Non avrei mai voluto scriverlo, ma è ciò che sta accadendo in questi
giorni. Ha vinto di nuovo Berlusconi. Torna a riempire la piazza come un
megastudio affollato di cittadini contenti e ansiosi di essere le sue
comparse. E non perché si sia camuffato da persona per bene, magari solo
una mascherata. No, ha occupato il Palazzo di Giustizia di Milano,
disertato i suoi processi, comprato spazio, tempo e persone, insultato i
giudici e convocato la folla in piazza per una manifestazione contro la
Costituzione. Ma ha vinto. Lo dice anche Matteo Renzi, che sarebbe il
meglio del futuro del Pd, il partito che si era appena dichiarato
l’ultima barriera. Ecco Renzi: “Ora è difficile non parlare con
Berlusconi” (Repubblica, 23 marzo ).
Infatti mettetevi nei panni di Bersani. Il Capo dello Stato ha
affidato al segretario Pd un “mandato esplorativo per vedere se ci sono i
numeri”. Se il confronto non sembrasse sproporzionato, una situazione
del genere è già stata vissuta intorno a noi e c’è chi se la ricorda.
Nel 1944, la Resistenza in Europa era allo stremo, gli alleati erano
bloccati a metà Penisola e Allen Dulles, capo dell’Oss (predecessore
della Cia) propone di interrompere la guerra al fascismo e al nazismo, e
dedicarsi a combattere la Russia comunista. Quel piano è fallito perché
il presidente americano, che certo non amava l’Unione Sovietica, ha
visto il rischio enorme di conservare il prima pur di passare al dopo, e
lo ha impedito. Ha rafforzato i legami col futuro nemico della Guerra
fredda e con le Resistenze europee (composte per metà di comunisti
militanti e per metà di ex fascisti, di monarchici, di personaggi dal
passato e dal futuro non tanto chiaro), ha deciso che non tutti i
pericoli sono uguali, e ha vinto.
Per merito di questa strategia non sono finiti i mali del mondo. Ma
sono finiti il fascismo e il nazismo, i loro uomini, il loro potere, la
loro visione demente del mondo. C’è un senso nel rievocare quel cumulo
di rovine per spiegare il rischio che stiamo correndo? Forse sì. Le
rovine ci sono, troppa gente non lavora, troppe imprese sono ferme,
troppe tempeste sono in corso o sono in arrivo, isolando i cittadini e
promettendo non solo la continuazione del caos ma un caos più vasto,
mentre si fa più piccola e disordinata la resistenza di chi dovrebbe, a
nome dei cittadini, fare fronte.
Ci sono state elezioni politiche in Italia e due terzi degli italiani
hanno detto basta almeno alle cause interne del disastro (vent’anni di
Berlusconi egemone e padrone assoluto del sistema delle informazioni).
Lo hanno detto pur sapendo che ci sono stati cedimenti e debolezze e
clamorosi errori (che possono essere giudicati anche come convenienti
voltafaccia) da alcuni di coloro che adesso vengono votati per
cancellare la nefanda epoca Berlusconi. Ma nello schieramento dei
vincitori (mai così grande in un Paese di piccole vittorie e perenni
rinvii) scoppia la sindrome Allen Dulles: i nostri veri nemici sono i
sovietici. La guerra continua. Vanno scacciati tutti perché solo i
puliti e gli intatti da ogni ambiguo o colpevole rapporto col passato
devono governare subito. Ma non possono.
E in questa visione della situazione italiana, Berlusconi
diventa piccolo e irrilevante, perché quello che conta è fermare il Pd e
impedire che possa avere qualsiasi ruolo. Certo, nessuno nega, nel
gruppo Allen Dulles (cioè “la guerra continua su un altro fronte”) che
Berlusconi sia la mela marcia. Ma la strategia, molto dannosa ma anche
scoperta in modo imbarazzante, è dare spintoni al Pd affinché cada sulla
mela marcia e la afferri. In quel momento sarà evidente ciò che si era
sempre detto: meglio da soli. Ma da soli non si può governare mentre (la
prospettiva è paurosa ) con la mela marcia sì.
Ecco perché sabato ho accettato l’invito di MicroMega e sono andato,
come un tempo, alla manifestazione di Roma per dire che Berlusconi è
ineleggibile. E deve essere confermata, senza altre leggi, la sua
ineleggibilità come concessionario di pubblica licenza che, in tutti
questi anni, Berlusconi ha dato a se stesso. Ha triplicato il valore
delle sue aziende per il solo fatto di essere concedente e
concessionario, e ha bloccato ogni concorrenza per il solo fatto di
controllare, da presidente , le Tv di Stato e da intimidire, con il suo
straordinario doppio gioco, ogni altro giornalista (salvo acquisti).
L’iniziativa mi è sembrata urgente: dire e ripetere dove si situa in
primo luogo il pericolo per la democrazia, e dove diventa strano il
gioco di spingerlo a ritornare al potere, (con il Pd) per poter avere
una immagine chiara e definitiva di tutti i nemici in una grande foto di
gruppo. Se accadrà sarà comunque una disgrazia. Sabato siamo scesi in
piazza nel tentativo, ingenuo e inadeguato (lo stesso che abbiamo
condiviso con Tabucchi, con Sylos Labini, con Flores d’Arcais, con
Travaglio, con chi dirige questo giornale, con tantissimi cittadini) di
spingere indietro, nel niente che è il suo spazio storico e politico,
Silvio Berlusconi. Ma io credo che significasse anche una risposta
simile a quello che Ferruccio Parri fece avere, tramite il cardinale di
Milano, al presidente degli Stati Uniti: “Anche se voi ci abbandonate,
noi continueremo la Resistenza”. Che non è il gioco di fare il possibile
per mettere insieme Berlusconi e Bersani (o Berlusconi e Renzi). Ma è
l’impegno di fare ciò che due terzi degli italiani hanno votato:
liberare l’Italia da Berlusconi. Il resto, il “dopo Berlusconi” è
un’altra storia.
di Gurio Colombo per "Il Fatto Quotidiano (Fonte)
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