Lanzetta, il sindaco antimafia di Monasterace, si (ri)dimette
traduzione della scritta sulla maglietta: "una noce nel sacco non fa rumore"
Quando l'allora segretario del Pd, Pier Luigi Bersani,
il 12 aprile 2012 si fece ritrarre raggiante al suo fianco sotto il
gonfalone municipale, l'(ex?) sindaco di Monasterace (Rc), Maria Carmela
Lanzetta, teneva svogliatamente tra le mani una maglietta. Sopra, in
dialetto reggino, c'era scritto: «Na nuci ‘nta nu saccu non faci
scrusciu» ovvero, una noce nel sacco non fa rumore.
Lei – invece – di rumore (per qualcuno fastidioso) continuava e
continua a farlo, eccome. Già perché quella maglietta la teneva in mano
poco più di un anno fa, quando, da sindaco, era stata costretta a
sventolarla al rientro delle sue (prime) dimissioni. All'epoca decise di
mollare perché qualche buontempone – in un territorio divorato dalla
‘ndrangheta a partire dalla potentissima cosca Ruga – la minacciava un
giorno si e l'altro pure per la sua opera di fiera intransigenza
all'illegalità, costringendola a vivere scortata. Nulla di
straordinario: ordinaria, corretta e rispettosa amministrazione, la qual
cosa in Calabria diventa spesso eccezionale.
«La maglietta – disse allora il sindaco eletto a capo di una lista
civica di centrosinistra il 16 maggio 2011- mi e' stata donata da una
dipendente del mio Comune, che ne ha fatto stampare varie copie e le ha
distribuite. Il senso della frase é che da soli non si va da nessuna
parte e che i piccoli passi in avanti sulla strada della legalità si
possono fare soltanto tutti insieme».
A poco più di un anno da quelle dimissioni (forzatamente) rientrate e
a poche settimane dall'ennesimo riconoscimento (il Premio Ambrosoli),
Lanzetta ha ripresentato le dimissioni. Se sia solo un gesto plateale e
provocatorio destinato a rientrare, non è ancora dato sapere anche se la
coincidenza per riaccendere doverosamente i riflettori su di sé sulla
Giunta ci sarebbero tutti: il 12 luglio, infatti, il presidente della
Camera Laura Boldrini, dovrebbe incontrare nuovamente l'amministratrice
nella Locride. All'ordine del giorno legalità e lavoro, lavoro e
legalità, insomma un prodotto che in Calabria non cambia cambiando
l'ordine dei fattori.
Fatto sta che le nuove dimissioni sono state annunciate poche ore fa
alla stessa presidente della Camera alla quale ha spiegato – in poche
parole – che non ha alcuna intenzione di derogare a quei valori e a quei
principi che, fin da piccola, le sono stati insegnati in famiglia.
Alla base della scelta sembra ci sia la riluttanza di alcune delle
persone a lei più vicine in Giunta a costituire il Comune parte civile
in un processo che mette sotto accusa anche la gestione di un
funzionario dell'ente pubblico.
Ora che il debutto nell'aula di un Tribunale si avvicina le tensioni
salgono e probabilmente appaiono solo quelle superficiali. Sotto la
cenere il fuoco deve essere incandescente. Per il momento ha bruciato
Lanzetta e se questa volta non servirà neppure Boldrini a farla
rientrare dalla decisione, il conto che la Calabria pagherà sarà (ancora
una volta) salatissimo.
Salato – se la decisione sarà confermata – sarà anche per lei, attesa
da un periodo quanto meno complesso visto che un'altra donna, Carla
(detta Carolina) Girasole, ex sindaco di Isola di Capo Rizzuto
(Crotone), abbandonata la carica si è trovata a fare i conti con la
paura. Quella vera e senza Stato a scortarla. Girasole si era
ripresentata a maggio di quest'anno alle elezioni amministrative del
Comune in un caos totale.
Abbandonata persino dal suo partito (piccolo
particolare: il partito di riferimento è lo stesso di Lanzetta) è stata
sonoramente sconfitta. Brindisi nei bar per la sua sconfitta, clacson
impazziti per le strade, festeggiamenti e capriole. Non spetta ad un
giornalista valutare la statura politica di un sindaco, fatto sta che
ora è sotto pressione, le hanno incendiato la casa delle vacanze e i
problemi, quelli veri, altro che quelli di quando era amministratrice,
arrivano solo ora che le luci della ribalta sono state fulminate una
dopo l'altra.
(Fonte)
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