Gli interessi dell'Eni ad Astana e la fascinazione di Berlusconi per i leader post-sovietici
Seimilacinquecento milioni di euro fatturati. A essere ancora più
precisi sono 6508. Presi da soli dicono poco o nulla. Tutta un’altra
storia, invece, se li si paragona con quanto realizzato nel resto del
mondo dalle aziende italiane di stazza medio-grande. Viene infatti fuori
che quei 6508 milioni contabilizzati in Kazakhstan – il dato è del
2011, la fonte è l’Ice – sono poco meno del fatturato complessivo che le
nostre imprese vantano in Cina (7587 milioni) e Romania (6719), i paesi
dove rispettivamente si concentrano le attenzioni dei colossi
dell’industria e del vasto universo delle Pmi. Insomma, il Kazakhstan
conta.
E noi contiamo per loro. L’Italia è tra i dieci paesi che hanno mosso
più capitali verso la nazione centro-asiatica nel periodo 1993-2012. Lo
riporta il sito di Invest in Kazakhstan, l’agenzia governativa per gli
investimenti, precisando che quelli dall’Italia – nona nell’apposita top ten – ammontano a 5825 milioni di dollari.
È legittimo, giunti a questo punto, chiedersi il perché di questo
bombardamento numerico. Semplice. Si vuole non solo tracciare una
panoramica, ma fornire quanti più dettagli possibili del rapporto
“speciale” tra Italia e Kazakhstan. Può una relazione così intensa
giustificare un “favore” al presidente kazakho Nursultan Nazarbayev,
quale è stato la deportazione di Alma Shalabayeva? È questo il quesito a
cui tutti cercano di rispondere. La relazione che il capo della polizia
Alessandro Pansa consegnerà a breve potrà fornire qualche risposta.
Forse.
Ma torniamo alle cifre. Ci sono altri parametri economici
significativi. L’Observatory of Economic Complexity, straordinaria banca
dati progettata dal Harvard e dal Massachusetts Institute of
Technology, dice che l’Italia è il quarto paese, dopo Cina, Russia e
Germania, da cui il Kazakhstan attinge per importare beni. La sua quota è
del 3,12 per cento. Siamo sempre quarti, con il 6,75 per cento e dopo
Cina, Germania e Francia, per quanto riguarda l’export kazakho,
costituito al 61 per cento da greggio.
È proprio il greggio la giuntura chiave dell’asse Roma-Astana. L’Eni,
presente nel paese all’indomani dell’indipendenza del 1992, gioca un
ruolo prioritario. Alla voce “progetti principali” il sito della
compagnia indica i due più grandi campi petroliferi kazakhi al largo
delle coste del Caspio. Il primo è quello di Karachaganak, dove il cane a
sei zampe opera assieme alla britannica BG. Quanto al secondo,
Kashagan, il giacimento più grande mai scoperto negli ultimi trent’anni,
Eni ha il 16,81 per cento delle partecipazioni. Fetta di torta
notevolissima, che garantirà introiti pazzeschi quando, si stima alla
fine di quest’anno, Kashagan, dopo anni di esplorazioni e lavori,
inizierà a sfornare barili. Secondo il Financial Times, la
produzione kazakha, grazie al super-giacimento, dovrebbe passare da 1,6 a
2,7 milioni di barili al giorno nei prossimi dieci anni.
Per Eni, che non è comunque l’unica nostra azienda in Kazakhstan
(Salini sta costruendo un tratto dell’autostrada Western Europe-Western
China; Unicredit è stata presente fino al maggio scorso), è dunque un
affare imperdibile. Ed è per questo che nel 2007 Romano Prodi ed Emma
Bonino, allora presidente del consiglio e ministro del commercio estero,
si fiondarono in Kazakhstan nel momento in cui il governo locale varò
una legge potenzialmente capace di intaccare il ruolo del colosso
guidato da Paolo Scaroni.
Adesso si dice e si scrive che è proprio lì a Kashagan che si deve
guardare per capire il motivo della deportazione di Alma Shalabayeva e
della piccola Alua, moglie e figlia di Mukhtar Ablyazov, ex banchiere
inviso al regime kazakho che gode di asilo politico nel Regno Unito ma
che, dopo essere stato condannato a 22 per frode fiscale dai giudici
d’Oltremanica (processo istruito su richiesta di Astana), s’è dato alla
latitanza. La tesi, più o meno velata, è che il blitz che ha portato
all’espulsione della Shalabayeva sia legato alla pressione che
Nazarbayev può esercitare proprio in cambio della conferma degli
interessi Eni nel Caspio.
Può reggere? Non è dato sapere. In ogni caso ci si dovrebbe chiedere
perché mai Nazarbayev abbia da poco firmato, proprio in merito a
Kashagan, contratti lucrosi con il Regno Unito. Fino a prova contraria è
il paese che ha dato rifugio ad Ablyazov, nemico pubblico numero uno di
Astana. Non solo. Londra sarebbe sottoposta a un potere di ricatto
persino maggiore, visto che ha investito in Kazakhstan il doppio dei
nostri soldi: 11684 milioni di dollari. Eppure Nazarbayev e il premier
David Cameron hanno siglato intese pesanti quando, pochi giorni fa, si
sono incontrati nella capitale britannica.
E pochi giorni fa, il 6 luglio, Nazarbayev si sarebbe visto anche con
Silvio Berlusconi. Stava in vacanza in Costa Smeralda e ci sarebbe
stato un vertice privato per discutere il caso Shalabayeva. Lo ha
riportato l’Unione sarda. Berlusconi ha smentito, dicendo che quel giorno non s’è schiodato da Arcore.
Resta il fatto che tra i due c’è una buona “chimica”. L’ex presidente
del Consiglio s’è reso protagonista di due memorabili sviolinate nel
corso di altrettante visite ad Astana. «Andate in vacanza in Kazakhstan,
lì c’è un mio amico che ha il 91 per cento e ha fatto cose
straordinarie», disse nel 2008. Due anni dopo spiegò invece che «la
stima e l’amore» dei kazakhi per Nazarbayev «non può non basarsi sui
fatti».
La ragione di questi elogi per il boss kazakho, abile per le sue
campagne di public relation (Tony Blair è sul suo libro paga) e per una
politica estera fondata su una “equivicinanza” con russi, europei e
cinesi sta, sussurra qualcuno, nelle relazioni d’affari. Non c’è nulla
di provato, tuttavia. Altri mettono in risalto la fascinazione di
Berlusconi per i leader post-sovietici e per i loro tassi di consenso.
Le abituali lisciate a Putin e quella al bielorusso Lukashenko nel 2009
(«la sua gente lo ama») fanno storia. E comunque, sforzandosi di
immaginare che sia vera la notizia diffusa dall’Unione sarda, perché mai Nazarbayev avrebbe dovuto discutere ex post con Berlusconi dell’affaire Shalabayeva? Ecco un’altra domanda, l’ennesima, di questi giorni. Qualcuno che risponde?
Nessun commento:
Posta un commento