Un ddl del Pd sulla ineleggibilità di Berlusconi: “Cambiarla con incompatibilità”
Un’iniziativa di 25 senatori democratici, con Mucchetti e Zanda come
primi firmatari, per modificare la legge 361/1957 consentendo al
Cavaliere di mantenere la carica di senatore, a patto di vendere entro
un anno le quote di controllo delle sue aziende
(repubblica.it) – ROMA – Un disegno di legge per
superare la legge 361 del 30 marzo 1957: sostituendo il principio di
ineleggibilità con quello di incompatibilità. E consentendo a Silvio
Berlusconi di mantenere la carica di senatore (eventuali condanne a
parte), a patto di rinunciare al controllo sulle sue aziende. E’ quanto
prevede un ddl del Pd depositato al Senato, di cui sono i primi
firmatari Massimo Mucchetti, presidente della Commissione Industria e
Luigi Zanda, capogruppo del Pd a Palazzo Madama.
Il testo, sottoscritto da altri 23 colleghi, reca il titolo
‘integrazioni della legge 15 febbraio 1953, n. 60, In materia di
incompatibilità parlamentare, e abrogazione dell’articolo 10 del testo
unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei
Deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo
1957, n. 361, In materia di ineleggibilita”.
“La principale novità – scrive il primo firmatario Mucchetti – è
rappresentata dalla proposta di qualificare come cause di
incompatibilità le situazioni finora definite come cause di
ineleggibilità dall’articolo 10 della legge”.
Con le nuove norme, la Giunta delle Elezioni, invece di dover
decidere sull’eventuale ineleggibilità del Cavaliere, che porterebbe
alla decadenza immediata dal seggio, dovrebbe valutare una eventuale
incompatibilità, consentendo a Berlusconi la scelta. Rimuovere la causa
senza rinuciare all’ufficio parlamentare o rinunciare al seggio
conservando la causa dell’incompatibilità. Secondo quanto prevede il
ddl, la rimozione del conflitto potrà avvenire, vendendo la
partecipazione di controllo di un’azienza nel tempo di un anno, oltre il
quale il parlamentare inadempiente decade.
UN ANNO PER VENDERE - Per rimuovere la causa,
“l’azionista di controllo eletto parlamentare deve conferire entro
trenta giorni ad un soggetto non controllato nè collegato il mandato
irrevocabile a vendere entro trecentosessantacinque giorni le
partecipazioni azionarie di cui sopra a soggetti terzi, ossia a soggetti
senza rapporti azionari nè professionali con il venditore e comunque a
soggetti diversi dal coniuge, dal convivente more uxorio e dai parenti
fino al quarto grado e affini fino al secondo grado, nonché a soggetti
diversi dagli amministratori delle società. I due termini di 30 e di 365
giorni devono intendersi come perentori”.
ESCLUSO UN BLIND TRUST - I promotori del ddl
spiegano di aver scelto “la rimozione in radice della partecipazione di
controllo” e non un blind trust, giacchè, ‘la devoluzione a un blind
trust elimina sì l’influenza del parlamentare nella gestione aziendale,
ma non la ben più grave possibilità che il parlamentare pieghi la sua
opera a favore della società nella quale conserva il suo interesse
patrimoniale.
NORMA SUBITO APPLICABILE - La norma sarebbe
applicabile anche nella legislatura in corso. Il testo contiene,
infatti, una norma transitoria che prevede che, in sede di prima
applicazione, per i membri del parlamento in carica, per i quali esista o
si determini qualcuna delle incompatibilità previste, le disposizioni
avranno effetto all’entrata in vigore della legge, previsto per il
giorno successivo alla sua pubblicazione sulla gazzetta ufficiale.
Tra i firmatari dell’iniziativa Claudio Martini, Vannino Chiti,
Miguel Gotor, Franco Mirabelli, Maurizio Migliavacca, Salvatore
Tomaselli, Giorgio Tonini, Walter Tocci.
(Fonte)
Nessun commento:
Posta un commento