Italia ed Imu - il rapporto tra gli italiani e la tanto odiata imposta
rappresenta motivo di apprensione per ogni singolo attore dell'economia
italiana: l'Imu preoccupa il governo, alla perenne ricerca di soluzioni
alternative che migliorino la situazione degli italiani; l'Imu preoccupa
le imprese, profondamente colpite dall'imposta in questione; l'Imu
tormenta le famiglie, che in un periodo di ristrettezze economiche vede
tale tassa come un salasso inaccettabile. La delicata questione è lungi
dall'essere risolta con il governo stretto tra necessità di cassa e
volontà di accondiscendere le richieste degli italiani.
L'Imu 'spreme' le imprese - L'imu nuoce alle
imprese: studi del Sole24Ore sulle tabelle diffuse dal Ministero
dell'Economia lo mettono nero su bianco. Il 41% del gettito prodotto
dall'imposta deriva unicamente dalle "attività produttive". Il
computo totale dell'Imu per la categoria catastale "D" recita 6,4
miliardi di euro 'prodotti' in un solo anno. Dietro la famigerata
"categoria D" troviamo gli alberghi, le case di cura, cinema e teatri:
tutti insieme raggiungono il 26,0% della provvista totale dell'imposta
immobiliare. Un peso notevole, dunque, che raggiunge quel famigerato 41%
- catalogato sotto il nome "attività produttive" - insieme alle voci legate a negozi, uffici, laboratori e studi professionali.
L'Imu e il settore immobiliare - Ancora più tragico,
se possibile, è lo stretto rapporto tra Imu ed immobili. Il mercato
immobiliare italiano è in crisi profonda: l'acquisto delle nuove
abitazioni, in soli sei anni, ha registrato l'astronomica cifra di -74
miliardi di euro. Preso atto anche delle 'colpe' in merito della stretta
creditizia, l'Imu non ha di certo aiutato l'Italia nel risolvere la
spinosa faccenda. L'edilizia, settore (una volta) trainante
dell'economia del Bel Paese, ha toccato il fondo: dal 2008 sono fallite
11 200 imprese, più di 5 al giorno per sei, lunghi, anni. Studi
dell'Associazione costruttori edili, poi, segnalano un ulteriore 30% di
imprese in difficoltà per "mancanza di liquidità" e ormai prossime alla chiusura. La
conseguenza più devastante, a conti fatti, è in termini di lavoratori:
sono andati persi 690 mila posti di lavoro e altri 50-80 mila sono a
rischio (considerando gli attuali cassintegrati che potrebbero non
venire reintegrati).
"È urgente rivedere in modo sostanziale l'Imu, che ha comportato
un aumento del prelievo patrimoniale del 367% e contribuito a bloccare
il mercato dell'affitto", così si è espresso Paolo Buzzetti, presidente dell'Associazione costruttori edili all'assemblea annuale.
I 'successori' dell'Imu - L'Imu non piace, l'Imu è dannosa. Come uscirne allora? Il governo vaglia ogni possibile soluzione.
L'opzione che a prima vista sembrerebbe la più 'naturale', ovvero
l'abolizione in toto dell'imposta, sembra poter essere la strada meno
percorribile. Il buco da oltre 4 miliardi potrebbe essere coperto con
aliquote progressive su seconde, terze e quarte case: una mossa
azzardata e non auspicabile poiché graverebbe su chi ha scelto il
mattone come fonte di investimento e potrebbe dare il colpo di grazia,
questa volta definitivo, al settore edilizio.
Un'alternativa proposta è quella dell'innalzamento della franchigia
(dagli attuali €200 fino a €600) e correlare il tutto al reddito Isee.
Nello specifico, verrebbe scelto un reddito Isee 'soglia' (si vocifera
di 15mila euro) sotto il quale l'Imu sulla prima casa non andrebbe
pagato e sopra il quale scatterebbe l'imposta solo se l'imposta
superasse quei 600 euro di cui sopra. Dietro un Isee da 15mila euro
potrebbe esserci, come configurazione plausibile, una famiglia con due
figli, reddito da 36mila euro, casa di proprietà (max 80 mq) e mutuo a
carico: questa sarebbe la 'famiglia tipo' che avrebbe il ruolo di
spartiacque nella nuova formulazione dell'Imu. L'operazione, in questi
termini, costerebbe allo Stato circa 2,9 miliardi di euro.
Per
rendere meno onerosa la 'rivisitazione' dell'Imu, però, è stata
presentata una seconda variante con franchigia 'mobile' e reddito Isee a
scaglioni. Il reddito Isee, infatti, verrebbe diviso in quattro classi
(5 - 7,5 - 15mila euro e oltre i 15 mila euro): partendo dall'esenzione
totale sotto i 5mila euro di Isee, al crescere del reddito indicato dal
'riccometro' si andrebbe a pagare più imposta (e viceversa). In questo
modo, la mossa verrebbe a costare allo Stato 'soli' 2 miliardi di euro.
La "Tassa Ics" -
Chiude il quadro delle proposte, poi, lo scenario più 'rivoluzionario':
l'introduzione della "Tassa Ics". Superare definitivamente il capitolo
Imu e passare all'imposta su casa e servizi, nata dall'unione di Imu e
Tares sui rifiuti. La configurazione base vedrebbe il proprietario
dell'immobile sobbarcarsi del 40% dell'imposta, partendo dall'imponibile
derivato dalla rendita catastale (da qui l'impellente necessità della
riforma del catasto contenuta nella delega fiscale). L'ulteriore 60%,
poi, sarebbe diviso in "smaltimento rifiuti" (40%) e "servizi indivisibili" (20%). Queste due ultime quote andrebbero a gravare su chi 'abita' l'immobile e quindi, nel caso, sugli affittuari.
Molta
carne è al fuoco, dunque. L'imu, nella sua attuale formulazione, è
dannosa: su questo nessuno ha più dubbi. C'è necessità di ridisegnarla,
superarla o abolirla. Il governo valuta attentamente la prossima mossa
da fare stretto tra 'ristrettezze di cassa' e voglia di rilanciare il
Paese. L'Italia, in crisi, osserva. E spera.
(Fonte)
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