Non c’è riuscito Berlusconi
ma ora ce la faranno Letta e Alfano, sotto l’alto patronato di Giorgio
Napolitano: lo chiameranno presidenzialismo, ma è il vecchio piano di
Licio Gelli, quello della P2. Questione di «qualche settimana», e sarà
tardi per tutti: avremo un Parlamento che conterà zero, ancora meno di
adesso, e i boss della finanza
direttamente al potere: a quel punto, con «un uomo solo al comando»,
obbedire ai loro diktat sarà sempre più facile, con tanti saluti alla democrazia
italiana e alla “volontà degli elettori”. Si sente parlare di “riforme
istituzionali” – legge elettorale, dimezzamento dei parlamentari – ma
quello che stanno preparando, sottobanco, sarebbe un vero colpo di
Stato. Parola di Antonio Ingroia, deciso a dare battaglia: comitati di
mobilitazione per difendere la nostra Costituzione antifascista, quella
che secondo Jp Morgan «frena il business». Ingroia è determinato:
«Scriverò al Pd,
a Vendola e a Grillo. Si impegnino a impedire che il Parlamento tocchi
la Costituzione, senza prima aver consultato gli italiani».
Dirompente l’intervento di Ingroia, ospite il 30 giugno all’assemblea
nazionale di “Alternativa”, il laboratorio politico fondato da
Giulietto Chiesa: «Uniamo le forze per questa battaglia – annuncia l’ex pm antimafia – perché è in gioco quel che resta della democrazia italiana: difendere la Costituzione significa “svegliare” l’opinione pubblica e recuperare alla politica
milioni di italiani delusi, la marea dell’astensionismo che ormai è il
primo partito. E’ l’Italia dei referendum, quella che sa scegliere da
che parte stare, dire no al nucleare e schierarsi per l’acqua pubblica e
i beni comuni». Conclusione: «Difendere la Costituzione democratica
contro ogni nuovo progetto piduista, di chi vuol riportare indietro le
lancette della storia,
credo sia una battaglia nella quale è non solo legittimo ma anche
doveroso mettere tutte le nostre energie». Per l’ex leader di
“Rivoluzione civile”, ora alla testa del gruppo “Azione civile”, il
pericolo è grande: Pd
e Pdl, al servizio dei poteri forti, stanno per imbavagliare
definitivamente un paese dove si intimidiscono i magistrati per far
restare nell’ombra l’oscura origine della Seconda Repubblica, inquinata
dalla “trattativa Stato-mafia” costata la vita a Falcone e Borsellino.
Ai temi della lotta alla mafia, cuore della sua campagna elettorale di febbraio, Ingroia aggiunge un’elaborazione politica perfettamente al passo con la crisi: «In un sistema bloccato, di democrazia
ormai soltanto apparente», chi abita nella “stanza dei bottoni” sta
cercando di cambiare anche la Costituzione formale: «L’accordo di
revisione, sottoscritto del “governo dell’inciucio” Letta-Alfano, porta
diritto allo stravolgimento della Costituzione, dando definitiva
convalida costituzionale alla trasformazione della nostra democrazia parlamentare in democrazia
presidenziale di stampo autoritario». Tempi strettissimi: accadrà entro
l’anno, se qualcuno non li fermerà. «Ovviamente non ce lo raccontano,
il piano viene nascosto, si sbandierano riforme istituzionali sulla
legge elettorale o sul dimezzamento del numero dei parlamentari, ma la
vera riforma è quella presidenziale». Obiettivo: «La concentrazione del potere nelle mani di uomo solo al comando e un sostanziale azzeramento degli altri poteri».
Addio al potere legislativo parlamentare, già ridotto a fare da
notaio di scelte fatte altrove: gli elettori non contano più niente,
dice Ingroia, perché è la politica che ha perso peso, visto che «ormai i processi decisionali sono in altre stanze, fuori dalla politica». Così, «con una politica
subordinata alle scelte delle grandi lobby economico-finanziarie,
queste hanno maggiori possibilità di incidere quando il potere esecutivo
è concentrato nelle mani di uomo solo, che poi sia a sua volta
espressione di queste lobby». Parlamento ridotto a notaio, dunque, e
magistratura imbavagliata, completamente neutralizzata insieme a «quel
che resta della libera informazione». In altre parole, «un piano di
restaurazione di tipo autoritario, sul modello di quello che Licio Gelli
aveva pensato: abbiamo il concreto rischio che, fra qualche settimana,
ciò avvenga con l’avallo del presidente della Repubblica e del
presidente del Consiglio, che si presentano entrambi come uomini di
sinistra».
Di fronte a questa prospettiva, «di vera e propria emergenza
democratica e costituzionale», Antonio Ingroia pensa si debba creare
un’alleanza trasversale, non concepita «nel chiuso delle stanze di veri o
presunti leader di questo o quel movimento o partito», ma un’alleanza
«che si svolga nella società, fra le parti più dinamiche e consapevoli
dell’opposizione». L’ex pm palermitano parla di «un vero e proprio
fronte popolare, democratico e costituzionale, che metta insieme queste
forze e possa costruire una mobilitazione sui territori che consenta di
cambiare i rapporti di forza: può apparire velleitario, ma credo che non
abbiamo scelta». “Alternativa” dunque si mobilita insieme ad “Azione
civile”, attraverso i comitati “W la Costituzione”. Una sfida aperta,
diretta anche «alle forze parlamentari che dicono di essere dalla parte
del cambiamento, dal Pd al M5S». Se fanno sul serio, devono «assumere l’impegno a non aprire un dibattito parlamentare sulle
modifiche costituzionali fino a quando non viene interpellato il
“popolo del cambiamento”, che loro stessi dicono di avere come punto di
riferimento».
Ingroia ha già deciso: «Scriverò personalmente al segretario Pd,
Guglielmo Epifani, al leader di Sel Nichi Vendola e a Beppe Grillo, e
chiederò loro di rispondere a questo mio appello. Noi siamo un piccolo
movimento, non siamo in grado di organizzare una vera e propria
consultazione popolare, loro invece sì: fanno le primarie, possono
consultare gli italiani». Le primarie: «Invece di utilizzarle solo per
la selezione del personale politico, accentuando la personalizzazione
della politica
che è uno dei mali degli ultimi anni, le utilizzino anche per
selezionare le idee: che siano “primarie delle idee” e non delle
persone». Se vogliono, questi partiti lo possono fare: «Cominciamo a
interpellare il “popolo del cambiamento”», per sapere se vuole una
Costituzione democratica parlamentare o invece una democrazia
presidenziale. «Io sono ostile al presidenzialismo – ammette Ingroia –
ma rispetto le idee altrui. Però dico che, di fronte a una modifica così
epocale, il minimo è sentire cosa ne pensano gli italiani, il “popolo
del cambiamento”, quello dei referendum. Persone che stanno dalla parte
di valori sui quali la parola sinistra ha avuto un significato per
decenni». E’ il “popolo del progresso” che va interpellato, per fermare
la svolta autoritaria: l’Italia nelle mani di «un uomo solo», agli
ordini del super-potere.
(Nel video, l’intervento integrale di Ingroia nell’ambito della sessione conclusiva dell’assemblea nazionale di “Alternativa”, svoltasi il 30 giugno 2013 a Roma).
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