Enel chiude le centrali ad olio combustibile
16/03/2013
- Il nostro Paese produce più energia di quanta non ne abbia bisogno a
causa della pressione delle energie rinnovabili ma grazie alle centrali
a petrolio l'azienda riceverà dalle bollette dei cittadini 250 milioni a
fondo perduto solo per tenerne pronte alcune in caso di emergenza
invernale
Ed a quanto pare l’Enel si è decisa. Pressata
dall’avanzata delle energie rinnovabili, caratterizzate da migliori
risultati a minor costo con un ridotto impatto sull’ambiente, l’ex
monopolista dell’energia elettrica italiana ha stabilito che le vecchie centrali ad olio combustibile, attualmente usate come “riserva” in caso di necessità, verranno “congelate“.
LE PAROLE DI CONTI - A comunicarlo è stato
l’Amministratore Delegato Fulvio Conti, in occasione della presentazione
del piano industriale 2013-2017. Come riporta “il Mondo“,
l’intenzione e quella di riconvertire alcuni degli impianti ad olio
combustibile ed a gas convenzionale. Intanto resta la certezza che
questi verranno congelati. La decisione è dovuta al fatto che ormai nel
nostro Paese c’è, per usare le parole di Conti,
“un evidente eccesso di capacità produttiva di energia, legato allo sviluppo impetuoso delle rinnovabili e alla riduzione della domanda”
In sostanza l’Italia produce più energia di quanto serva. Messa così
potrebbe essere la risposta che mancava a tutti coloro che invocavano il
Nucleare per arrivare all’autosufficienza energetica. A confermarlo il
resto della dichiarazione di Conti, per il quale il ridimensionamento
della capacità produttiva del nostro Paese passa dal “blocco” degli
“impianti di piccola dimensione che vanno ancora a olio combustibile o a
gas convenzionale”.
I PRIMI PASSI - Nel corso della conferenza stampa
Conti ha spiegato che queste centrali ”sono essenziali perché proteggono
il paese da improvvise carenze di gas, come la crisi del gas
dell’anno scorso. Si guadagnano ancora la loro vita ma nel corso del
tempo questa loro essenzialità verrà meno”. Per questo motivo questi
impianti verranno “ritirati” per poi essere successivamente esaminati
caso per caso per valutare la possibilità di una riconversione, il tutto
entro i cinque anni previsti dal piano industriale. Il primo
“congelamento” sembra sia stato già deciso, almeno a sentire Confindustria Livorno.
Parliamo della centrale di Tor di Sale, la quale potrebbe essere
congelata appunto in base a quelle che sono state le dichiarazioni di
Fulvio Conti. L’Enel punta a ridurre la produzione di energia dell’11,9
per cento e per questo si pensa di “bloccare” i quattro gruppi ad olio
capaci di genere 320Mw per una potenza complessiva di 1280 Mw.
COSA S’INTENDE PER OLIO COMBUSTIBILE? - Prima di andare avanti cerchiamo però di spiegare cos’è l’olio combustibile, aiutandoci con la spiegazione data dall’Eni.
Parliamo di una miscela di idrocarburi che si ottiene diluendo un
residuo ad alta viscosità con un distillato, detto “flussante”. Nelle
raffinerie prive d’impianti di conversione il residuo è dato dalla
distillazione atmosferica. In quelle più complesse, invece, può essere
di vario tipo. I flussanti possono essere invece tagli di prima
distillazione come il cherosene o i gas figli del “cracking”. L’olio
viene prodotto nella combustione straordinaria per la produzione di
vapore. Questo viene usato sia per scopi industriali sia per la
generazione di energia elettrica in piccole centrali.
I LIMITI DI LEGGE - Le centrali ad olio combustibile sono dormienti e vengono attivate solo in caso di necessità. Il decreto legislativo 152/06 impone il divieto dell’uso di simili centrali per una potenza inferiore ai 300 watt a decorrere dal 2007. Le leggi regionali, vedi il decreto 1247 del Piemonte,
hanno imposto norme sempre più stringenti. Il Decreto Sviluppo ha però
previsto che quelle bloccate per legge, nazionale o regionale, restino
comunque “attive” per un periodo specifico di tempo (che si esaurirà
entro il 31 marzo) qualora si ripeta una necessità di approvigionamento
come avvenuto nel 2012. Questo sarà un argomento che affronteremo con
dovizia di particolari ma prima soffermiamoci sulle parole di Conti, il
quale ha detto, in soldoni, che l’Italia produce più energia di quanta
non gliene serva.
QUANTA ENERGIA SI PRODUCE IN ITALIA? - A questo punto analizziamo i dati statistici del 2011 prodotti da Terna
per capire quanto c’è di vero in queste parole. Rispetto al 2010 c’è
stata una crescita dei consumi pari all’1,3 per cento in tutti i
settori, con un boom dell’agricoltura, con uno zompo del 5,3 %, pari a
5,9 miliardi di kWh. Per questo risultato ha contribuito anche la
crescita delle rinnovabili, con un +7,8 per cento, e l’incremento della
produzione fotovoltaica, per un +466,5 per cento. Al primo posto nella
produzione di energia elettrica in Italia si conferma il gas naturale,
con una quota pari al 64,4 per cento. Nonostante questi numeri ancora
oggi su 20 regioni, 12 sono in deficit di produzione rispetto al
fabbisogno.
CONSUMI - settore industriale è cresciuto dell’1,2
per cento per un consumo complessivo di 140 miliardi di kWh, mentre il
terziario ha richiesto 97,7 miliardi di kWh. In leggera crescita anche
il domestico, per un totale di 70,1 miliardi di kWh. Questi numeri sono
stati soddisfatti per l’86,3 per cento dalla produzione nazionale per un
totale di 288,9 miliardi di kWh. Una cifra enorme, cresciuta dello 0,9
per cento rispetto al 2010. Significa che in Italia si produce più
energia. Le importazioni si “limitano” a 45,7 miliardi di kWh. Anche in
questo caso si è però registrato un aumento rispetto all’anno
precedente, per l’esattezza del 3,6 per cento.
LE PERFORMANCES DELLE REGIONI - La regione più
deficitaria? Il Veneto, con un rapporto produzione consumo pari al -59,1
per cento (-57,6 nel 2010). Al secondo posto le Marche, con un deficit
del 54,9 per cento (era al 47,3 nel 2010), al terzo la Campania con
-47,7 % (era al 43,6 nel 2010). Tra le regioni in attivo, il primo posto
va alla Valle d’Aosta con un surplus del 137,1% (+156,8% nel 2010) e al
secondo posto il Molise con +102,1% (+109,8% nel 2010); al terzo posto
troviamo invece la Puglia con un surplus del 85,4% (era al quarto posto
nel 2010 con un surplus del 79,1%).
(Fonte)
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