lunedì 29 luglio 2013

LA SORTE DI UN PICCOLO GOVERNO E LA NOSTRA DIGNITA’ PERDUTA



I diritti umani e la reputazione internazionale dell’Italia sono più importanti dei mercati”. Queste parole avremmo voluto ascoltarle dal Presidente del Consiglio e dal Presidente della Repubblica all’atto delle dimissioni del ministro degli Interni Angelino Alfano. Hanno invece affermato l’esatto contrario: “Il ministro Alfano resta al suo posto perché, altrimenti, il Pdl farebbe cadere il governo e i mercati finanziari internazionali, preoccupati per l’instabilità politica punirebbero severamente l’Italia”.
 
Che i mercati sarebbero sconvolti da una normale crisi di governo che si risolverebbe con nuove elezioni e con la formazione di un diverso esecutivo non è una responsabile valutazione politica ma trita retorica che abbiamo già ascoltato tante volte. Si esagera un pericolo ipotetico per rendere accettabile un male reale. Ad ogni elezione presidenziale negli Stati Uniti, per citare un ovvio esempio, i repubblicani ripetono ad nauseam che se alla Casa Bianca andrà il candidato democratico, Wall Street crollerà con conseguenze nefaste per tutti. Bill Clinton e Barack Obama hanno vinto due volte le elezioni e Wall Street è restata salda e ha prosperato. La peggiore crisi finanziaria degli ultimi decenni è avvenuta quando alla Casa Bianca c’era Bush, non un democratico.

Ma ammettiamo la possibilità di una reazione negativa dei mercati ad una crisi di governo in Italia. Si tratta allora di scegliere fra due mali gravi e certi (l’offesa ai diritti umani di una donna e di una bambina e il danno alla reputazione internazionale dell’Italia) e un male meno grave e incerto, la paventata risposta negativa dei mercati. Quale dovrebbe essere la scelta di uomini politici che hanno giurato di rispettare la Costituzione e hanno il dovere di rappresentare la nazione è superfluo dire.

A questa considerazione di carattere etico e politico se ne aggiunge un’altra, altrettanto importante, vale a dire che gli investitori e gli imprenditori degni di questo nome – gli unici dei quali i governanti di un Paese civile dovrebbero preoccuparsi – cercano la legalità, una corretta amministrazione della giustizia, una burocrazia affidabile, norme efficaci che impongono la trasparenza e la correttezza dei bilanci delle aziende: tutti principi che Berlusconi e i suoi aborrono e combattono con tutte le loro forze. Saggezza consiglia dunque di tenere Berlusconi e i suoi il più possibile lontani dal governo, non chiamarli a farne parte. Perché mai quegli stessi mercati che hanno punito severamente l’Italia quando Berlusconi era Presidente del Consiglio dovrebbero essere benevoli quando la medesima carica è occupata da un altro che deve sottostare alle sue condizioni? Più dei ragionamenti valgano gli esempi.

Il presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt, durante la campagna elettorale del 1936 che lo portò per la seconda volta alla Casa Bianca, pronunciò un discorso nel quale spiegò che il dominio del capitale organizzato è altrettanto nocivo di quello della plebe organizzata, e che gli interessi finanziari particolari che durante il suo primo mandato avevano trovato nella sua presidenza un deciso avversario, nel secondo, se fosse stato rieletto, sarebbero stati sconfitti. Nel contesto di questo ragionamento tutto volto a difendere il bene comune contro gli interessi particolari di Wall Street, affermò che mai nella storia quegli stessi interessi si erano scagliati con tanto odio contro un candidato. Ma io, sottolineò con una frase rimasta giustamente celebre “sono contento del loro odio” (“I welcome their hatred”).

Sotto la guida di un Presidente come Roosevelt che non ha avuto paura dei ricatti dei mercati, gli Stati Uniti sono riusciti ad uscire dalla più grave crisi economica della loro storia. Con i nostri governanti succubi dei reali o presunti ricatti dei mercati, noi diventiamo sempre più poveri, più ingiusti e più disprezzati.
(Fonte)
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