È un film che purtroppo si ripete.
La prima volta puoi, con molto sforzo, concedere la buona fede, la
seconda si fa davvero tanta fatica, ad evitare il sospetto.
Ieri, il colpo di spugna sulla concussione con la sfrontataggine di
chiamarlo “anticorruzione”. Oggi il tentativo di un salvacondotto per
reati mafiosi nella legge che doveva riformare la norma sul voto di
scambio.
Lo schema è sempre uguale. Si prende un’emergenza, si dice di voler
raccogliere una istanza diffusa, e però poi, tra le righe, spunta
l’aggettivo furbo o il codicillo occhiuto, che ha effetti esattamente
opposti a quelli declamati.
Come tutti i ripensamenti è senz’altro apprezzabile che dopo
l’allarme sulle conseguenze lanciato ieri da Repubblica, i democratici
si siano precipitati a dire che la riformulazione del reato di voto di
scambio così come partorito in commissione non può andare in porto.
L’effetto del resto sarebbe stato devastante. La questione è presto
riassunta anche per i non addetti ai lavori. La norma attualmente in
vigore ha subito mostrato gli artigli spuntati in quanto richiede che
sia provata – nel patto tra il politico e il mafioso – la compravendita
attraverso denaro sonante: il pm, cioè, deve dimostrare che il candidato
ha acquistato con soldi pacchetti di voti dal boss.
In realtà, come sanno anche le pietre, la mafia non vuole certo gli
spiccioli del candidato. Aspira a molto di più. Vuole gli appalti, le
concessioni, le autorizzazioni, le politiche di favore, in una sola
parola “il potere” che la diretta gestione degli eletti tenuti al
guinzaglio le può garantire. Se mai è il mafioso a dare soldi politico.
Perché pretende e ottiene molto di più: vuole avere un controllo
definitivo e duraturo sul meccanismo decisionale della democrazia.
Ecco perché bisognava cambiare la legge. Finalmente sembravamo
esserci. Le larghe intese in cerca di legittimazione si proclamavano
pronte alla qualificante modifica dell’articolo: la novità del resto
doveva essere minimale. Bastava semplicemente aggiungere “ogni altra
utilità” dopo la parola “denaro”. Tutto qui: niente di più e niente di
meno. Ed invece ecco il colpo di mano. Approfittando della sede
referente, si ipotizza una riscrittura integrale della legge che ha
rischiato di mettere in discussione persino tutti i processi che si era
riusciti ad imbastire pur con l’avara e incerta previsione in vigore.
Non si richiede più che i voti siano promessi ma che siano in concreto
“procacciati”. In gergo si chiama “prova diabolica”, perché il voto è
segreto ed è molto difficile trovare chi ti dice di aver votato su
ordine mafioso. Inoltre si aggiunge un incomprensibile “consapevolmente“
quando si è in tema direati dolosi e quindi vai a capire cosa di più si
pretenda che il giudice comprovi. Infine una sforbiciatina alla
prescrizione come se non bastassero i disastri compiuti dalla ex
Cirielli che tanti salvacondotti ha già assicurato.
Esattamente il film che abbiamo già vissuto con il colpo di spugna
sulla concussione. Ora su questo nuovo e ancor più critico fronte del
voto di scambio, per fortuna si è ancora in tempo. Il Pd ha detto di
voler correggere la norma : la formuli subito nella sua essenzialità,
votandola pure solo con i grillini, lasciando il Pdl col cerino in mano
del suo ennesimo tentativo di colpo di spugna. Le larghe intese sono
nate come un patto di necessità: non vorremmo che diventino inutili, o
peggio, dannose per il Paese.
(Fonte)
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