giovedì 25 luglio 2013

LA MANOVRA SVENTATA

È un film che purtroppo si ripete. La prima volta puoi, con molto sforzo, concedere la buona fede, la seconda si fa davvero tanta fatica, ad evitare il sospetto. 


 
Ieri, il colpo di spugna sulla concussione con la sfrontataggine di chiamarlo “anticorruzione”. Oggi il tentativo di un salvacondotto per reati mafiosi nella legge che doveva riformare la norma sul voto di scambio.

Lo schema è sempre uguale. Si prende un’emergenza, si dice di voler raccogliere una istanza diffusa, e però poi, tra le righe, spunta l’aggettivo furbo o il codicillo occhiuto, che ha effetti esattamente opposti a quelli declamati.

Come tutti i ripensamenti è senz’altro apprezzabile che dopo l’allarme sulle conseguenze lanciato ieri da Repubblica, i democratici si siano precipitati a dire che la riformulazione del reato di voto di scambio così come partorito in commissione non può andare in porto. L’effetto del resto sarebbe stato devastante. La questione è presto riassunta anche per i non addetti ai lavori. La norma attualmente in vigore ha subito mostrato gli artigli spuntati in quanto richiede che sia provata – nel patto tra il politico e il mafioso – la compravendita attraverso denaro sonante: il pm, cioè, deve dimostrare che il candidato ha acquistato con soldi pacchetti di voti dal boss.

In realtà, come sanno anche le pietre, la mafia non vuole certo gli spiccioli del candidato. Aspira a molto di più. Vuole gli appalti, le concessioni, le autorizzazioni, le politiche di favore, in una sola parola “il potere” che la diretta gestione degli eletti tenuti al guinzaglio le può garantire. Se mai è il mafioso a dare soldi politico. Perché pretende e ottiene molto di più: vuole avere un controllo definitivo e duraturo sul meccanismo decisionale della democrazia.

Ecco perché bisognava cambiare la legge. Finalmente sembravamo esserci. Le larghe intese in cerca di legittimazione si proclamavano pronte alla qualificante modifica dell’articolo: la novità del resto doveva essere minimale. Bastava semplicemente aggiungere “ogni altra utilità” dopo la parola “denaro”. Tutto qui: niente di più e niente di meno. Ed invece ecco il colpo di mano. Approfittando della sede referente, si ipotizza una riscrittura integrale della legge che ha rischiato di mettere in discussione persino tutti i processi che si era riusciti ad imbastire pur con l’avara e incerta previsione in vigore. Non si richiede più che i voti siano promessi ma che siano in concreto “procacciati”. In gergo si chiama “prova diabolica”, perché il voto è segreto ed è molto difficile trovare chi ti dice di aver votato su ordine mafioso. Inoltre si aggiunge un incomprensibile “consapevolmente“ quando si è in tema direati dolosi e quindi vai a capire cosa di più si pretenda che il giudice comprovi. Infine una sforbiciatina alla prescrizione come se non bastassero i disastri compiuti dalla ex Cirielli che tanti salvacondotti ha già assicurato.

Esattamente il film che abbiamo già vissuto con il colpo di spugna sulla concussione. Ora su questo nuovo e ancor più critico fronte del voto di scambio, per fortuna si è ancora in tempo. Il Pd ha detto di voler correggere la norma : la formuli subito nella sua essenzialità, votandola pure solo con i grillini, lasciando il Pdl col cerino in mano del suo ennesimo tentativo di colpo di spugna. Le larghe intese sono nate come un patto di necessità: non vorremmo che diventino inutili, o peggio, dannose per il Paese.
(Fonte)
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