27 cinghiali del comprensorio alpino
abbattuti dai cacciatori tra il 2012 e il 2013. Tracce così consistenti
da costringere il ministro della Salute, Renato Balduzzi, a convocare in
fretta e furia i carabinieri del Nas e del Noe. E’ stata superata fino a
dieci volte la soglia prevista dai regolamenti in caso di incidente
nucleare. Dopo la prima riunione urgente del coordinamento, a Roma,
prevista per questa mattina, partirà alla volta delle montagne
vercellesi un laboratorio mobile della sezione inquinamento da sostanze
radioattive, il nucleo specializzato che fa parte del reparto operativo
Noe. Saranno sentiti i cacciatori del comprensorio, sarà tracciata una
mappa per ricostruire l’itinerario seguito dagli ungulati e individuare
l’area esatta in cui sarebbero venuti in contatto con il terreno. Già,
perché come fanno notare gli esperti, è lì che bisogna cercare. La
terra. L’erba. Il fantasma di Cernobil, se è da lì che parte tutto, deve
aver lasciato tracce del proprio passaggio dove hanno pascolato questi
animali.
La scoperta, che per molti è già sconvolgente, è nata quasi per caso.
Da un esame di routine dei tecnici del servizio veterinario regionale. I
campioni, come sempre accade dopo le battuta di caccia, erano stati
prelevati per essere sottoposti a un’indagine sulla trichinellosi, una
malattia parassitaria che colpisce per lo più suini e cinghiali. Una
prassi, appunto. Poi, come sottolineano dal ministero della Salute, «gli
stessi campioni sono stati sottoposti a un test di screening per la
ricerca del radionuclide cesio 137, così come previsti da una
raccomandazione della Commissione europea». I risultati hanno
dell’incredibile: in un numero consistente di campioni (non si conosce
ancora il numero esatto) il livello di cesio 137 è da record. Arriva
fino a 5.621 Becquerel per Kilo quando il livello di guardia è 600
Bq/Kg. Ne sono stati inviati dieci campioni su ventisette al Centro
nazionale di Foggia, che si occupa della ricerca della radioattività nel
settore zootecnico veterinario.
(tratto da: fonte)
Ma lo ricordate che..........
Alluvione, ore di paura ai depositi nucleari piemontesi, ma il pericolo è scampato
Il
ricordo delle inondazioni passate, in particolare quella del 2000 in
cui si sfiorò l’incidente atomico, si fa ancora sentire. In
provincia di Vercelli sono stipate il 50 per cento delle scorie
italiane.
L’emergenza
pioggia non ha solo tenuto col fiato sospeso i cittadini di Torino e
Alessandria, allarmati per le piene del Po e del Tanaro, ma
soprattutto i piemontesi residenti in provincia di Vercelli,
costretti a vivere di fianco ai depositi (ed ex centrali) nucleari di
Trino
e Saluggia.
Gli
esperti del centro operativo della Protezione civile regionale e
dell’Arpa garantiscono che, nonostante il maltempo, “non c’è
stato nessun pericolo” ai siti atomici in questione. Se da una
parte il deposito di Bosco
Marengo
(Al) è distante dai corsi d’acqua, dall’altra l’ex centrale di
Trino, vicino al Po, e i depositi di Saluggia,
circondati da Dora Baltea e i canali Fanali e Cavour, non sono stati
toccati. “Non c’è stata nessuna esondazione del Po e della Dora
Baltea”, affermano i tecnici che rassicurano: “Gli impianti sono
stati oggetto di particolare attenzione e monitoraggio continuo”.
Domenica
si era diffuso il timore per il livello Po a Trino, dove il fiume ha
solo ricoperto le golene. “C’è sempre un po’ di paura”, dice
Gianpiero
Godio,
responsabile del settore energia per Legambiente
in Piemonte e membro “laico” della commissione Ambiente nel
Comune di Saluggia. Il ricordo delle alluvioni passate, in particolar
modo quella del 2000 in cui si sfiorò l’incidente nucleare, si fa
ancora sentire.
“Abbiamo
avuto delle grosse esondazioni nel 1993, nel 1994 e nel 2000 –
racconta – In soli sette anni ci sono state per tre volte alluvioni
considerate come eventi catastrofici molto rari”. In questi giorni
però la piena era più debole: “La Dora
Baltea
si è ingrossata, ma in maniera minore. La portata era di 800 metri
cubi al secondo ed è passata via, mentre in passato ha raggiunto i
2000 o i 3000 metri cubi. Certo, a sapere che in quei depositi c’è
il 50 per cento delle scorie nucleari italiane non si sta molto
tranquilli”.
Per
queste ragioni i tecnici dell’Agenzia regionale per l’ambiente,
incaricati del monitoraggio “radiologico ionizzante” e cioè del
controllo delle radiazioni, hanno effettuato dei sopralluoghi nei
siti di Saluggia martedì mattina. “Non c’è stato nessun
problema in nessuno dei tre siti in Piemonte perché non ci sono
state esondazioni – racconta Laura
Porzio,
una degli esperti – Noi siamo entrati nell’impianto del deposito
‘Sorin-Avogadro’, il più colpito in passato perché vicino al
canale Farini”. Questa struttura, una volta del gruppo
Fiat,
è un complesso diviso in due parti: una, quella della Sorin, dove si
preparavano prodotti farmaceutici con radioisotopi, è destinata a
deposito di rifiuti radioattivi solidi e ha una nuova rimessa, più
sicura, ultimata un paio di anni fa.
Nella
seconda zona, Avogadro, “c’è ancora la piscina, che era quella
del reattore e ora funziona come deposito del combustibile nucleare
irraggiato”, spiega Porzio. Per Godio è un’area rischiosa: “Sta
a 700-800 metri dal fiume e non ha alcuna difesa”. Come ricorda
l’esperta dell’Arpa: “Nel 2000 sono stati allagati solo i
locali ausiliari e non l’isola nucleare, però il sito
Sorin-Avogadro non ha le protezioni del sito Eurex-So.g.i.n.”.
Questa
è l’area che desta più preoccupazioni, ma anche dove sono stati
apportati dei miglioramenti. Si tratta di un ex centro ricerche
dell’Enea passato ai privati di So.g.i.n: “È il primo impianto
che la Dora Baltea incontra quando esonda e allaga – dice Porzio -.
Nel 2000 abbiamo rischiato che il fiume entrasse nel sito. Nel 2002 è
stata terminata la costruzione di un muro di difesa idraulica alto
cinque metri e profondo quindici. Prima aveva una piscina con il
combustibile irraggiato, ma dopo i rischi passati è stato tutto
trasferito all’estero e la piscina è stata svuotata”. La
soluzione del muro di cinta non convince il rappresentante di
Legambiente: “Eurex è attaccato al fiume e l’impianto viene
ugualmente alluvionato perché per il principio dei vasi comunicanti
l’acqua sale dalle profondità”.
(tratto da: Fonte)
Nessun commento:
Posta un commento