«Siamo in grado di produrre cibo senza petrolio, ma non senza acqua». Ecco
la vera emergenza planetaria: con l’aumento della popolazione mondiale,
l’eccessivo pompaggio ha portato alcune nazioni a raggiungere il picco
dell’acqua, minacciando così l’approvvigionamento alimentare. Parola di Lester
Brown, prestigioso ecologista e presidente dell’Earth Policy Institute. Se
l’allarme sui media è scattato per il superamento del
picco del petrolio, il vero pericolo per il futuro è l’oro blu, quello che in Europa
si cerca di privatizzare: «Esistono sostituti per il petrolio, ma non per
l’acqua». E senza acqua, non si mangia: ogni giorno consumiamo in media
4,5 litri
d’acqua, ma il cibo quotidiano richiede qualcosa come 2.250 litri d’acqua per
essere prodotto, quindi 500 volte tanto. «Ottenere abbastanza acqua da bere è
relativamente facile, ma trovarne a sufficienza per produrre le quantità sempre
crescenti di grano che il mondo consuma, è un altro discorso».
Il grano consumato direttamente
fornisce quasi la metà delle nostre calorie, mentre quello consumato
indirettamente, cioè sotto forma di mangime per il bestiame – destinato a
trasformarsi in carne, latte, uova – fornisce gran parte del resto. «Oggi circa
il 40% del raccolto mondiale di grano proviene da terreni irrigati: non
sorprende quindi che l’espansione dell’irrigazione, nel corso degli ultimi sei
decenni, abbia svolto un ruolo centrale nel triplicare il raccolto mondiale di
grano», scrive Brown in un intervento su “The Observer”, ripreso da “Come
Don Chisciotte”. Statistiche inquietanti: nella seconda metà del ‘900, la
superficie irrigata del mondo è cresciuta a dismisura: dai 100 milioni di
ettari del 1950, ai quasi 300 milioni di ettari del 2000. «Questa triplicazione
dell’irrigazione mondiale nell’arco di 50 anni è stato un fenomeno storicamente
unico. Ma da allora, la crescita dell’irrigazione è arrivata a un punto quasi
morto, crescendo solo del 10% tra il 2000 e il 2010».
Molte domande, ma poche risposte:
può il mondo essere sul punto di affrontare il picco dell’acqua, o addirittura
l’ha già raggiunto? E’ storia: dai Sumeri fino a cent’anni fa, gli agricoltori
hanno prelevato acqua dai fiumi, con dighe e canali, e dalle falde
superficiali, raggiungibili con piccoli pozzi. Ora, spiega Brown, le
trivellazioni sempre più profonde rischiano di compromettere le grandi risorse
idriche fossili del sottosuolo, quelle non reintegrabili dalle precipitazioni.
Le principali, nel mondo, sono due: la falda profonda sotto la pianura della
Cina settentrionale e la falda acquifera Ogallala, sotto le grandi pianure
degli Stati Uniti occidentali. «Attingere alle risorse idriche sotterranee ha
contribuito ad espandere la produzione alimentare mondiale, ma la domanda di
grano ha continuato a salire e la quantità di acqua pompata ha continuato a
crescere. Alla fine l’estrazione di acqua ha cominciato a superare la velocità
di ricarica delle falde acquifere, attraverso le precipitazioni, e il livello
dell’acqua freatica ha cominciato a scendere».
Di fatto, aggiunge Brown,
l’eccessivo pompaggio ha creato una bolla alimentare basata sulla quantità
d’acqua utilizzata, «una bolla che scoppierà quando le falde acquifere saranno
esaurite e la velocità di pompaggio sarà necessariamente limitata alla capacità
di ricarica delle precipitazioni». Cina, India e Usa
sono tra i paesi che stanno abusando delle risorse idriche, insieme a Iran,
Pakistan e Messico: le loro falde si stanno esaurendo e i pozzi si stanno
prosciugando. «Hanno superato non solo il picco d’acqua, ma anche quello della
produzione di grano». In altri paesi – Siria, Iraq, Yemen – si registrano
sintomi analoghi. Idem in Arabia Saudita: ricco di petrolio ma povero di grano,
l’emirato ha rimediato succhiando troppa acqua dalle falde profonde. Risultato:
i sauditi – 30 milioni di persone – hanno già annunciato che nel 2016 saranno
costretti a rinunciare ai cereali, importandoli dal Canada.
Se l’Arabia Saudita è il primo
paese dell’area ad ammettere la gravità del problema con proiezioni precise,
tutto il Medio Oriente versa in condizioni simili, nonostante la continua
crescita della popolazione. Fino al caso-limite dello Yemen, dove la “guerra
dell’acqua” potrebbe disintegrare il paese in una guerra
tribale permanente. «Per la prima volta nella storia – osserva Lester Brown –
la produzione di grano sta precipitando in una regione geografica, e non c’è
nessuna possibilità d’arrestare il declino: a causa del fallimento da parte dei
governi della regione, nell’avviare politiche demografiche e di gestione
dell’acqua, ora ogni giorno ci sono 9.000 persone in più da sfamare e meno
acqua d’irrigazione con cui dar loro da mangiare». Ma le falde profonde si
prosciugano ovunque, con situazioni particolarmente critiche in Pakistan: la
sopravvivenza stessa del paese – avverte John Briscoe in uno studio della Banca
Mondiale – è ormai compromessa dalla drammatica penuria d’acqua. E in Messico,
dove la capitale muore di sete, gli agricoltori che un tempo trovavano l’acqua
a 10 metri
di profondità ora la pompano da 122 metri: raggiunto il picco dell’acqua,
presto anche il Messico potrebbe ritriovarsi senza grano.
L’impoverimento delle falde
minaccia i raccolti dei tre maggiori produttori di cereali – Cina, India e
Stati Uniti – che insieme producono la metà del grano del mondo. Stessa storia:
le falde si abbassano e la produzione si affiderà sempre di più alle falde
profonde, quelle non reintegrabili dalle piogge. «Per quanto in Cina la carenza
d’acqua sia grave, quella in India è ancor più allarmante», perché la
popolazione cresce di 15 milioni di persone all’anno e l’irrigazione dipende
quasi interamente dall’acqua sotterranea. Il raccolto del grano indiano cresce
solo grazie al sovra-pompaggio: 175 milioni di indiani sono oggi alimentati con
cereali prodotti attraverso un uso non sostenibile delle acque. Già nel 2004,
Fred Pearce riferì a “New Scientist” che «la metà dei pozzi tradizionali
scavati a mano dell’India e milioni di pozzi tubolari poco profondi si sono già
prosciugati, portando un’ondata di suicidi tra coloro che facevano affidamento
su di essi. I black-out di energia elettrica stanno raggiungendo proporzioni
epidemiche, in Stati dove la metà dell’energia elettrica è utilizzata per
pompare l’acqua fino a un chilometro di profondità».
A causa del calo del livello della
falda dell’India, spiega Brown, i perforatori di pozzi stanno utilizzando la
tecnologia impiegata per l’estrazione del petrolio, scendendo anche oltre gli 800 metri di profondità.
«Quando la bolla scoppierà – avvertono le autorità idriche indiane – ci sarà
un’indescrivibile anarchia in tutta l’India rurale». Non va molto meglio negli Usa,
in Stati come il Texas, l’Oklahoma, il Kansas e il Nebraska, dove gli
agricoltori stanno sovra-pompando acqua profonda: l’irrigazione ha aumentato la
resa del grano e la coltivazione del mais, con un dispendio idrico enorme.
«L’acqua viene prelevata dalla falda acquifera Ogallala, un enorme corpo idrico
sotterraneo che si estende dal sud del Nebraska al Texas. Purtroppo è una falda
fossile, di quelle che non si ricaricano: una volta che si sarà esaurita, i
pozzi si prosciugheranno e gli agricoltori torneranno a coltivare con
l’irrigazione pluviale oppure abbandoneranno del tutto l’attività agricola».
Guerra
per l’acqua: sarà il nuovo scenario. Egitto e Sudan si contendono il Nilo,
mentre – ovunque nel mondo – città e campagne si disputano l’accesso alle
fonti. «Le crescenti esigenze idriche delle città possono essere soddisfatte
solo prendendo l’acqua all’agricoltura: e poiché il valore dell’acqua sale,
sempre più agricoltori vendono i loro diritti
di irrigazione alle città, lasciando prosciugare la loro terra», anche negli Usa.
«Durante il più grande trasferimento d’acqua fattoria-città nella storia degli
Stati Uniti, gli agricoltori di Imperial Valley, zona altamente produttiva
della California, hanno accettato nel 2003 di dare alla contea di San Diego una
quantità d’acqua sufficiente a soddisfare il fabbisogno famigliare di quasi un
milione di persone. L’accordo durerà 45 anni. Questo potrebbe ridurre la
produzione alimentare dell’Imperial Valley, un immenso orto, non solo per la California, ma per
innumerevoli altri mercati». Felicity Barringer scrive sul “New York Times” che
molti temono che «un secolo dopo che il fiume Colorado ha permesso a questo
paese di essere una Cornucopia, i trasferimenti
idrici senza restrizioni, compiuti dai centri urbani, potrebbero trasformarlo
di nuovo in un deserto».
Il Colorado, con una popolazione in
rapida crescita, ha uno dei mercati dell’acqua più attivi al mondo: città e
cittadine di ogni dimensione stanno comprando i diritti
d’irrigazione da agricoltori e allevatori. Nel bacino del fiume Arkansas, che
occupa la parte sud-orientale dello Stato, Colorado Springs e Aurora (un
sobborgo di Denver) hanno già acquistato i diritti
sull’acqua di un terzo dei terreni agricoli del bacino. Il Colorado, aggiunge
Brown, non è il solo a perdere l’acqua d’irrigazione: anche gli agricoltori in
India stanno perdendo la loro acqua in favore delle città. Come a Chennai, già
Madras, una città di 9 milioni di abitanti dove – a causa dell’incapacità del
governo di fornire acqua agli abitanti – è nata una fiorente industria di
13.000 autocisterne, che compra l’acqua dai vicini contadini e la porta agli
assetati residenti della città. «Per gli agricoltori vicino alla città, il prezzo
di mercato dell’acqua in genere supera di gran lunga il valore che potrebbero produrre
le colture impiegando lo stesso quantitativo d’acqua». E intanto la falda si
abbassa e l’acqua scompare, mettendo a rischio l’agricoltura e quindi la
produzione di cibo.
Nella competizione per l’acqua tra
agricoltori e città industriali, i primi perdono sempre, perché le economie
svantaggiano l’agricoltura. «Gli stati importano cereali per compensare la
perdita di produzione irrigata di grano», spiega Brown. «Dal momento che ci
vogliono 1.000 tonnellate d’acqua per produrre 1 tonnellata di grano,
l’importazione di grano è il modo più efficiente d’importare acqua. Così,
commerciare nei contratti “futures” del grano è, in un certo senso, come
commerciare nei “futures” dell’acqua. Fino al punto che vi è un mercato
mondiale dell’acqua che s’incarna nel mercato mondiale dei cereali». In pochi
anni, di questo passo, «il picco dell’acqua può portare al picco del grano»,
che per molti paesi è già una drammatica realtà. Finora, il calo delle falde
acquifere si è trasformato nella contrazione dei raccolti solo in Medio
Oriente, ma i guai cominceranno fra poco, quando toccherà anche a Iran,
Pakistan e Messico: «Con meno acqua per l’irrigazione, il Messico potrebbe
essere sull’orlo di una crisi della sua produzione di grano».
Milioni di pozzi, in funzione
giorno e notte, stanno facendo costantemente calare il livello delle falde
profonde. «Il mondo – conclude Lester Brown – è silenziosamente entrato in una
situazione in cui l’acqua, e non la terra, è diventata il vincolo principale
sulla crescita delle forniture alimentari». Vastissime aree di terreni
potrebbero produrre cibo se l’acqua fosse disponibile, e se non fossimo di
fronte all’altra emergenza, quella dell’inesorabile erosione del suolo
cementificato, della sovra-lavorazione dei terreni e dell’eccessivo
sfruttamento dei pascoli. Un orizzonte popolato di incubi: «Oggi, nel mondo, si
stanno formando due nuove, enormi “dustbowls”, conche di polvere: una nella
Cina nord-occidentale e l’altra nella regione saheliana dell’Africa. Queste
gigantesche “dustbowls” superano quella degli Usa,
del 1930».
(Fonte)
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