Se Allah è grande, e nessuno si sogna di discutere qui della
questione, anche il presidente della Repubblica italiana deve godere di
una propria personale carica trascendente, uno spazio anche
extracorporeo in modo che si affermi l’energia di guida che in certi
momenti si fa spirituale. É sulla teoria dell’implicito, della
prevalenza politica del non detto rispetto al dichiarato, che ieri Piero
Grasso ha invitato il senatore Nicola Morra a non citare invano il nome
di Giorgio Napolitano. “Non si può citare”, ha detto Grasso con voce
rassicurante e persuasiva. Morra, abituato alla batteria di parole che i
cinquestelle quotidianamente fanno esplodere per rimarcare la loro
diversità, non ha compreso, o così è parso. E dunque al presidente del
Senato è toccato ri prendere il filo logico del pensiero ascendente e
rammentare la evidente proibizione costituzionale: “Non è consentito
citarlo senatore, la prego”.
Si è levato un applauso, né lungo né corto, tiepidino però ufficiale
con il quale l’aula ha salutato il custode della Carta e certificatore
dei passaggi inderogabili. Così la seduta ha finalmente ripreso lungo la
strada tracciata, e il cittadino Morra, che evidentemente tentava di
riandare con la memoria sull’articolo sull’Innominabile violato, si è
distratto al punto di impapocchiarsi un tantino e confondere Paolo
Borsellino con suo fratello Salvatore.
Piero Grasso ieri si è fatto valere, come sempre gli accade quando è
chiamato a suggellare con un suo atto la virtù repubblicana della
prudenza, dell’equilibrio, della saggezza. É da tutti conosciuto come il
procuratore nazionale antimafia, ma certo ama la Costituzione al punto
di approfondirne la memoria, la materia storica, il quid che la fa
essere bella ancora oggi. “É figlia della cultura monarchica”, ha detto
poco tempo fa. Ha detto male?
Grasso piace a tutti perchè forte della sua medietà. Cattolico e
moderato, ma anche un poco progressista, ma anche liberale. Dice ma
spesso sta zitto. Succede ai virtuosi di rispettare anche l’altrui
ombra. Non si sa mai.
Se le parole sono pietre anche il suo pensiero a volte ruzzola.
“Bisognerebbe dare un premio speciale a Berlusconi per la sua lotta alla
mafia”, si trovò a rispondere, preso alla sprovvista da una domanda
radiofonica. Non ha mai revocato l’intendimento e tutto si può dire
tranne che il Cavaliere lo odi. Anzitutto perchè è noto che l’uomo di
Arcore non odia nessuno, e tantomeno potrebbe trovare in Grasso un
nemico. Piaceva tanto anche a Pierferdinando Casini che sicuramente
l’avrebbe candidato se Bersani non gli avesse soffiato il colpo.
Grasso è ben visto da tutti perchè ha quel colore neutro,
quell’aspetto da equivicino che infonde tranquillità, rilassa e non
contrae. Cosa ha fatto Grasso? Tutto e niente. Nato nel 45 a Licata,
riesce a diciassette anni a prendere la maturità. Si laurea a 21.
Diviene giudice a 24. Sposa Maria, amatissima ancora oggi. Ha governato
l’Antimafia e ha persino giocato nella squadra di calcio di Dell’Utri,
l’onorata Bacigalupo. “Usciva sempre pulito dal campo, mai uno schizzo
di fango” riferì il suo allenatore, oggi ex senatore, alla corte che
stava per riunirsi in camera di consiglio per giudicarlo. Era il 29
novembre 2004.
Di Grasso dunque cosa vuoi dire? E quando Bersani l’ha contrapposto a
Schifani alla presidenza del Senato anche i cinquestelle, interrogato
il proprio foro interno, hanno scelto di agevolargli l’ascesa. É
perfetto in qualunque situazione e ha il dono di trovarsi sempre pronto,
nel momento giusto. Il salto in politica è stato perfetto per tempismo e
capacità performante. É entrato in Senato da ministro, ma onestamente
sa rebbe stato troppo poco. Quando Marco Travaglio, al solito suo,
rovinò in tv il pedigree presidenziale successe il finimondo. Grasso
convocò con un tweet la tv. E spiegò, rispiegò, dettò, dichiarò. Si
ribellò anche, ma con quella dolcezza, con quella prudenza, con la
voglia di non affogare dentro le contraddizioni della vita. A cosa
sarebbe servito? Per questo il suo senso patriottico, la forza
espressiva e parecchio riverente, chi comanda davvero non si nomina, si
rispetta e basta, è un ponte verso un traguardo ancora inesplorato. Il
futuro di Piero Grasso non finisce mai. Chissà un domani che sarà di
lui.
(Il Fatto Quotidiano tratto da: Fonte)
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