Per oltre un anno, in Italia, abbiamo accettato le folli
politiche di austerità imposte dalle élite finanziarie.Lo abbiamo
fatto perché tutti i giornali e le televisioni ci ripetevano che
l’Europa chiedeva rigore e sacrifici, e che una nostra opposizione
avrebbe messo in crisi gli equilibri economici e politici dell’intero
continente. Era impossibile, del tutto impensabile percorrere
un’altra strada per uscire dalla crisi.
E invece cosa succede? Proprio il Paese più severo, quello
che ha dettato ai maiali l’agenda dell’austerità, ha dimostrato
la settimana scorsa che certi provvedimenti incostituzionali possono
e devono essere bloccati. O, quantomeno, rimessi in discussione. E lo
ha fatto per la seconda volta, dopo avere in precedenza ridefinito e
limitato il potere del MES, la potente organizzazione che gestisce il
fondo Salva Stati, dichiarandone incostituzionali molte sue parti
centrali, mentre i nostri "rappresentanti" firmavano tutto
in nostro nome, nel silenzio generale dei media, svendendo gli ultimi
residui di sovranità come un venditore di aspirapolveri smaltisce le
ultime scorte di magazzino.
Il primo marzo scorso, il Bundesrat (il
senato delle regioni tedesco) si è opposto all’approvazione del
Fiscal Compact, voluto e sostenuto dalla CDU di Angela Merkel, dopo
che già il Bundestag aveva dato il suo assenso, alla fine del 2012.
A prevalere è stata la coalizione composta da Verdi, Social
Democratici e partito della Sinistra, che da poche settimane detiene
(per la prima volta dal 1999) la maggioranza dei seggi (36 su 69)
alla Camera dei Lander, dopo che proprio i Verdi hanno vinto le
elezioni regionali nella Bassa Sassonia. Ora il disegno di legge
verrà ridiscusso da una commissione di mediazione parlamentare, che
deciderà su eventuali modifiche da apportare.
La scelta dell’opposizione di seguire la linea dura è stata
evidentemente influenzata dall’imminenza delle prossime elezioni
nazionali di settembre: si è voluto lanciare un segnale chiaro
contro le politiche di austerità imposte dalla destra (in Germania
la sinistra usa fare così). Verdi e Socialdemocratici hanno
riportato un’ulteriore successo nei confronti della cancelliera
Merkel, ottenendo l’approvazione sia di un disegno di legge che
prevede l’introduzione di una tariffa minima legale per i
lavoratori di 8,50 Euro all’ora, sia di un altro provvedimento
volto ad equiparare lo status legale e fiscale delle coppie
omosessuali a quello delle coppie eterosessuali. I portavoce dei
partiti di opposizione sono stati concordi nel ribadire la necessità
di introdurre misure volte ad evitare eventuali forme di sfruttamento
dei lavoratori sottopagati, soprattutto in un momento di crisi, e ad
annullare qualsiasi tipo di discriminazione (in Germania la sinistra
fa così).
Ovviamente per Angela Merkel si è trattato di un triplice
smacco, che ha messo in agitazione molti esponenti del suo partito.
Nonostante, infatti, la sua coalizione conservi una solida
maggioranza nel Bundestag, che probabilmente consentirà di
correggere o bocciare i provvedimenti sgraditi, in molti, all’interno
della CDU, continuano a guardare con timore al crescente risentimento
nei confronti delle politiche comunitarie dettate da Bruxelles e da
Francoforte. Il governatore della Sassonia Stanislaw Tillich, alleato
della Merkel, ha dichiarato che la Germania dovrebbe mandare un
segnale di forza ed affidabilità all’Europa, soprattutto in un
momento di incertezza sugli sviluppi futuri che si è aperto dopo le
elezioni in Italia. È per questo, secondo Tillich, che il tentativo
dell’opposizione di indebolire il governo Merkel è quantomai
deplorevole: “non dovrebbe esserci alcuna esitazione, da parte
nostra, nel pretendere disciplina fiscale dagli altri Paesi europei”,
ha dichiarato di fronte al Bundesrat. Da più parti, immediatamente,
si sono levati appelli alla “responsabilità rispetto alla politica
europea” (vi ricorda qualcosa?), come quello lanciato dal portavoce
del Ministro delle Finanze, Martin Kotthaus.
L’opposizione, però, non si è lasciata condizionare.
Quello che Verdi e Social Democratici chiedono, infatti, è
l’emissione di bond federali-statali (lo stesso principio degli
Eurobond, insomma, applicato ai vari Lander tedeschi) che aiutino a
ridurre il debito delle regioni. Un provvedimento, questo, che era
stato promesso dal Ministro delle Finanze Schaeuble durante le
contrattazioni per ottenere il consenso del Bundesrat, ma che non è
stato sinora approvato.
Il risultato finale, comunque, è che per ora la Germania
respinge il Fiscal Compact. Ci si ritrova, dunque, nella paradossale
situazione per cui lo Stato che più d’ogni altro aveva sostenuto
questo provvedimento a livello europeo, imponendolo di fatto a 25 dei
27 membri dell’UE, ora si mostra estremamente riluttante
nell’approvarlo. L’Italia, manco a dirlo, è stata uno tra i più
solerti dei 12 Stati che già lo hanno ratificato, senza che nessuna
discussione al riguardo avvenisse né in Parlamento né sui media.
Obbedire e tacere: è stata questa la logica dominante. Oltre,
ovviamente, a quella di condannare le sparute voci critiche. Ed è
così che ci ritroveremo a pagare una cifra che oscillerà tra i 50 e
i 70 miliardi all’anno, per i prossimi vent’anni.
(Fonte)
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