giovedì 25 luglio 2013

TORNACONTI ELETTORALI

Il clima politico che accompagna questo governo anomalo assomiglia a quello di quei giorni in cui il cielo resta incerto pur senza mostrare variazioni importanti, quando promette di piovere ma non piove o promette il sereno ma non si rasserena.




Un’immutante incertezza che consuma le energie proprio mentre le mobilita per tener in vita uno stato che, tutti lo sanno, non può che essere provvisorio. Forse questa consapevole transitorietà ha l’effetto di stimolare negli attori una forte resistenza contro ogni mutamento di stato. Non si può che spiegare così l’incomprensibile atteggiamento dei partiti alleati di governo, del Pd in primo luogo, nei confronti della riforma della legge elettorale.

Al cittadino che segue quotidianamente le cronache politiche risulta del tutto incomprensibile la ragione per la quale una decisione così minima come quella auspicata da Ezio Mauro e Eugenio Scalfari [Clicca qui ] (raccogliendo e rappresentando l’opinione di molti italiani) non viene presa subito: l’abolizione del Porcellum. È probabile che chi resiste a questa decisione, chi la teme o l’osteggia, pensi che dal momento in cui ci siano almeno in teoria le condizioni per andare al voto, il governo stesso perda legittimità e si inneschi fatalmente una logica da campagna elettorale. Ma avere una legge elettorale utilizzabile non è necessariamente un invito ad andare ad elezioni anticipate.

La linea di condotta di blindare il governo rendendo difficile, oneroso e lungo il processo di riforma della legge elettorale non è saggia proprio se si ha a cuore la durata del governo. Infatti, non è la stabilità empirica – il durare nel tempo — che dà garanzia di tenuta politica. Se le forze politiche di questa alleanza sanno di poter godere senza sforzo del privilegio della sopravvivenza garantita — e a questo scopo invocano appunto la dottrina della necessità, per cui non si dà via d’uscita possibile e praticabile a questa maggioranza — esse saranno indotte a rischiare il meno possibile. Vivacchiare invece che vivere.

Ma questo non favorisce chi ha fatto accettare ai propri elettori il boccone indigesto di una maggioranza anomala nel nome di un’emergenza economica da gestire, domare e possibilmente cercare di risolvere. Il Pd che ha promesso di accettare questa alleanza costrittiva per lanciare politiche di occupazione o contrastare la crescente povertà delle famiglie italiane ha tutto da perdere da una immobile sopravvivenza: e una maggioranza blindata da una legge elettorale inagibile è la premessa peggiore perché premia una stabilità poco virtuosa, nonostante l’impegno del Presidente del Consiglio. Sapere che il governo può terminare il suo operato fungerebbe da stimolo: perché solamente un’azione efficace gli garantirebbe il diritto di restare in carica.

L’idea che avere una legge elettorale agibile fin da ora significherebbe correre alle urne è anch’essa poco convincente; inoltre è un argomento non proprio ragionevole e diremmo anzi non proprio legittimo. Un governo democratico deve avere in ogni momento una legge elettorale agibile per operare in un’atmosfera che sia compiutamente democratica. La necessità di preservare un governo non la si conquista rendendo le elezioni impraticabili ma rendendo ogni alternativa a quel governo meno conveniente.

Non ci avventuriamo nell’immaginare che cosa convenga al Pdl. Ma è certo che conviene al Pd far sì che la situazione nella quale si trova impegnato in prima persona corrisponda il più possibile a quel che ha promesso al suo elettorato quando ha accettato obtorto collo di allearsi con il suo antico avversario: promuovere politiche economiche volte a combattere la disoccupazione e a creare le condizione per la crescita, e mettere mano alla legge elettorale per togliere i due vulnus che la minano: il fatto che non aiuta ma compromette la formazione di una maggioranza e il fatto che non rappresenta con eguaglianza e giustizia tutti i cittadini.
(Fonte)
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