martedì 23 luglio 2013

SENTENZE TAROCCATE AL TAR: L’AIUTINO COSTA 50 MILA EURO

Vendita della funzione giudicante, è la definizione degli inquirenti che racconta il sistema corruttivo che nelle stanze del Tribunale amministrativo Regionale di Roma, non aveva alcun rispetto di quella giustizia che dovrebbe fare da padrona. Soldi contanti negli uffici di un giudice, sentenze decise in un ristorante chic e procedimenti manipolati. È tutto nero su bianco nell’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di 7 persone. In cella ci sono finiti il giudice del Tar Franco Angelo Maria De Bernardi (già arrestato a maggio scorso a Palermo nell’ambito di un’inchiesta su un traffico di lingotti d’oro, ma l’ordinanza è stata annullata e lui è tornato a fare il giudice), l’avvocato amministrativista Matilde De Paola e l’uomo d’affari Giorgio Cerruti, noto per i suoi legami con la massoneria e Flavio Carboni. Ai domiciliari invece ci sono finiti l’ex presidente della Banca Popolare di Spoleto, Giovannino Antonini, insieme ad altri tre.
L’inchiesta è dei magistrati romani Nello Rossi, Stefano Pesci e Alberto Pioletti, che in un anno di indagine hanno scoperto come un giudice intervenisse nelle sentenze del Tar, in accordo con un’avvocatessa che seguiva i casi da trattare e soprattutto dietro lauto compenso. Accordi corruttivi che sono finiti nei nastri delle intercettazioni ambientali o telefoniche captate dal Noe, guidato dal colonnello Sergio de Caprio, alias Ultimo, mentre a seguire direttamente l’indagine è il capitano Pietro Rajola Pescarini. A pagare le “tangenti”, invece era chi desiderava sentenze favorevoli, tanto che molti sono finiti iscritti nel registro degli indagati. Come il costruttore Claudio Salini e due ufficiali, l’ammiraglio di squadra Marcantonio Trevisani, e il suo collega Luciano Callini, ai vertici dello stato maggiore della Difesa, nei mesi scorsi consulente del caso dei due marò indagati in India per omicidio. In questi ultimi due casi, De Bernardi avrebbe curato i ricorsi percependo un compenso di circa 10mila euro.


LA BANCA DI SPOLETO
Ma sono molteplici i casi scoperti dagli inquirenti. Uno di questi riguarda il ricorso della Spoleto Credito e Servizi, sottoposta a procedura di amministrazione straordinaria. Per vincere la causa contro il ministero dell’Economia, che aveva commissariato la banca per un buco di diversi milioni di euro, però sarebbe servita la promessa di 50 mila euro da parte dell’ex presidente della Popolare di Spoleto, Antonini. Una vittoria decisa davanti ad una cacio e pepe del ristorante romano «Il Caminetto», in zona Parioli. Il 25 febbraio scorso infatti Giorgio Cerruti, che fa da tramite, cena al ristorante con il giudice e un monsignore. Si tratta di Don Manlio Sodi, presidente della Pontificia Accademia della Teologia, anche questi indagato e già coinvolto in un’altra inchiesta sul crac dei salesiani. La conversazione al ristorante viene intercettata.
De Bernardi: “non è che gli devi chiedere qualche centinaio di euro perché fa ridere i polli”
Cerruti: “ma non esiste..lascia perdere. Ma io te lo faccio passare tramite il monsignore”.
De Bernardi: “quindi semmai sentiamo quali sono le esigenze del monsignore, no?”
Cerruti: “tu non ti preoccupare,(..) tu mi devi dire, guarda Giorgio qui ci vogliono 50mila euro, faccio per dire adesso. Poi se monsignore ne aggiunge 10 sopra sono cavoli suoi (..) Il monsignore che c’ha questa onlus.. ha avuto un contributo dalla fondazione non dalla banca, a livelli di beneficenza, insomma, gli hanno dato sessanta mila euro”.

IL CASO SALINI
Tra gli indagati per aver ricorso al giudice c’è anche Claudio Salini, azionista con i fratelli e il padre Francesco Saverio della Salini Costruttori. È anche presidente e ad della Ics Grandi Lavori, la società da lui fondata nel 2005. Questa società è arrivata seconda alla gara per il Ponte della Scafa, a Roma. Per questo viene fatto ricorso al fine di annullare la gara. Anche in questo caso, sarebbe intervenuto il giudice De Bernardi e “tramite Francesco Clemente, la Ics Grandi Lavori spa avrebbe promesso il pagamento di imprecisate somme di denaro”, come è scritto nell’ordinanza.

IL CONCORSO NOTARILE
Al vaglio degli inquirenti ci sono finiti anche tre ricorsi per gli esiti del concorso notarile. Uno di questi è il ricorso “Molinari”. Stavolta le sollecitazioni, è scritto nelle carte, sarebbero arrivate da “persone legate al giudice in relazione ad un progetto politico, vale a dire la creazione di un partito che supportasse Mezzaroma Roberto (ex eurodeputato di Forza Italia, ndr) nella sua attività politica”. A fare da tramite per questo ricorso, De Santis, che si reca nell’ufficio del giudice. Nei nastri del Noe, si registra il fruscio del denaro che viene contato. “Si parla di banconote tutte da 50 -scrive il gip nell’ordinanza- e, poi, di “40″: il che è compatibile sia con il conteggio di 40 banconote da 50 euro (vale a dire 2.000 euro in tutto), sia con la somma di 40.000 euro in banconote da 50 euro. La seconda opzione è quella più credibile, perché più in linea con le ‘tariffe’ generalmente praticate”.
(Fonte)
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