Letta ha già detto ai suoi «cambiate la norma e andate subito
avanti». Franceschini s’è fatto portavoce dell’ordine del premier. Zanda
lo ha dichiarato alle agenzie. Casson e Lumia hanno riscritto il testo.
Il Pd è pronto e vuole votarlo subito in commissione Giustizia al
Senato. C’è pure la “benedizione” di Piero Grasso, il presidente di
palazzo Madama che non può parlare liberamente, ma certo può ricordare
di aver depositato, come suo primo atto da parlamentare, una proposta di
legge anti-corruzione in cui c’era pure la riscrittura del reato di
voto di scambio tra il politico e il mafioso. Modifica semplice, lo
stesso testo dell’attuale codice che parla di «promessa di voti» con
l’aggiunta «in cambio di denaro o altra utilità». Sono giusto quelle tre
paroline «o altra utilità » che mancano dal 1992 e chehanno azzoppato
la possibilità stessa di contestare il delitto, visto che raramente il
mafioso chiede soldi in cambio di voti.
Tutto semplice dunque? Il Pd, per bocca del suo premier, va alla
lotta e il reato è riscritto? Ma nemmeno a parlarne. La storia prossima
ventura, ma anche quella passata, dell’ormai famoso 416ter non è affatto
destinata ad andare avanti così. Futuro? Meglio sarebbe già parlare di
insabbiamento. A questo mira il Pdl che, a Montecitorio, ha tentato in
ogni modo di limitare il danno, ha imposto un pressing stressante in
commissione, ha detto chiaramente «o passa il nostro compromesso o non
se ne fa niente».
Per avere conferma della china su cui da ieri cammina, o meglio
precipita, il voto di scambio basta guardare la faccia oscura di
Francesco Nitto Palma, il presidente Pdl della commissione Giustizia del
Senato. Il quale, intorno alle 15, quando il Pd ha già scelto la linea
della durezza e ha già approntato i nuovi testi chiedendo che si passi
subito al voto, piglia l’ascensore e si dilegua, sparisce, abbandona la
nave. A chi gli chiede un pronostico sul voto, sul “se e quando” sarà
approvato il nuovo articolo del codice penale, se prima o dopo l’estate,
e su come procederanno i lavori, Palma risponde vago. Anzi va in
collera perfino sulla data dell’ufficio di presidenza della commissione.
Come lui è volutamente generico tutto il resto delPdl. Persino l’ex
sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, ex toga di Unicost
sempre pronta alla mediazione, stavolta sfuma sui tempi e sulle formule.
Su un fatto però il Pdl ha ricominciato a puntare i piedi: saltato il
faticoso compromesso della Camera, il Pd si scordi pure che nel codice
penale possa entrare una norma in cui si dice, sic et simpliciter, che
costituisce reato «la promessa di voti in cambio di denaro o altra
utilità».
Sarebbe stata la via maestra. Era la proposta di Grasso. Adesso è
l’emendamento dell’ex pm Felice Casson, sottoscritto dalla giornalista
anti-camorra Rosaria Capacchione e dall’ex giudice Doris Lo Moro.
Pulito, lineare, ma un pugno negli occhi del Pdl.Che al Senato
riproporrà la battaglia defatigante imposta alla Camera dove, per la
presidente della commissione Donatella Ferranti, l’unica via per far
passare il testo è stata quella di concedere una formula che «sarà
comunque migliorabile, ma ha il merito di introdurre definitivamente il
concetto di “altra utilità” rispetto al solo denaro». Ancora ieri
Ferranti ribadiva la sua convinzione sia sul compromesso, sia sul
rischio che alla fine il vero obiettivo del Pdl sia quello di far
saltare tutto. È la logica che ha spinto anche un ex dell’associazione
antimafia Libera come Davide Mattiello a parlare comunque di un
risultato positivo raggiunto.
Il rischio che il Pdl faccia saltare tutto adesso esiste, è quanto
mai concreto. Basta ricordare le parole pronunciate, e mai smentite, da
Fabrizio Cicchitto alla Camera durante una riunione del Pdl: «Stanno per
approvare una norma in commissione Giustiziaper cui tutti rischiamo di
andare in galera». Si riferiva al voto di scambio politico mafioso,
ovviamente. Nel timore che venisse confermata «la promessa di voti ». Lì
sono nati i paletti, quel «consapevolmente» detto dell’accettazione dei
voti, quel «procacciamento » che comporta un forte protagonismo nel
cercare e trovare i voti, quel riferimento alla forza intimidatrice
della mafia che sarebbe difficile da provare in questo contesto. Tutti
paletti contro chi investiga. Adesso che l’impianto è caduto lo scontro
si ripropone pari pari. Ma adesso per il Pd la porta dei compromessi è
chiusa.
(Fonte)
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