giovedì 18 luglio 2013

Il falso ricatto della responsabilità



Oggi è tutto un gran parlare di “responsabilità”, la parola magica con cui si perpetua lo status quo.

Lo fa il Corrierone con l’editoriale di Ostellino, lo fa ovviamente Enrico Letta di ritorno dalla City, lo fa come sempre il presidente Napolitano, lo fanno un po’ tutti quelli affezionati a questo governo e alle lorde intese che lo sorreggono.

Si tratta, ovviamente, di un ricatto: o ci teniamo questo esecutivo o chissà quali catastrofi annienteranno il Paese, dalle aste deserte dei Bot giù giù fino all’invasione delle cavallette.
Un ricatto neppure in buona fede, peraltro. 

Sono infatti bastati pochi mesi per capire che questo governo non è in grado di decidere altro che rinvii – sulle cose concrete, reali – e che la sua unica funzione è garantire la sopravvivenza dei suoi azionisti: quella giudiziaria di Berlusconi e quella nel Palazzo dell’establishment piddino (che aveva puntato a quest’obiettivo fin dal giorno dei 101).

In sostanza, siamo al potere fondato sulla paura (di quello che potrebbe succedere dopo) e sull’immobilismo (ogni ipotesi di decisione viene bloccata dai veti reciproci, quindi rinviata). 

Decisamente la condizione e lo spirito migliore per riformare il Paese, correggerne le storture più gravi e provare a portarlo fuori da una crisi che è tanto economica quanto ormai interiorizzata come stato d’animo dei più.

La chiamano responsabilità ma è il suo contrario, insomma: è sigillare la pentola a pressione con un coperchio senza valvole, facendo finta che prima o poi non scoppi.
Il bello è che lo sanno pure, anche se fanno finta di no.
(Fonte)
Stampa il post

Nessun commento:

Posta un commento