Pelino, senatrice Pdl, condannata per 13 mila euro di vestiti non pagati: se la Casta vive a sbafo
Il conto con la giustizia si fa
sempre più salato per deputati e senatori di marca Pdl. A entrare
ufficialmente nel novero degli impresentabili stavolta è Paola Pelino,
senatrice eletta in Abruzzo. La sulmonese, parente degli industriali
dei confetti, è stata colpita da ingiunzione di pagamento: deve versare
13 mila euro al negozio “La Gabrielli” per vestiti mai pagati e
acquistati nel 2009. Possibile che la Casta debba anche vivere a sbafo?
La
sua mancanza lei la giustifica con la mancata emissione dello scontrino
fiscale da parte della boutique pescarese. Per i cittadini invece
sapere che una parlamentare e del resto anche industriale non paga i
suoi vestiti è come un pugno nello stomaco.
CHI È PAOLA PELINO E PERCHÈ AVREBBE DOVUTO PAGARE I VESTITI
Ecco la sua breve biografia. La sua attività politica comincia nel 2006 quando viene eletta nelle file di Forza Italia alla Camera. Nel 2008 la sua passione per Berlusconi resta intatta e viene rieletta sempre a Montecitorio ma questa volta con il Pdl.
La
sua carriera parlamentare va di pari passo con quella dell’ex premier
perché quest’anno, al pari del Cavaliere, si vede spostata ed eletta
nelle liste del Senato della Repubblica.
Già
solo pensando allo stipendio da Deputata pensiamo che poteva avere a
disposizione il denaro che le serviva per acquistare vestiti tanto
costosi.
Come diceva però Corrado Mantoni: non finisce qui. Perché Paola Pelino è anche socia e membro del Consiglio di Amministrazione della Fabbrica Confetti Pelino Srl –Sulmona (Aq).
La
Ditta, fondata nel 1783 da Berardino Pelino, è stata tramandata di
padre in figlio (Paolo, Francesco, Paolo, Alfonso, Mario, Alfonso e
Olindo) ed ereditata dai figli e figlie di questi ultimi nel 2002.
Terminati
gli studi Paola Pelino ha svolto per oltre vent’anni l’attività di
responsabile del marketing e pubbliche relazioni dell’azienda di
famiglia.
A conferma della sua professionalità le sono stati conferiti vari riconoscimenti: Commendatore della Repubblica italiana; Premio Marisa Bellisario,
1993; Donna Manager, 1993; Donna Oggi, 1996; Minerva D’Oro
Confartigianato, 1997; Premio Simpatia Campidoglio, Roma 1997; Premio
Pericle D’Oro 2004 – Per la ricerca e l’innovazione; Premio Nazionale
“LA Discussione” per l’imprenditoria, 2005; Premio Special
ACKNOWLWLEDGMENT 2002, Fondazione Insieme per la Pace; Premio “Arcolaio
D’Argento 2007” conferito dall’Ugl.
Insomma
un curriculum di tutto rispetto che potrebbe portare un personaggio
come Paola Pelino a poter spendere soldi se si vuole vestire con abiti
di un certo livello. E invece no: ha preferito addurre come scusa un mancato scontrino per venire meno a quella che resta un’obbligazione giuridica.
LA LUNGA QUERELLE CON LA BOUTIQUE
Prima di arrivare in Tribunale il negozio di abbigliamento pescarese ha seguito la normale procedura in uso in questi casi. Ha
prima rintracciato la donna attraverso il telefono inviandole solleciti
telefonici, poi sono state inviate lettere dell’avvocato che intimavano
la donna a chiudere il contenzioso con la boutique.
Quando hanno capito che non c’era nulla da fare e che il denaro non sarebbe arrivato hanno deciso di presentare un ingiunzione al Tribunale civile di Pescara. Chiedendo l’immediato pagamento del dovuto.
Il
fatto che però ha fatto inviperire la Pelino è che la sentenza,
provvisoriamente esecutiva in attesa di presentazione del ricorso alla
Corte d’Appello Civile, è stata comunicata anche al Senato della
Repubblica durante la prima riunione nell’aula di Palazzo Madama. La
condanna è infatti cosa del novembre scorso ma la notizia è stata resa
pubblica soltanto in queste ore.
Lei
ha sostenuto di non aver pagato a causa di una mancata emissione dello
scontrino fiscale ma gli avvocati della boutique non la pensano allo
stesso modo.
LA POSIZIONE DELLA BOUTIQUE: VENDITE IN REGOLA
Gli
avvocati raccontano invece che la senatrice si fece consegnare in
albergo i vestiti. Sostenendo che si sarebbe recata successivamente in
negozio a saldare la fattura.
In
realtà però non si è mai presentata in loco. I legali inoltre
assicurano che “le vendite alla senatrice sono avvenute in ossequio alla
disciplina tributaria” .
Nella vicenda potrebbe aver avuto un ruolo collaterale anche il senatore del Pdl Gaetano Quagliariello che avrebbe cercato di ricomporre la faccenda con una soluzione extra giudiziaria non andata a buon fine.
La donna però non è mai voluta entrare nel dettaglio affermando “saprò replicare nella sede opportuna”. Spiega tuttavia qualcosa in più in un’intervista pubblicata su “Repubblica” del giornalista Giuseppe Caporale.
LA DIFESA DI PAOLA PELINO: QUAGLIARIELLO NON C’ENTRA NULLA
All’inizio
dell’intervista ha sostenuto che la cosa fosse tutta una montatura dei
giornali di sinistra e degli avversari politici che ha in Abruzzo.
Poi
ha sostenuto che gli avvocati hanno presentato ricorso in appello a
causa di un mancato scontrino che non gli avesse permesso di pagare.
Insomma una contraddizione che nei fatti sostiene l’esistenza della questione. Poi su Quagliariello ha replicato: “Lasciate
fuori da questa storia Quagliariello, non c'entra proprio nulla. E'
stato tirato in ballo solo perché il giorno dell'inaugurazione del suo
comitato elettorale a Pescara, la titolare del negozio mi è venuta
incontro inveendo. Non l'aveva nemmeno riconosciuta”.
La questione comunque resta e c’è una condanna civile nei suoi confronti. Indagata no ma impresentabile sì.
In
un momento di rinnovamento in cui altri politici si riducono lo
stipendio del 30% e gli appartenenti al Movimento Cinque Stelle in tre
mesi donano 80mila euro al fondo siciliano delle microimprese.
Rinnovamento in salsa Pdl? Manco a parlarne.
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